QUANDO AMARE E' UNA SFIDA (3)

46 7 1
                                    

Dovemmo andare a Napoli in questo periodo tutti quanti insieme. Con anche i nostri due fratellini più piccolini. Tutti desideravamo comunque vedere i parenti che erano giù. Ad esempio, l'altra Anna, la cugina di mio padre. La macchina di mio padre procedeva in maniera perpetua e monotona per condurci al luogo desiderato. Anna, Christian e Palma andarono con un'altra macchina. Il viaggio durava da un paio d'ore. Christian mi stava facendo impazzire con quella storia... Non sapevo che cosa fare. Pensavo al suo viso, ai suoi comportamenti, non mi era ben chiaro che cosa stesse succedendo. Ogni volta che litigavamo, lui restava addosso a me come un bambino. Sapevo che avevamo bisogno uno dell'altro. Aveva vissuto tanta inopportuna sofferenza, un ragazzo così giovane... Provavo un amore così forte per lui che a volte mi pareva così tanto da... Farmi piangere, da rendermi inappropriata a sopportarlo.
Palmetta dormiva vicino a Lorenzo. Quando la macchina arrivò nella città di Napoli io non potevo contenere l'eccitazione. Le vie affollate di persone, che giravano schivando le macchine e le moto, portavano alla Sanità dove aveva la casa Anna. La piazza che dominava era Piazza Cavour. Un affollamento di gente multietnica girava sotto il cielo limpido e azzurro. Inoltrandoci in una piccola via della Sanità arrivammo a casa di Anna. Vidi che da poco erano arrivati anche loro. Christian era là, fuori di casa a fumare. Era bello, una camicia hawaiana, di vari colori, dei jeans scuri e delle Nike ai piedi. Venne vicino a me e mi guardò finendo la sigaretta
"ti piace fissarmi? So che mi stai scopando con gli occhi"
"stupido" sussurrai alzando un sopracciglio
"preferisco stronzo" disse lui poggiandomi le labbra sul collo e guardandomi fisso. Mi fece un sorriso e rimaneva a fissare il mio corpo da una maglietta aderente e un leggings stretto, con dei sandali alti
"smettila, ora sei tu che mi fissi" gli dissi vicino al suo orecchio. Fece un ghigno meraviglioso e scontrò i miei occhi
"vuoi fare un giro tipo a Mergellina?" io annuii e Christian informò Anna e Fulvio.
Una volta recati per le tumultuose vie della Sanità
"stai vicina a me e non tirare fuori cose preziose" disse Christian guardandomi da vicino. Una passione accesa nei suoi occhi. Poi mi prese di scatto e toccò le mie labbra con le sue, mi stringeva i fianchi. Io posai le braccia sul suo collo mentre la sua lingua giocava con la mia e lasciavamo le labbra attaccate. Potevo stringere i suoi capelli, facendolo gemere
"era per come eri bella quando mi guardavi" disse gemendo sulla mia bocca.
Mi strinse la mano e mi portò con lui per la strada. Donne che si chiamavano urlando, ragazzini in quattro sul motorino... Ma mentre uno fuma e uno parla al telefono. Vedevi venirti incontro, senza regole stradali, macchine e decine di moto. Vedevi alcuni marocchini, alcuni barboni, spacciatori. Si vedevano però anche famiglie "normali" con bambini. Prendemmo una metropolitana quasi al volo, piena di gente di ogni tipo e di ogni colore. Ci sedemmo e guardammo il bel panorama scorrere fuori.
Ed ecco Mergellina... Il meraviglioso lungomare dove potevi abbandonarti ai pensieri. Il solo recarti lì ti faceva dimenticare ogni cosa. Il mare percorreva tutto il percorso del lungomare, fino ai distanti alberghi costosissimi sulla fine di Mergellina. Christian mi portò su una panchina e senza parlare troppo fumammo una sigaretta. Ci guardavamo come se condividessimo dolori e pensieri. Lui mi guardava con occhi sgranati come per capire cosa pensassi
"sei un po' giù?"
"no... tranquillo" dissi
"dai, lo so che hai qualcosa..." disse guardandomi da vicino
"niente amore... sono solo... un po' scossa dal tutto..."
"Sara, io... Non so che farei se ti perdessi" disse chinando il viso e socchiudendo gli occhi distrutto
"anche io" sussurrai mentre Christian mi guardava, assottigliò la bocca e sgranava gli occhi a una allucinante vicinanza. Io inspirai forte l'odore meraviglioso e leggiadro di mare. Allungò le mani, fissandomi, verso le mie braccia... Un contatto che già mi faceva sentire i brividi e che mi scioglieva
"mi dispiace così tanto..." gemeva lui. Parlando io mi stringevo a lui posandomi sul suo petto, mentre mi accarezzava la testa
"poi, mia mamma... Che è lontana e... litighiamo..." lui mi passò le mani sulla schiena, cercando ancora il mio.sguardo
"non dannarti per loro. Te ne devi sbattere il cazzo."

LA LUCE E L'OMBRA (PARTE 1)Where stories live. Discover now