Capitolo tre.

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Le feste della Phi Sigma Kappa erano famose per il delirio che comportavano e le risse che sembravano un rito di passaggio

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Le feste della Phi Sigma Kappa erano famose per il delirio che comportavano e le risse che sembravano un rito di passaggio.

Difatti, mentre ero impegnata nel sorseggiare un bicchiere di birra, intanto che Drew si sbaciucchiava il suo Hamish e Chandra era sparita chissà dove, due individui se le stavano dando di santa ragione dinnanzi a me.

Energumeno numero uno, che poi identificai essere nient'altro che Vergo McDravhion, assestò un poderoso gancio destro a Energumeno numero due, facendolo volare di qualche metro.

Nel frattempo, Jasmine di Jai Paul continuava a pompare dalle casse fino al giardino, dove ci eravamo spostati tutti per assistere al teatrino. Non pensavo fosse una canzone da festa, poiché faceva parte della mia playlist da sesso.

«Giuro che ti ammazzo, Murphy!», urlò il quarterback, inferocito, e si scompigliò la chioma scura. «Davvero pensavi di potertela cavare con niente? Coglione. Io ho orecchie ovunque in questa cazzo di città».

Dopodiché si lanciò sul povero Murphy che era ancora piuttosto provato dal volo precedente. Non avevo idea di cosa avesse combinato per far incazzare in quel modo Vergo, ma sicuramente doveva averla fatta grossa.

Storsi la bocca quando del sangue schizzò e feci un passo indietro, decisa a ritornare dentro e chiamare Drew, nonché il Presidente della confraternita, per far riportare l'ordine.

Di quel passo qualcuno avrebbe finito per farsi davvero male ed era meglio evitare un'incursione della polizia.

I miei piani però non andarono in porto, perché finii per sbattere contro un muro. Un muro che aveva dei capezzoli e pettorali che ti invogliavano a leccarli. E su cui si era appena rovesciata la mia birra.

Due mani scattarono sui miei fianchi appena barcollai e, di riflesso, appoggiai le mie sul suo petto solido. Imposi a me stessa di non palparlo per ovvie ragioni.

«Oddio!», esclamai e piegai il collo, trovando occhi gentili e color cioccolato fissi nei miei. «Scusami, sono un'imbranata».

Lo sconosciuto sorrise. E che sorriso. «Tranquilla, nessun problema. Una lavatrice e si risolve tutto. Tu stai bene?».

«Beh, credo proprio di sì», ridacchiai come una stupida, facendogli inarcare un sopracciglio divertito, e stavo anche per mettermi a flirtare, se non fosse stato per l'urlo di dolore che sopraggiunse dalle mie spalle. «Cazzo, sembra voglia ucciderlo. Meglio che vada ad avvertire Drew...»

«Non ce ne sarà bisogno», mi interruppe e, dopo aver scostato con delicatezza i palmi dalla mia vita, si incamminò senza alcun timore verso i due Energumeni.

Spalancai la bocca. Gentile, sexy e coraggioso. Tombola, ragazzi. Dov'era stato per tutto questo tempo?

Un dolce tepore, di sicuro aiutato dall'alcol che mi circolava a fiotti nel sangue, mi risalì su per le guance quando mi ritrovai a fissargli la schiena muscolosa ben visibile attraverso il leggero tessuto bianco.

Athos. Tessitrice di FavoleWhere stories live. Discover now