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«Puoi allenarti con Kevin, se vuoi.»

«Va bene», rimasi incerta.

«Ho parlato con gli altri e gli ho mostrato le registrazioni effettuate durante le prove», mi spiegò mentre un brivido mi correva lungo la schiena. Erano convenuti tutti con lui che la mia presenza tra le altre era troppo ingombrante ed era meglio portarle ad un buon livello senza di me. Dari, inizialmente contrario, era stato convinto da Mark. «La sua opinione è stata decisiva: anche se non c'entra nulla con questo spettacolo, ne ha prodotti diversi e Dari alla fine ha ceduto.»

Mentre io, sentendomi sprofondare, rimuginavo su cosa avesse pensato veramente Damien, Mathias si lasciò parlare. Nonostante pensasse che Dari fosse uno stronzo, la sua idea di inserire le coreografie non era sbagliata, solo non poteva sostituirsi a lui imponendo ciò che voleva senza criterio. «Non capisce che le persone non possono diventare ballerine in qualche mese. Tu saresti stata pronta, ma come te qui non ce ne sono. E neanche in giro.»

«Immagino...»

«Ti sembro uno che regala complimenti?»

«No», sorrisi.


In piedi su una sedia pericolante continuavo a cercare dentro l'armadio quella scatolina marrone con su un'etichetta bianca contenente delle viti che servivano a Marzio per chissà cosa. Queste erano state le sue indicazioni alquanto vaghe, ma mi ero proposta io di andare nel suo ufficio e ora dovevo trovarla.

«Possibile che ogni volta che ti vedo con lei, le stai guardando il culo?» sentii dire a Simone alle mie spalle.

«Possibile che ogni volta che ti vedo, devi fare lo stronzo?» sentii ribattere Damien.

Sorrisi, sentirlo rispondere così piccato mi sembrò strano.

Mi voltai, Simone aveva un'aria divertita.

«Vuoi scendere?» mise le sue forti mani non sulla vita, ma sui fianchi all'altezza dei glutei.

«No, grazie. Devo ancora trovare quello che sto cercando. Ci sono mille scatole qui sopra ma nessuna con delle viti dentro.»

Indugiò con le sue mani strette intorno a me, poi mi lasciò. «Va bene, torno di là. Se ti serve una mano per scendere, chiamami», e nell'andare via fece l'occhiolino a Damien, che lo fulminò.

Tornai alla mia ricerca, preferivo evitare che Damien vedesse la mia espressione divertita per il comportamento di Simone. Non sapevo fosse lì dietro a me, mentre ballavo e canticchiavo aprendo e chiudendo le scatole.

«Non avevi detto che non ti piaceva ballare?»

«No, ho detto che non ballo», con la testa nell'armadio.

«Eppure mi sembra che a volte lo fai.»

«Purtroppo non sono pia come vorrei.»

«Ah quindi è per via della "tua" religione!» Si riferiva a quanto avevo detto durante la cena fatta tutti insieme. Ancora se ne ricordava.

«Sì.»

«Quindi non si beve, non si balla, non si fuma... ma prevede qualcosa circa il sesso?»

Mi voltai guardandolo con sguardo intenso e ammiccante, annuendo. Se pensava di mettermi alla corda con quelle uscite si sbagliava, riuscivo a sbrogliarmela meglio che con un semplice complimento.

«Però prima devi aver superato tutti i miei corsi.»

«Quali corsi?» entrò Luca, il cugino di Milena.

Damien lo guardò male. «Tiene dei corsi», suonava più come un "Vattene". Nel frattempo avevo trovato la scatolina ed ero scesa dalla sedia.

«Posso farli pure io?»

«No,» Damien incrociò le braccia continuando a guardarlo ostile, «sono al completo.» Il suo modo di scherzare era molto simpatico.

«Forse per te un posto lo trovo. Nel corso avanzato.»

Damien guardò male anche me.

«Wow, fico! Di cosa si tratta?» Luca era come al solito stupidamente entusiasta.

«Fammi controllare prima se c'è posto, poi te lo dico», continuai a sentirmi lo sguardo fisso di Damien addosso.

«Perché lui nell'avanzato?»

«Penso sia più dotato», gli spiegai. Fece un'espressione ferita.

Mi chiese di poter ripetere il corso base, ma rimasi irremovibile nonostante Luca provò ad intercedere per lui. Poveraccio, non capiva proprio niente. Gli allungai la scatolina con le viti e gli chiesi di portarla a Marzio, per togliercelo dai piedi. Prima di eseguire la mia richiesta, mi diede due baci sulle guance. Incrociai lo sguardo di Damien, che aveva sbarrato gli occhi sbalordito.

Quando uscì mi permisi di ridere.

«Lui lo può fare tutte le volte che ti vede? Dieci volte al giorno?» Aveva un tono di rimprovero. «Dai, dammi qualche lezione di recupero», quasi supplicò.

«No», riportai la sedia al suo posto accanto alla scrivania.

«Allora me le farò dare da qualcun'altra.»

Mio malgrado mi girai di scatto incenerendolo con gli occhi.

«Cosa vuoi, tu puoi avere tanti studenti e io una sola insegnante? Sembri gelosa.» 

«Non posso essere gelosa perché si dovrebbe presupporre che provi qualcosa e non mi potrei mai invaghire di un attore, trovo che non faccia per me», mi avvicinai per fargli capire che non avevo paura di affrontare quell'argomento. Però l'avevo.

«Ah no? Quindi ti innamori di una persona in base al lavoro che fa?» 

«Più che altro in base a quale lavoro non fa», ero sempre più vicina.

«E se scoprissi solo dopo che ti sei innamorata che è un attore?» stava usando il suo tono sexy. Gli sarei saltata addosso, sarebbero serviti tutti gli altri per staccarmi da lui, avrebbero dovuto prendermi a bastonate, usare un taser e spararmi una siringa piena di tranquillanti con la stessa dose usata per i leoni.

«Cercherei di stargli lontano il più possibile», con un filo di voce.

«E se non ci riuscissi?» Aveva cambiato posizione, quasi torreggiava su di me.

Feci finta di pensarci: «Chi lo sa, non è ancora successo, mi ci dovrei trovare in una situazione del genere per risponderti», gli sorrisi e me ne andai.




GinevraWhere stories live. Discover now