NAPUL'È: CAPITOLO 4 (1)

157 26 1
                                    

Marzo.
Avevo incominciato a frequentare il gruppo rap di Christian. Spesso andavo la sera al loro capannone della stazione di Carnate e si crearono grandi e nuove amicizie, anche partecipando ai concerti che non ero riuscita a vedere prima. L'unico ostacolo fu che una sera, uscendo dalla palestra, vidi la macchina di Christian fuori nel parcheggio e con lui c'era la ragazza che era venuta in palestra l'altra volta. La sua "amica" Giorgia. Era vicino a lui, non vidi se si stessero baciando o meno. Quando passai, lui mi guardò e fece finta di non star facendo nulla. Lo guardai con disprezzo, lei restava fissa a guardarlo mentre lui guardava me. Me ne andai senza dire una parola... Inutile dirlo, mi disse dopo che ci stava parlando solamente. Non potevo contraddirlo, effettivamente non avevo visto bene.
Io e mio fratello Lorenzo eravamo in aereo da quasi un'ora per Napoli, con nostro padre. Dopo poco l'aereo era arrivato, ci si tolse le cinture dopo un decollo ottimo. Prendemmo i bagagli, si aspettò la fila per scendere.Scesi all'aeroporto, un taxi ci portò subito vicino Mergellina. Rividi Christian giungere con gli altri poco dopo. Ci stringemmo con imbarazzo, per la presenza dei parenti. Mentre tutti ridevano e parlavano di mille cose decidemmo di sederci a un bar. Mergellina era una lunga via, un lungomare con accanto un panorama da favola. La gente passava avendo poco, ma col sorriso. I colori di ogni genere dominavano nella città. Per la prima volta dopo più di un anno e finalmente dopo le lettere dei rispettivi divorzi, la mia famiglia fu ospitata da Anna. Rimettere piede, dopo tanti mesi, nella Sanità, quartiere di Napoli dove di estate viveva Christian con gli zii, mi fece prendere come da un sentimento iniziale di disagio, per la tanta gente che mischiata passeggiava fra motorini, grida e macchine. Ma di per sé, vi era una democratica convivenza delle persone. Dopo tratti di strada, dove ero persa nei visi della gente che camminava, arrivammo nell'abitazione mediocre di Anna. In un palazzetto di tetti piatti, entrammo in una delle tre porte degli edifici aderenti. Il colore grigio rovinato dell'esterno era compensato da un bianco più sopportabile all'interno. Una casa di poche stanze, un soggiorno piccolo centrale con cucina, un piccolo bagno e due camere da letto. Sopra c'erano altre camere. Era una casa che gli zii avevano avuto con un mutuo e si erano comprati anche una casa al nord dove appunto crebbero Christian, alla morte dei suoi genitori, e la piccola Palma. In questi tempi, Christian e gli zii ci passavano le vacanze o qualche giorno durante l'anno. Discutemmo animatamente del problema della famiglia, a tavola, durante la cena. Fino, addirittura, a divagare alla politica. Tutta la sera io e Christian ci guardavamo.
Lui usciva con dei ragazzi anche a Napoli, aveva amicizie.

Avevamo discusso parecchio lui ed io, non gli avrei mai detto di smettere di fumare, ma almeno darsi una minima regolata. Urlava e inveiva contro di me. Abbiamo iniziato a rinfacciarci cose a vicenda e le urla ci facevano scontrare. Eravamo vicino alla camera di Christian
"sono così, Sara, cerca di capirlo" disse urlando "cazzo pensavi? Io te l'avevo detto che non sarebbe stato facile il mio mondo" tirò una bestemmia al mio viso impaurito e basito "sono nella merda da sempre Sara. Se decidi di andartene da me fallo e basta. Non ci pensare. Non me ne frega un cazzo! Chiaro?" urlò
"lo sai, la tua cazzo di testa ti rovina da solo"
"finiscila di rompermi il cazzo, tu, le tue manie buone... Porca puttana"
"bravo, vai dalla tua Giorgia dato che ti piace tanto fartela" si voltò verso di me. Era incazzato come quasi mai lo avevo visto. Mi guardò fisso negli occhi. Mascella serrata. Occhi infuocati. Ci mancava solo il fumo dal naso. Avevo paura quando urlava. Però cercai di stare calma
"tu non hai capito un cazzo. Cazzo ti credi di essere?" la sua aria di sfida, mi stava prendendo per il culo dallo sguardo. Era insostenibile. Piedi in testa per troppo no. Fu un attimo. La mia mano si alzò e lo prese in piena faccia. La fermò in parte ma arrivò comunque per bene. Mi guardava ancora più infuriato. Era attaccato al mio viso. Ebbi abbastanza paura da farmi socchiudere per un attimo gli occhi, ma restai là. Bestemmiò guardandomi fisso
"che cazzo ti salta in testa?" il suo viso, il suo sguardo, la mascella serrata. Era così minaccioso da farmi chinare la testa "ringrazia che sei una ragazza e che non mi sfiora l'idea di toccarti, se fossi stata un uomo ti avrei sotterrato" sguardo fisso nel mio. Scossi la testa e senza dir nulla mi allontanai
"è per Giorgia, perché così capisci un minimo quando fai la merda" Mi guardò male, respirò e se ne andò nella sua camera. Anna era a vedere la televisione con Fulvio e Palmetta e venne vicino a me, mi guardò per capire cosa fosse accaduto. Me ne andai dopo aver raccontato a mio fratello, mi chiusi in camera.

Christian si punzecchiava per riprovare le emozioni che aveva tanto sotterrato. Passò le mani sul suo viso. Stando seduto sul letto. Si adagiò alle sue mani strette sui propri occhi. Fece un verso propenso al piangere. Ma non volle farlo. Prese la bottiglia di birra sul comodino. Fece un sorso. Lei tentava sempre di staccarlo da quelle bottiglie. Lei. Christian pensò a quegli occhi e a quel viso. Lei che capiva ogni puttanata, ogni botta partita male, ogni scazzo. Era da poco che se la trombava e già ci teneva così. Aveva proprio perso la situazione di mano. Quella ragazza gli aveva fatto perdere la testa. Per lei ci stava male. E a dire il vero... Non se l'era ancora trombata. Che cosa assurda per lui e per quelli come lui! Già... Eppure gli occhi e il sorriso di quella ragazza lo stavano curando da tutto ciò che assumeva.

LA LUCE E L'OMBRA (PARTE 1)Donde viven las historias. Descúbrelo ahora