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18 aprile 2001

«Buongiorno.»

Mi ci volle un secondo per capire che non lo sarebbe stato.

Mia madre mi guardava con gli occhi arrossati dal pianto, seduta su una sedia nel tinello. Era stata in attesa che mi svegliassi. Sul tavolo accanto a lei, una copia di un settimanale che a casa non eravamo soliti comprare. Capii subito.

«Non ti devi preoccupare», sperai che finisse lì.

«Va avanti da tutti questi mesi e tu non dici una parola? Che ti prende?» aveva la voce strozzata.

«Stai avendo una reazione esagerata. Intanto che stavamo preparando questo spettacolo lo sapevi.»

«Da come ne parlavi sembrava qualcosa di poco importante.»

«Non mi sembra. Hai visto quanto tempo passo a provare?»

«A provare? Sicura? Perché sai, il fatto che tu non abbia minimamente accennato che ci fosse lui», aprì il giornale su una delle tre pagine in cui c'era il servizio che ci riguardava, con in basso la foto di gruppo in cui sorridevamo e in alto quella con me e Damien che ci guardavamo, «mi fa davvero preoccupare. Ora capisco tutti questi mesi di pianti, perdita di peso...»

«Indovina un po' perché non te l'ho detto? Sapevo che avresti reagito così, preoccupandoti. Ma non c'è bisogno, è tutto sotto controllo», mi accovacciai ad accarezzare Meringa e Roby, venute a salutarmi.

«Non mi sembra. Non stai mai a casa, passi dall'essere felicissima a crisi isteriche!»

«Ora sono più tranquilla», cominciavo a innervosirmi.

«Non studi mai! Non ti sei preoccupata dell'università per il prossimo anno. Cosa farai? Non ti importa più?»

L'università. Oddio. Avevo sentito le mie amiche parlare di termini di iscrizione, di domande da fare, di prove d'entrata da tenere, ma non mi ero informata su niente. Non mi fregava niente, ero completamente assorbita da Damien. Oltretutto non avevo ancora deciso la facoltà.

«Senti, tra meno di due settimane sarà tutto finito. Terminerò questo anno, mi iscriverò all'università e prenderò la patente. Come da copione, non mi assillare!» Mi alzai di scatto. In realtà ce l'avevo con me stessa, mi stavo rendendo conto di aver perso il controllo della mia vita.

«E tu sarai in grado di tornare alla normalità?» Ecco dove voleva arrivare.

«Pensi che sia così stupida da pensare che questo duri per sempre?» mi si riempirono gli occhi di lacrime, come i suoi.

«Non voglio vederti soffrire.»

Mi feci una risata sarcastica.

«La colpa non è mia se l'ho incontrato, ok? Non è mia. Io l'ho evitato ma non ce la faccio, è più forte di me», ormai avevo le guance bagnate. «Comunque se lo vuoi sapere non c'è niente, non ti far ingannare dalle foto.»

«Non è con lui che stai sempre?»

«Sì ma non c'è niente. Io faccio talmente schifo che...» iniziai a singhiozzare.

«Finiscila di dire così, tu sei meravigliosa!» cercò di abbracciarmi ma non glielo permisi, scansandomi energicamente e ponendo le braccia piegate a difesa. Stavo per esplodere.

«No! Faccio schifo! Quindi non ti devi preoccupare per me, tra poco finirà tutto e tornerò alla mia solita vita di merda. Ora però lasciami finire di sbagliare, non posso più tirarmi indietro.»

Mi andai a chiudere nel bagno, mi feci una lunga doccia finendo di piangere, cercando di nascondere i singhiozzi con lo scroscio dell'acqua. Era il momento sbagliato per entrare in crisi e dovevo far uscire tutta l'angoscia prima che si accumulasse di nuovo e uscisse con violenza al momento sbagliato. Mi vestii e saltai la colazione, salutando a mezza bocca mia madre mentre uscivo di casa. Sapevo esattamente di cosa aveva paura: della mia delusione quando lui sarebbe partito, del dolore che avrei provato, convinta che non sarei riuscita a reggerlo. Era quello che temevo anche io, però non volevo leggerle quei pensieri sul volto, li rendeva ancora più reali e spaventosi.

GinevraWhere stories live. Discover now