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5 aprile 2001

«Fermo!»

«Si vede che ti piace, dai...»

«Levami le mani di dosso!»

«Hai proprio un bel culo. Sai che facciamo? Quando usciamo da qua, andiamo in un bel posticino e ti...»

Il rumore della porta del corridoio che si apriva. Mi spinse via come se fossi stata io a buttarmi addosso a lui e a tastarlo ovunque.

«Ginevra, quanto ci metti? Ti stiamo aspettando!» si lamentò Clara.

I miei capelli erano ancora umidi, avevo smesso di asciugarli quando era entrato nello spogliatoio e mi aveva preso da dietro senza che lo sentissi arrivare, quello stronzo. Ora era sgattaiolato fuori, riuscendo a non farsi vedere, e io ce l'avevo con me stessa per avergli permesso di farlo di nuovo. Per fortuna Damien non si era accorto di tutte le volte che Nicholas mi tendeva un'imboscata allungando le mani fin dove riusciva ad arrivare. Per un periodo si era visto poco, ultimamente veniva sempre più spesso. 

Per quanto lo odiassi, amavo troppo Damien per fargli sapere quello che faceva il suo collaboratore, avrebbe dovuto cercarsene un altro e sarebbe stato problematico qui in Italia, non volevo creargli rogne.

Andai dagli altri senza terminare di asciugare i capelli. 

Mentre li raggiungevo, ripensai agli ultimi giorni. Mi stavo comportando come se non avessimo discusso con Damien, come se entrambi non avessimo detto molto di più di quello che dovevamo. Ero cosciente che era successo ma quel ricordo stava lì, in un angolo della testa, non molto ben nascosto in verità, perché ogni tanto sentivo la sua voce o la mia sussurrarmi le frasi dette in quell'auto, ma riuscivo a fingere che fosse qualcosa che non mi riguardava. Preferivo vergognarmi per essere rimasta in reggiseno provocandolo apertamente, che pensare alla serietà con cui mi aveva parlato. Mancava solo un mese al concerto, non potevo avere un'altra delle mie cadute. Perciò, per tutti quei giorni, aveva continuato ad accompagnarmi a casa, mi teneva la mano quando eravamo soli, ridevamo, scherzavamo e parlavamo tranquilli. Mi trovavo invece a disagio con le mie amiche più intime, si sentivano tradite per la mia mancata sincerità, visto che mi avevano sempre supportato. Non che me lo avessero detto apertamente, ma lo notavo dai loro atteggiamenti distaccati, e questo mi dispiaceva. Purtroppo anche se avevo omesso diverse cose, la realtà era comunque ben distante da quella che aveva voluto far intendere Damien. Non stavo vivendo una favola come quelle che erano abituate a leggere loro, la mia era una prima stesura dei fratelli Grimm, tragica, con un brutto finale.

«Hai ancora i capelli bagnati?» mi sparò addosso Dari mentre li raggiungevo dov'erano raccolti, intorno allo schermo. E già la cosa non mi piaceva.

«Sembrava tanto urgente...» usai il mio tono odioso.

Mi guardò leggermente schifato, poi mi diede le spalle.

«Lasciamo perdere.» Poi con tutt'altro tono: «Ci hanno mandato le foto!»

Una fitta allo stomaco e la gola serrata furono la mia reazione a quell'annuncio.

Avevamo un video con le foto selezionate per essere divulgate tramite dei settimanali, allegate ad alcune interviste fatte quel fine settimana a Keira e Damien.

Ecco perché in quei giorni non mi aveva chiesto di uscire.

«Nessuno di noi le ha ancora viste, per questo abbiamo tanta urgenza,» si girò un attimo verso di me con tono di rimprovero, «quindi ora godiamocele!»

Lo mandai a quel paese muovendo solo il labiale, suscitando una risata in Vania che era posta dall'altra parte della sala e mi aveva vista. Lui si girò di scatto guardando dritto verso di me, che con una faccia estremamente seria gli feci intendere di non aver fatto niente. Sapevo di avere lo sguardo addosso anche di Damien e di Keira, seduti vicino a Vania, ma non mi importava. Che pensassero pure che mi comportavo da ragazzina, io quello lo detestavo.

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