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Dopo pranzo, il suo telefono squillò e un'ombra gli oscurò immediatamente il viso. Cercò poi di rilassare i lineamenti e sembrare tranquillo, andò a rispondere altrove.

Io rimasi con me stessa provando a non ascoltarmi mentre mi buttavo giù, mi tormentavo con i dubbi riguardo al rapporto con Damien e iniziavo a farmi salire l'ansia per lo spettacolo. Il tutto nel giro di dieci minuti.

Quando tornò, mi trovò a lavare i piatti, avevo preferito tenermi occupata piuttosto che mettere tutto in lavastoviglie e rimanere a fissare il vuoto. Stavo cantando e solo allora mi resi conto che potevo avergli dato fastidio mentre era al telefono: ero così presa dall'ostacolare l'invasione del cervello da parte di un'armata di pensieri negativi, da non averci fatto caso.

«Scusa, non mi sono resa conto di cantare ad alta voce, sono...»

«... nervosa», concluse lui per me.

«», ammisi con un debole sorriso.

«Vuoi provare qualcosa? Domani abbiamo le prove generali, ma se preferisci possiamo farlo anche ora.»

«No, è proprio l'ultima cosa che vorrei fare. Avrei preferito andare lì e improvvisare piuttosto che sapere di aver fatto mille prove e per questo dover essere necessariamente perfetta. Non so dove mettere le mani, non so dove guardare, non so niente!» mi stava per venire da piangere. Guardai nel lavello, sperando che le lacrime che sentivo negli occhi non si mostrassero. «Farò fare una figura di merda a tutti», mi coprii il viso con le mani.

«Tu farai un figurone e noi di rimando, sei bravissima. Ora immagino tu ti possa sentire frustrata e sotto pressione, è normale. Ma andrà tutto bene, perché hai una voce meravigliosa e nessuno starà a guardare le tue mani.» Mi abbracciò e io nascosi la testa nel suo petto. «E quando sarò vicino a te, puoi stringere le mie.»

«Sì, come no!» mi venne da ridere. «Mi è stata data una fiducia che non merito», di nuovo angosciata.

«Solo tu pensi di non meritarla,» mi accarezzò i capelli, «dovresti guardarti con i miei occhi, capiresti come sei veramente vista da fuori.»

«Uno scarabocchio.»

Mi tirò su il viso e sorrise scuotendo la testa.

«Con te non si ragiona», poi mi baciò dolcemente. All'inizio risposi poi mi scansai.

«No, no, no, no!» allarmata con gli occhi sgranati. «Questo volevo evitare, avere un... un... qualcosa che vada al di là del canto. Quando farò schifo non voglio vedere la tua delusione. Non dovevamo arrivare a questo, per me è un'altra preoccupazione.»

«Ma tu non deluderai nessuno!»

«Invece sì, lo so! Mi bloccherò appena vedrò tutta quella gente. Sono fatta così, non mi piace esibirmi.» Di nuovo le mani in faccia e mi accorsi che erano bagnate dalle lacrime.

«Allora focalizzati sul motivo per cui lo stai facendo. Hai scelto di continuare nonostante avessi gli stessi dubbi che hai adesso. Ripensa a cosa ti ha fatto decidere di andare avanti.»

Marzio, i bambini. Mi fissai quei pensieri in testa e piano piano mi calmai. Le lacrime continuavano a scendere ma più lentamente. Tornò ad abbracciarmi e glielo lasciai fare, cantò un motivetto che non riconobbi e mi cullò in un dolce lento.

«Non mi deluderesti nemmeno se rimanessi lì ferma senza cantare tutta la sera. O se stonassi. O se ti scordassi le parole...» riprese dopo qualche minuto.

«Grazie, sei proprio d'aiuto!»

«... o se rubassi le mie parti.»

«Stai certo che questo avverrà sicuramente, ancora devo capire quali sono le mie!»

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