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19 ore prima.

Che traffico, anche qui non scherzano.

Keira aveva preso un altro taxi, preferiva stare in albergo in centro, così da poter godere della città nel tempo libero. Dopotutto non sarebbe rimasta ferma a Roma come lui, aveva altri progetti, era già tanto se erano riusciti a trovare il modo di fare quella cosa insieme, incastrandosi con i suoi impegni.

Un'auto tagliò la strada al tassista che suonò il clacson con il pugno. Non disse neanche niente, senza dubbio abituato.

Nicholas vicino a lui continuava a parlare al cellulare con qualcuno. Certe volte la sua presenza era veramente ingombrante, non riusciva a staccarselo di dosso. Aveva insistito per accompagnarlo all'appartamento preso in affitto, in modo da fare da tramite con l'agente immobiliare. Come se parlasse l'italiano.

«Quanto manca?»

«Dipende dal traffico», il tassista non si preoccupò nemmeno di tradurre.

Forse non era stata una cattiva idea quella di lasciare che Nicholas lo accompagnasse.


L'agente immobiliare si dimostrò molto competente e dopo aver dato un'occhiata a casa, congedò in fretta anche Nicholas per starsene un po' solo.

Fece di nuovo un giro per le stanze, soffermandosi di più sui particolari. Erano luminose, ben arredate, spaziose. Si sarebbe trovato bene lì, pensò soddisfatto di aver preso la decisione di affittare una casa piuttosto che stare in albergo, era così impersonale e gli dava l'impressione che fosse una sistemazione temporanea. Esattamente la sensazione che non voleva avere. Avrebbe potuto rendere quell'appartamento più suo, comprando qualcosa da mettere qua e là. Ma sì, avrebbe avuto tempo per farlo.

Si sdraiò sul divano, indeciso sul da farsi, insofferente all'attesa. Ora che si trovava da solo si rese conto di non sapere come riempire quelle ore. La voglia di iniziare quella nuova avventura lo faceva sentire frustrato.

Decise di andarsi a fare una doccia, poi avrebbe mangiato qualcosa - il frigo era già pieno grazie all'efficienza dell'agenzia immobiliare -, disfatto le valigie e... il tempo sarebbe passato rapidamente.


La scuola di canto non se l'era immaginata così. Era una villetta su un livello, di color crema con porta e infissi di un marrone scuro, circondata da una recinzione che lasciava un ampio spiazzale davanti, usato prevalentemente come parcheggio. Un paio di palme qua e là, sembravano parecchio fuori luogo. Non era proprio brutta ma si era immaginato tutt'altro: un edificio di qualche piano, bianco, in una zona più centrale. Si trovava invece lontano dalle strade principali, e lontano anche dal resto del quartiere composto principalmente da basse palazzine, stretti marciapiedi e giardini trascurati. La gente camminava in mezzo alla strada: adulti, gruppetti di ragazzini e mamme col passeggino. Qualche negozietto qua e là, per lo più privi di insegne. Di certo quella non era la Roma vista in tv o su riviste e libri ma era così diversa da qualsiasi altra città che aveva visitato o anche solo attraversato, che la trovava affascinante comunque.

Mentre Nicholas parcheggiava l'auto presa a noleggio, un uomo vestito casual elegante uscì dalla porta di ingresso senza chiuderla, solo accostandola, e gli andò incontro. Si presentò come Alessandro Dari, dell'agenzia organizzatrice di eventi che li aveva contattati per lo spettacolo. A presentazioni fatte, sprecò qualche minuto a spiegare il perché non avessero deciso di spostare la sala prove altrove, in una zona più centrale: volevano evitare che orde di fan si presentassero ogni giorno davanti alla porta. A Damien l'argomentazione sembrò molto forzata, però lo lasciò parlare, a lui non dispiaceva che si trovasse lì, lo faceva sentire meno turista. Comunque Dari li rassicurò che avrebbe chiesto alle ragazze del coro di mantenere il massimo riserbo sulla loro partecipazione fino all'ultimo. Erano state appena avvertite del loro arrivo, ma non gli era stato svelato chi fossero.

GinevraOnde histórias criam vida. Descubra agora