E SE DOMANI (3)

54 7 1
                                    

Nei giorni seguenti io restavo così e lui pure. Stavo spesso vicino al suo lettino ad accarezzarlo, a volte piangevo su di lui. Lo guardavo... Ripensando a tutti i momenti insieme.
Comparve Anna e mi strinsi forte a quella donna straziata che conviveva anch'essa col dolore. Entrarono tutti i compagni del gruppo rap, era così straziante!
Mi alzai dal suo lettino faticando a muovermi e salutai tutti quanti
"Ali" dissi piangendo nelle sue braccia. La guardai, capendo che ci eravamo sbagliate entrambe
"oh, Teo..."
"Milena..."
"Marti" salutavo tutti i miei amici che speravano, guardando Christian, che potesse riprendersi. Come potevo fare senza che ci fosse lui? Senza quel ragazzo che mi faceva da amico, fratello e amante? Come potevo fare? Io non volevo vivere senza lui. Come saremmo andati avanti a kung fu e nel gruppo rap? L'idea era insopportabile. Quando potevo scendere dal lettino mi mettevo vicino a quello di Christian.

Un giorno triste in cui mi ero messa vicino al letto di Christian, lo guardavo e gli parlavo. Lo accarezzavo e mi mettevo a piangere, osservando le ferite e guardando tanta ingiustizia. Vedevo lui a casa sua, nei momenti più sensuali, i tempi a Napoli, i regali, quando diceva amore, quando avevamo litigato dopo il tradimento. Lo guardavo e rimembravo di tutto. Entrarono i medici e un giovane ragazzo che veniva a visitarmi, mi guardò in modo molto dispiaciuto data la visione dell'affetto che io provavo, dava un occhio anche a Christian

"signorina Sara..." disse lui con tono lascivo
"dica" dissi asciugando le strisce di lacrime sul mio viso
"noi pensiamo... insomma..."
"cosa, dottore, mi dica la verità" dissi disperandomi
"si crede che il giovane Christian non ce la possa fare con tutta sicurezza..." mi chinai su me stessa, piangendo sulle mie mani
"non è possibile" dissi guardando lui e poi Christian sul letto
"sono davvero dispiaciuto" disse guardandomi. In quel momento entrò la zia-mamma di Christian, il medico salutò cordialmente dopo aver informato anche lei della spiacevole notizia. Io ero chinata su me stessa, lei si avvicinò a me. Mi guardò piangere disperatamente e, piangendo anche lei ugualmente, mi posò una mano sui miei capelli. Si sedette vicino a me e, spinte dall'istinto e dall'emozione, ci abbracciammo piangendo e condividendo il dolore. Strinsi il suo corpo in carne con una giacca e dei pantaloni aderenti neri
"oh, Sara... mi sento così una merda" disse Anna
"anche io, Annarella... Non ci posso credere"
"è assurdo" disse Anna guardandomi con occhi lacrimanti  e scrutatori, cercatori di sostegno
"davvero, Anna, devi sempre contare su di me. Non hai idea di cosa significa per me aver perso lui"
"anche per me puoi capire che... è orribile..."
"io... io... è stata colpa mia. Non gli ho creduto. Che c'era questa persona che minacciava..."
"no... Sara" disse cercando la mia attenzione "non è colpa tua" disse guardandomi e guardando con le lacrime agli occhi il lettino di suo figlio. Io scrutai gli occhi di quella donna, che era quasi come una seconda mamma e che aveva condiviso con me i dolori della separazione
"io non ho saputo dare una vita degna a mio figlio"
"ma non dire puttanate. Tu lo hai salvato..." dissi stringendomi ancora a lei.

Vidi arrivare Lorenzo e Palma che erano passati nuovamente a salutare il loro quasi fratello. Mio fratello guardava quel ragazzo che lo aveva aiutato, quel quasi fratello. Uscii dalla stanza dando un occhio a Franco e lo lasciai solo nella sala. Quando tornai a casa, la mia vita non poteva ripartire. Stavo a piangere e rimuginare. Più o meno ogni giorno ero da lui a dargli sostegno, anche solo a vederlo. In una giornata di dolore a casa mia, Alice bussò alla porta. Mi abbracciò e cercai di non mettermi a piangere continuamente. Le offrii una birra e facemmo su una canna, erba e tabacco sulla sua mano che si mischiavano insieme. Li mise in una cartina sistemando tutto e poi tirandola su. La leccò sistemandola con le mani 
"vogliamo vedere un film?" mi chiese. Aveva una maglietta carina sotto la giacca e dei jeans chiari aderenti
"va bene" dissi sedendomi sul divano con occhi lucidi. Lei si sedette vicino a me e ci tirammo su con una birra e una canna. E lei ci provava, a volte, a tirarmi fuori di casa!

LA LUCE E L'OMBRA (PARTE 1)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora