NAPUL'È (4)

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Il giorno dopo ci recammo al famoso Museo della Scienza. Un museo enorme, con ogni tipo di esperimento scientifico. Facemmo una visita guidata che parlava dell'universo e infine delle forze della Terra. Christian voleva uscire fuori dal museo e senza quasi che ebbe finito di chiedermelo mi prese permano e mi portò per il museo. Mentre girovagavamo insieme, facevamo o curiosavamo negli esperimenti indescrivibili. Una vasca d'acqua che serviva per un esperimento divideva i nostri visi. I dodicimila metri quadrati di capannone a Coroglio, spiaggia dell'ex Italsider, accoglievano più di duecento exhibits, installazioni interattive che spiegavano i fenomeni naturali, e l'Officina dei Piccoli, il primo museo dei bambini al mondo realizzato con il loro diretto contributo. Divisa in due parti, una per bimbi da zero a tre anni e una per i più grandi, l'Officina aveva come tema i cinque sensi. Nella scatola sonora, un muro trasparente emetteva suoni schiacciando dei pulsanti, era possibile trovarsi ad assistere a una partita di pallone, a un concerto, in un bosco, su una spiaggia. Più avanti, l'albero sonoro raccontava storie di alberi, animali, principi, gnomi e fate. Posata tra i suoi rami, la casetta della lettura aspettava i bambini con tanti libri da sfogliare, giochi e fiabe da inventare. Una volta ridiscesi, il gioco della scoperta ricominciava con la matassa degli odori, i mobili a sorpresa, i periscopi. Nel tunnel dei sogni, ci si poteva inoltrare in un universo magico di specchi deformanti, lenti, luci colorate, pareti morbide, oggetti che suonavano. Ridevamo per chissà cosa, come degli amici. Qualcosa che infondo già eravamo. Lui mi portò fuori dal museo e la vista del mare come quello di un film mi pietrificò. Tenendoci per mano e aiutandoci, passammo una delimitazione, formata da una rete, su quella spiaggia coi ciottoli e io mi perdevo nell'odore di mare. Ci sedemmo su degli scogli che precedevano la distesa d'acqua. Lui mi mise fra le sue gambe e fissammo per minuti, forse quasi una mezz'ora, il colore del cielo e del mare
"è meraviglioso" dissi completamente avvolta dai brividi per il suo corpo e il suo contatto
"già, che panorama..."
"no... mi riferivo allo stare così con te" dissi sorridendo. Christian faticava a credere a quelle parole dure per se stesso, ma mi sorrise. Con il suo sguardo da conquistatore e il suo sorriso che aveva la stessa funzione, mi mostrò una casetta di legno poco lontana dagli scogli
"lì, da bambino ci passavo le giornate..."
"per davvero?" Christian mi sorrise ma poi si incupì
"già, da piccolo, tipo a dieci anni, io prendevo il pullman e venivo qua"
"e che facevi?" lui rise e poi mi rispose
"niente, piccola... ero bambino. Mi rifugiavo... avevo conosciuto la zona e il pullman per arrivarci e via..." non capiva quanto ci fosse davvero chi gli voleva bene. Cercai di sorridergli e lui poggiò le labbra alle mie, poi si strinse al mio petto, mentre quelle labbra esploravano le mie e io avvolgevo il suo collo. Cercavo di togliere quei dolori che lo incupivano inesorabilmente
"ti va di farmi vedere quella casa?" rimase come paralizzato da una richiesta simile, ma dato che era quasi mezz'ora che eravamo lì, annuì e mi portò ad arrampicarmi. Arrivammo fino alla casetta che aveva un odore di legno bagnato. Si vedeva un panorama paradisiaco e rilassante e le onde scroscianti colmavano il silenzio fra noi due. Mi vedeva molto agitata, non sapevo che dire e dove guardare... La sua mano sfiorò il mio viso, facendomi una carezza e sciogliendomi
"amore, stai tranquilla..." Amore? Mi aveva chiamato davvero così? Sarà forse la seconda volta da che avevamo questa relazione. Non potevo nascondere lo stupore. Nell'ombra della casetta scontrai il suo sguardo e tra le sue mani, che si muovevano per il mio corpo, lui passò a baciarmi avvolgendomi con le sue labbra e tenendomi attaccata al suo corpo, al suo ventre
"ti giuro che impazzisco..." sussurrò lui vicino al mio collo... Baciandomi delicatamente gli orecchini e tenendo i miei fianchi. Sorrise e passò ancora una mano sul mio viso, come per capacitarsene. Io sentivo il battito cardiaco insostenibile. Il suo viso e il suo corpo vicino a me. Bastava un suo tocco per non farmi più capire nulla e fare qualsiasi cosa. Ed eravamo noi, stesi su quel legno fresco.

LA LUCE E L'OMBRA (PARTE 1)Место, где живут истории. Откройте их для себя