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I giorni erano volati, le prove si erano concentrate su Keira, che nella settimana successiva non ci sarebbe stata, e su alcuni pezzi in cui cantavo nel coro. Ciò mi permise di viverli con una certa tranquillità, pensai addirittura che non era poi così impossibile per me partecipare. Certo, se fosse stato sempre così.

Trascorrevo il tempo a guardarlo di nascosto, col cuore che mi batteva all'impazzata e si fermava appena mi rivolgeva parola, cosa che gli rendevo difficile. Evitavo di stargli vicino, di parlare in sua presenza, di farmi notare. Le altre invece avevano preso confidenza, chi più chi meno, e chiacchieravano con disinvoltura appena ne avevano l'occasione. Per quanto mi sentissi lacerare dentro da una folle gelosia, nonostante nessuna ci stesse in realtà provando, mi rendevo conto che la colpa era solo mia. Ero io che con mazza e picchetta stavo innalzando un muro che dubitavo lui volesse abbattere.

Evitai anche di farmi trovare da sola, la sera, perché effettivamente mi veniva a cercare, quindi presi a stare il più possibile con le altre quando era ora di andare via, affinché non pensasse che lo stessi aspettando e lui si sentisse obbligato in qualche modo a portare avanti quel teatrino.

Non lo incontrai neanche più prima di arrivare da Irma's e comunque c'era sempre qualcuna con me. Beh, Flavia si sarebbe buttata sotto una macchina per lasciarmi campo libero se si fosse fermato mentre eravamo a piedi, ma arrivava sempre dopo di noi.

Quando venerdì ci salutammo provai una fitta al cuore. Due giorni senza vederlo sembravano un'eternità e ormai avevo bisogno di lui per non impazzire. Più gli ero lontana e più pensavo a lui, mi rattristavo perché prima o poi sarebbe partito, mi incupivo perché facevo schifo. Almeno quando lo avevo davanti il mio cervello si riposava, era il cuore che non sapeva se battere o meno.


14 ottobre 2000

Enea era arrivato col treno venerdì sera tardi. Ci vedemmo direttamente sabato dopo scuola e io avevo una calma che mi faceva dubitare della mia stessa natura umana.

Quando uscii dal portone di casa e lo vidi ad aspettarmi non potei fare altro che pensare che era bello, con quei grandi occhi verdi e quel bellissimo sorriso. Ma non quanto lui. Cavolo che bastarda che ero. No, in realtà, messo su carta Enea era più bello. Sì, magari più basso ma più bello. No, niente, non riuscivo a convincermi. Il fatto è che in quel momento vedevo, sentivo solo Damien. Sapevo che era una follia temporanea, che a distanza di qualche giorno o settimana, bruciata da una forte delusione, sarei tornata in me, e avrei capito che era solo un'infatuazione per qualcuno che vedevo come irraggiungibile. Che era irraggiungibile. Mi dovevo dare solo del tempo e intanto mantenere una sorta di equilibrio.

Appena mi avvicinai, Enea mi prese tra le braccia e mi baciò con trasporto. I suoi baci li sentivo strani, diversi - forse perché lo ero io - ma confortanti.

«Vieni a pranzo da me? I miei non ci sono.»

Oddio. Come avrei fatto? Già riuscivo a baciarlo a malapena, come avrei potuto dare di più?

«Non dobbiamo uscire con Leandro e Nunzia?»

«Sì, ma ci vediamo verso le 17. E in caso aspetteranno.»

Ora cosa mi sarei potuta inventare, visto che stava facendo esattamente quello che per anni gli avevo chiesto, dare la precedenza a noi?

La prima volta fu appena entrammo a casa, nel salone. La seconda dopo pranzo, in camera sua. In entrambe cercai di immedesimarmi in una pornostar, pensai di recitare in un film, rievocai i sogni più trash, tutto per non pensare a quello che stavo facendo. E non perché guardando Enea avrei pensato a Damien: con lui non avrei mai fatto una cosa del genere, mi era impossibile credere di poter sporcare i miei sentimenti per Damien con qualcosa di così terreno, materiale, se pure lo desideravo con forza. Mi sembrava solo molto scorretto e, mentre ero lì, volevo non sentirmi in colpa e dare il meglio di me, che fu apprezzato.

GinevraWhere stories live. Discover now