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21 ottobre 2000

«E da quando?»

«Non da molto, inizio settimana», mentii.

Silenzio.

«Non capisco che cosa è venuto a fare. Già non sa recitare, immagino cantare.»

Lo sapevo che avrebbe iniziato a denigrarlo, lo faceva sempre quando si sentiva inferiore.

«In realtà è bravo», cercai di non infuocarmi subito e usai un tono asciutto.

«E cosa canta? L'inno nazionale americano?»

«Cosa c'entra? Canta le canzoni che cantiamo noi.»

«Perché, conosce l'italiano?»

Buon Dio. Dovetti rispiegargli per l'ennesima volta che il nostro repertorio era composto quasi totalmente da canzoni in inglese, da sempre.

«Sì ma quella che fate voi non è musica che...»

Mi alzai dal letto stizzita.

«Senti, non ti piace il genere, non ti piacerà mai ed è inutile starne a parlare. Volevo solo dirti la novità.» Mi infilai il tanga.

«Sai che novità!»

«Scusa, non sapevo che tu avessi contatti giornalieri con gente dello spettacolo. Ma no, tu lo consideri un incapace, di certo non un bravo attore, quindi...»

«È che non mi sembra questa gran cosa.»

«Perfetto. Basta. Neanche te lo avrei dovuto dire e mi stavo facendo il problema, avevo paura ti desse fastidio.» Recuperai il reggiseno dalla sedia.

«E per quale motivo?»

«Beh, forse perché canto con l'attore che mi piace tanto?» Doveva sempre farmi sbottare.

«Seee, è pure vecchio.»

Mi venne da ridere. Vecchio.

Ok, io avevo fatto il mio dovere, glielo avevo detto. La mia coscienza era quasi pulita. E pensare che mi ero immaginata un dramma, una scenata di gelosia o chissà cosa. Invece, indifferenza pura. Bene, quel fine settimana poteva proseguire tranquillamente.


22 ottobre 2000

«Ginevraaaa», Lele venne a sedersi accanto a me sul divano giallo della nonna di Patrizio. Quella casa era sempre vuota e noi da anni la usavamo per feste e serate film più pizza. In realtà con Enea l'avevo usata anche per altro.

«Allora, come l'hai presa? Dai, che due mesi passano in fretta! Peccato che non ci sarà al tuo compleanno.»

Lo guardai fisso negli occhi e poi mi aprii in uno di quei miei sorrisi preludio della tragedia.

Percepii Patrizio, col quale stavo parlando seduto accanto a me, cercare una posizione più comoda, giusto per nascondere il disagio. Non c'era bisogno che lo guardassi per sapere che stava già sudando. Anche Lele aveva cambiato espressione, rendendosi conto di aver combinato un casino.

«Non lo sapevi. Va bene ora non rovinarti la serata...» ma mi ero già alzata.

Mi avvicinai a Enea che stava parlando con qualcuno, che in quel momento neanche riconobbi, e lui subito mi abbracciò. Se avesse stretto a sé un pezzo di legno avrebbe ricevuto in cambio più amore.

Quel qualcuno che gli era vicino capì subito la situazione e si teletrasportò altrove. Come al solito l'unico a non capire il mio umore era Enea.

Solo dopo diversi secondi, quando finalmente si rese conto che non rispondevo ai suoi baci, mi chiese cosa avessi.

GinevraWhere stories live. Discover now