Marc Andrè Ter Stegen

1K 39 6
                                    


Su richiesta di iorestoanonima💕💘

«Ellos ponen el dedo en el ojo, nosotros el bàlon en la red!»

"Dovresti passare del tempo con me, invece!" gridò al padre e sbatté la porta della propria camera alle spalle.

Suo padre era come un allenatore, ma non lo faceva per professione. Era una di quelle situazioni in cui potevi definirla una vocazione.
Da giovane era stato un calciatore, e voleva che i ragazzi del quartiere con la sua stessa smisurata passione per quello sport avessero una possibilità come era capitato a lui, anche se minima.
Spesso venivano nel loro cortile e lui li faceva giocare.
Ed era proprio quello il problema di sua figlia. Passava il tempo sempre con loro, passava il tempo a pensare sempre al calcio. E non a lei.
Era da ammettere che cercava di attirare l'attenzione, ma niente sembrava di attirarlo più di quanto facesse un pallone.
Odiava quelle sere.

Aprendo la finestra della sua camera, che dava sul cortile, lo vedeva benissimo mentre si portava la sigaretta alla bocca, e probabilmente si era già dimenticato di aver litigato con lei.
Già salutava con la testa due ragazzi che stavano entrando dal vecchio cancello arrugginito.
Quell'entusiasmo che aveva negli occhi quando si giocava a pallone lo riconosceva subito. Era così giovane, ma sembrava che giocasse a calcio da sessant'anni.
E forse quei ragazzi, da adulti, avrebbero avuto la stessa sensazione.
Uno di loro era completamente sconosciuto alla ragazza.
L'altro faceva presenza da circa un mese, avendo cominciato a inizio settembre, che ormai giungeva al termine.
Probabilmente non era nemmeno della loro città, cosa che le dava ancora più fastidio.
Lei che viveva nella sua stessa casa dovevo farsi in quattro per ottenere la sua attenzione.

Il ragazzo più alto dei due, quello che già si era più volte presentato, si avviò verso la porta nell'angolo. Era biondo, aveva gli occhi marroni e i lineamenti marcati.
Prese il palo e la trascinò al centro del cortile. La rete mancava, ma come se sapesse perfettamente cosa fare, raccolse un sacco di iuta e la tirò fuori.
L'altro si fermò per un attimo e lo guardò leggermente spaesato, ma poi lo aiutò a fissarla mentre il loro allenatore li guardava annuendo con la testa, in segno di approvazione.

Solo una volta il biondo si girò verso la ragazza, affacciata alla finestra, e i loro occhi si incontrarono.
Sul volto si lui si formò un sorriso, mentre lei abbassò la testa, per non mostrare quello che stava spuntando anche a lei.
Quando rialzò lo sguardo avevano finito di sistemare la porta e avevano recuperato il vecchio pallone di cuoio dall'albero di pino. In realtà l'aveva lanciato lei lì sopra, un'ora prima. Stava provando a tirare. Ma dopo poco la palla si era incastrata fra i rami, e non tentò nemmeno di tirarla giù.

Il biondo si infilò dei guantoni verdi e ci sputò dentro.
Lei ebbe la tentazione di scendere e gettare anche quelli sul pino, in modo che non potessero più giocare. Ma anche lui se ne sarebbe andato, cosa che la spinse, senza un sensato perché, a non farlo.
Fu una pallonata a distrarla dai suoi pensieri, veniva dritta verso la sua faccia, e senza sapere con quali riflessi, la bloccò prima che la colpisse in pieno viso.
Decise di portarla giù lei stessa, senza lanciarla, per fronteggiare suo padre, e il ragazzo biondo.
Salì sul davanzale, appoggiandosi ad un tubo, di cui non conosceva lo scopo e che terminava a metà edificio, e scivolò fino a dove poteva, per poi saltare giù.
Lasciò la palla cadere a terra e per calciarla con forza nella rete, e si sorprese di non averla lanciata di nuovo sul pino.

"Visto? Se ti impegnasti, giocheresti bene" fu l'unico commento del padre.
Non lo ascoltò. Si voltò per riprendere il pallone, ma andò dritta a sbattere contro il portiere.

"Ha ragione, con quell'agilità e i salti saresti un bravo portiere" le sorrise incoraggiante. Per un secondo si fermò di nuovo a guardarlo negli occhi, trovando il coraggio di non abbassare la testa come in precedenza.

"Ti ringrazio" ricambiò il sorriso con le guance un po' più colorite.

"Potresti rimanere qua con noi" continuò il portiere, sperando di avere il consenso dell'allenatore.

"Io?" chiese indicandosi.

"Già, vado a prenderti dei guanti" aggiunse il padre, che approvò e sparì dentro casa.

"Giocare con una ragazza? Non se ne parla, non siamo femminucce." disse il ragazzo rimanente.

Se l'era completamente dimenticato. Era rimasto nell'angolo, senza parlare, facendo dimenticare della sua esistenza. Dopo quel commento, di certo non lo fermò per farlo rimanere, mentre usciva dal cancello.
In quello stesso istante il padre si lei arrivò con un altro paio di guantoni, arancioni, ma non chiese spiegazioni sull'uscita di scena dell'altro ragazzo.
Poi sorrise in modo piuttosto enigmatico a quello rimasto.

"Se riesci ad insegnarle a giocare entro questa settimana ti faccio entrare nella mia vecchia squadra, siamo ancora in buoni rapporti"

Gli occhi di lui si illuminarono. Aveva una grande opportunità, e se la giocava con una ragazza che ai suoi occhi era altrettanto importante. Se lei pensava di non essere stata notata prima, si sbagliava di grosso.

Così l'allenatore tornò dentro casa, lasciandoli soli con un pallone e una porta.
Forse lei in quel cortile non si divertì mai come quella sera, e ovviamente fu lo stesso per lui, che ci aveva passato solo un mese.

"A domani, allora" le disse sorridente prima di andare via, nel buio, nonostante volesse rimanere lì per ore.

"Buonanotte"

Giusto il tempo di dire questo, che lui le stampò un bacio sulla guancia, mentre lei non riusciva più a smettere di sorridere.
Non avrebbe odiato più così tanto quelle sere di allenamento in cortile, le avrebbe sempre aspettate, per vedere il ragazzo che già sapeva di amare.

grenade» one shots of footballers [IN REVISIONE]Where stories live. Discover now