Capitolo 48

5.7K 327 53
                                    

Il mattino dopo mi sveglio in un fagotto di lenzuola e coperte: mi sgranchisco il corpo mentre riprendo contatto con la realtà. Il sole illumina la mia camera e l'orologio sopra la scrivania segna le ore dieci.

Dio, era una vita che non dormivo così tanto.

Sorrido a me stessa senza poterne fare a meno, mentre immagini e parole della sera prima riaffiorano sulla mia testa che sembra non riuscire a pronunciare altro se non il nome Trevis, in tutte le sfumature.

Io, Silvia. Davvero sto impegnando i miei sentimenti per qualcuno?

Mi volto con il sorriso in volto a tastare lo spazio accanto a me, per poi rimanere perplessa nel trovarlo vuoto.

Mi schiarisco la voce mentre mi guardo intorno, in un silenzio assordante ''Trev?'' mi siedo sul letto, spostandomi ciuffi di capelli dal viso e notando i segni sulle braccia della sera prima.

''Trev sei in bagno?'' nessuna risposta.

Mi alzo per poi vestirmi velocemente con una tuta e sistemarmi i capelli, mentre scendo al piano di sotto: forse sarà a fare colazione.

Ma i miei occhi non vedono nessuno.

Mi fermo a ragionare: forse sarà tornato da Andrea a darsi una sistemata.

partirà tra due giorni se non sbaglio.

Torno di nuovo in camera mia, a cercare stupidamente qualche suo messaggio per avvertirmi: ma non ci sono ne fogli, ne messaggi sul telefono.

Poi, voltandomi verso il comodino noto solo ora che la nostra foto è sparita.

Guardo di scatto intorno a me e non la vedo da nessuna parte.

C'è solo troppo ordine.

Una brutta sensazione inizia a farsi strada dentro di me e mentre passano i secondi io cerco di allontanare solo tutti i brutti pensieri che mi vengono in mente.

No, no. Non è possibile.

Non lo farebbe mai.

Non dopo le cose che mi ha detto ieri sera. Che ci siamo detti.

Esco velocemente di casa, diretta a casa di Andrea.

Non prendo neanche l'auto, ma percorro i cinquecento metri che ci dividono correndo e stranamente, più corro, più vado veloce.

Il bisogno di sapere, la necessità di vedere con i miei occhi Trevis sono troppo forti e fanno muovere i miei muscoli ed il mio cuore, a ritmi frenetici.

Sembro non arrivare mai, i cinquecento metri sembrano diventati dieci chilometri... più corro, più resto indietro.

Il telefono stretto su una mano, la tuta che segue i miei movimenti e i capelli legati su una coda: tutti potrebbero pensare che io stia facendo del sano jogging mattutino, quando in realtà sto correndo verso il mio peggior incubo.

Ieri sera sembrava tutto perfetto, mentre ci baciavamo, mentre mi sussurrava quello che sentiva all'orecchio. Mentre eravamo a letto insieme.

Sembrava tutto così dolce e perfetto.

Cavolo, lo è.

Non ho motivo di pensare che sia come penso.

Eppure non riesco a non farlo.

Finalmente con il fiatone arrivo davanti all'appartamento.

Suono il campanello di Andrea e quando salgo le scale due a due, ho un deja vu.

Appena apro la porta di casa, Andrea mi accoglie con un'espressione impassibile, come se fosse tutto apposto ed io sia completamente pazza: peccato che io lo conosca fin troppo bene. So quando è un silenzio forzato o un silenzio reale.

Parlami di teDove le storie prendono vita. Scoprilo ora