Miralem Pjanic

819 37 8
                                    


Su richiesta di martina_2187

«Fino Alla Fine»

Avevo molta paura di non essere arrivato in tempo. Sapevo che alle cinque precise sarebbe andata via. Era una ragazza decisa e precisa, e quando diceva una cosa, sapevi che sarebbe andata in quel modo.

Mi aveva dato un'ultima possibilità per scusarmi con lei, e non l'avrei sprecata un'altra volta. Sono sicuro che se mi fossi presentato un minuto più tardi non l'avrei trovata, e l'avrei persa per sempre. Invece, la fuga che avevo fatto dagli allenamenti, dopo aver letto il suo messaggio, era servita a qualcosa. Non credevo di saper correre davvero così veloce. Quando entrai nel parco mi guardai subito intorno, alla sua ricerca. Avevo il panico di non trovarla, avevo paura che sarebbe scappata dalla mia vita. E io non potevo permetterlo.

Per mia fortuna, quando allungai lo sguardo verso le altalene e lo scivolo potei tirare un sospiro di sollievo e allo stesso tempo chiusi gli occhi. Quando la scorsi, era seduta su una delle due altalene, con la testa appoggiata alla catenella, mentre l'altra al suo fianco era vuota, lasciando il compito di agitarla al vento.  Mollai lì dov'ero il mio borsone, e ricominciai a camminare, verso di lei, ancora ansimando per la corsa che avevo fatto per arrivare là.

Probabilmente mi vide in lontananza, già quando ero arrivato, ma non spostò gli occhi su di me, e continuò a guardare assente il vuoto davanti a sé.
Non mi fermai finché non arrivai di fronte a lei, ma non riuscii a parlare. La verità è che non sapevo cosa dire. Avrei voluto dirle che non avrei buttato la possibilità che mi aveva dato, che ero davvero sollevato dal fatto che ci fosse, che mi volevo scusare per tutto, per averla fatta soffrire. Avevo troppe cose da dirle e dalla bocca non me ne uscì nemmeno una.

L'unica cosa che fui capace di fare fu occupare l'altalena vuota affianco alla sua. Quella cigolò, in modo non molto rassicurante, ma non me ne curai. La mia attenzione era unicamente verso la ragazza seduta alla mia destra, che non aveva intenzione di rivolgermi parola, o di guardarmi. Era evidente che aspettava che parlassi io, ma non ci riuscivo. Non trovavo le parole giuste per dire tutto quello che avrei voluto che sapesse, e avevo una tremenda paura di aprire bocca e sbagliare, ero terrorizzato dalla possibilità di rovinare tutto. Una parola sbagliata e probabilmente avrei dovuto continuare la mia vita senza la parte più importante. Ciò significa che non avrebbe avuto nessun senso. Nessuno.

Mi dondolai leggermente avanti e in dietro, con i piedi per terra, mantenendo nervosamente la catenella. Mi girai verso di lei per dire qualcosa, qualsiasi cosa, ma ancora una volta mi bloccai prima che la voce potesse uscire. Lei ancora fissava un punto dinanzi a sé, ferma, mentre io decidevo cosa fare.

"Mi dispiace" mi uscì infine, e fu l'unica cosa che riuscii a dire.

Già una gran parte del peso che sentivo cominciò a sgretolarsi, ma ancora continuavo a sentirmi male, solo. Continuavo a sentirmi niente, senza di lei.

Per qualche secondo terribile rimase in silenzio, come se stesse soppesando le mie parole, come se stesse cercando di capire se fossero sincere, come se stesse cercando di decidere se fosse abbastanza. E io sapevo che non era abbastanza, non poteva essere abbastanza. Due misere parole, per scusare tutto quanto.

"Tutto qui?" disse infatti dopo un po'. In ogni caso, sentire la sua voce dopo tutto quel tempo in cui non mi aveva rivolto la parola, mi diede la forza di continuare il discorso.

"Non so che cosa dire. Non mi viene niente che sia all'altezza della situazione. Vorrei che tu capissi che sei la persona più importante della mia vita e che ho fatto lo sbaglio più grosso di sempre. Mi dispiace davvero tanto, e non riesco più a stare senza di te" le spiegai, cercando di incontrare i suoi occhi, ma ancora era persa nel vuoto.

"Te la sei cercata, non credo che non immaginassi le conseguenze" mi rispose, e a quel punto si alzò dall'altalena, che emise un suono sinistro.

Di nuovo comparve la paura di perderla. Scattai in piedi e le presi la mano. Il contatto con lei mi diede un'altra scarica, così come l'incrocio dei nostri sguardi quando si voltò verso di me. Erano due delle cose che mi mancavano esageratamente.

"Non posso vivere senza di te, e non so come spiegartelo perché tu capisca, e non pretendo che tu lo faccia. Ho sbagliato e me ne rendo più che conto, e sta a te scegliere. Mi perdoni?" chiesi, con il cuore che batteva a mille. Era la domanda che volevo farle da quando avevamo litigato, e una risposta negativa avrebbe potuto uccidermi.

Di nuovo il silenzio calò fra di noi e di nuovo sembrò analizzare ogni mia parola. O forse semplicemente lo faceva di proposito a tenermi sulle spine, sapendo che l'ansia mi stava tranquillamente divorando pezzo dopo pezzo.

"Già ti ho perdonato Pjanic, ma sia chiaro che è l'ultima volta che lo faccio" mi disse decisa.

A quelle parole mi sciolsi letteralmente, tutto il peso che sentivo sparì, e quando mi baciò sentii il bisogno di sentirla di nuovo solo mia. Il silenzio ritornò, mentre il nostro bacio si approfondiva, e si sentivano solo due altalene cigolare lentamente.

grenade» one shots of footballers [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora