Epilogo

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Cazzo se quella ragazza sapeva muoversi

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Cazzo se quella ragazza sapeva muoversi.

Era la padrona di una danza erotica tutta sua: con le ginocchia puntate ai lati del mio bacino, ondeggiava piano, cavalcandomi come una fottuta amazzone. Una meraviglia per qualsiasi senso.

«Quanto amo svegliarmi così», mugugnai, poi le strizzai un fianco mentre lei inarcava la schiena e mi sbatteva il suo seno nudo e pieno dritto in faccia. Gemetti. «E amo  anche queste tette».

Oh, sì. A Lebo piaceva da matti il sesso mattutino.

Ogni volta che si fermava a dormire da me, poi me la ritrovavo sopra ancora prima che sorgesse l'alba. E non me ne fregava proprio un cazzo del sonno quando avevo l'uccello sepolto dentro di lei o nella sua bocca.

«Ah sì?», ansimò, piantandomi le unghie nelle spalle. Aumentò il ritmo, me la sentii restringersi attorno al sesso bollente in una serie di spasmi da capogiro. «Allora fammi vedere quanto le ami».

Non me lo feci ripetere due volte.

Al di sotto dei suoi occhioni azzurri annebbiati dal piacere, affondai il viso in quelle rotondità, glielo sfregai sulla pelle prima di succhiarle il capezzolo destro e palparle l'altro. Erano perfette, dannazione. A partire dalle punte turgide e rosee fino alla carne che mi strabordava dai palmi.

Il materasso si muoveva insieme a noi, intanto che lei mi scopava sempre più forte e sempre più veloce, la replica di una disperata che corre dietro al proprio piacere. Percepii il suo clitoride strusciarsi sul mio pube, uno sfrigolio dolce e al contempo brusco che le fece sfarfallare le ciglia lunghe.

Allora l'agguantai dal culo per aiutarla nei movimenti, sebbene non ne avesse affatto bisogno. Ma mi bruciavano le mani dalla voglia di toccarla, di tastarla tutta e marchiarla a vita con i miei segni, quelli che le lasciavo quando stringevo troppo forte o le facevo schioccare gli schiaffi sulla pelle.

«Sì, sì, così...», gemette, poi mi si contrasse attorno ancora una volta, e lasciai perdere il suo seno solo per afferrarla dalla nuca e schiantarle la bocca sulle labbra.

Porca miseria.

La travolsi in un bacio urgente, vorace in qualsiasi fattezza e forma, avvertendo una familiare tensione avvilupparmisi nello stomaco. Era sempre incredibilmente bello.

Lei affondò le unghie nelle mie scapole ancora di più, tirò indietro la testa e mi costrinse a seguirla per non interrompere il bacio rude che ci stavamo dando.

A quel punto i movimenti si fecero scoordinati, i gemiti rumorosi. Non la vedevo,  l'orgasmo in arrivo oscurava tutto, ma la sentivo: eccitante oltre ogni indecenza.

Stretta, bagnata, mia.

Venimmo quasi all'unisono, lei mi anticipò di un paio di secondi e mi apprestai a godermi ogni singolo millesimo di quell'attimo consumante: il modo in cui le sue pareti pulsavano attorno al mio cazzo; lo schiacciavano, lo illudevano di lasciarlo e poi tornavano a pressarlo con maggiore enfasi. Era il paradiso.

Athos. Tessitrice di FavoleWhere stories live. Discover now