Capitolo cinque.

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«In parecchi davano per scontato la sua sconfitta, The Venomous

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«In parecchi davano per scontato la sua sconfitta, The Venomous. Cosa vuole rispondere a coloro che continuano a remargli contro, nonostante il titolo e il debutto avvenuto con successo?».

Mi inumidii le labbra, soppesando la figura mingherlina della giovane giornalista — probabilmente era la sua prima trasferta — e sospirai contro il microfono. Le interviste post match erano sempre una gran rottura di palle.

«Non me ne frega un cazzo». Schioccando la lingua sotto al palato, sotto lo stupore collettivo della stampa, mi slacciai il nodo della cravatta. «Per oggi ho finito. Adesso date un po' di considerazione anche al povero Ismael».

Malik si spiaccicò un palmo sul volto, esasperato dai miei modi poco cortesi, e io abbandonai la sala conferenze per dirigermi nel mio camerino senza guardarmi alle spalle nemmeno una volta.

Sentivo la mia squadra tallonarmi, ormai abituati al mio menefreghismo, e mi veniva da sogghignare. Non ero mai stato un tipo loquace o amichevole. Tutt'altro. Mi infastidivano le persone. Soprattutto quando volevano impicciarsi dei fatti miei.

Non per niente il mio atteggiamento era motivo di discussione sia all'interno che all'esterno dell'UFC. Mi definivano poco sportivo. Ma finché avessi continuato a far parlare di me, incassare vittorie e portare audience, allora nessuno avrebbe mai avuto nulla da ridire.

Nessuno, tranne mio fratello. Cazzo.

«Per l'amor di Dio, Athos, possibile che tu non riesca a rispondere a una singola domanda? Una te ne chiedo, soltanto una!».

Inarcai un sopracciglio, squadrandolo nel suo taglio blu oltremare, poi strinsi le spalle. «L'ho fatto. La tipa mi ha chiesto cosa volevo dire a quegli sfigati e io ho chiarito quanto poco me ne fregasse».

«Gran bella risposta, stronzo. Potevi fare di meglio».

«Potevo», confermai, lasciandomi cadere nella poltrona. «Ma non volevo, non voglio e non lo vorrò. Questione chiusa».

Mi sporsi verso il tavolino da salotto, afferrai la bottiglia di bourbon e me ne versai due dita, mentre Malik sbuffava e continuava a incenerirmi con lo sguardo.

«Non potrai fare il fighter per sempre, Athos».

Sorseggiai il liquido ambrato, lasciando che mi bruciasse lungo la gola. «Wow, grazie per la news, Sherlock».

«Tra dieci anni dovrai lasciare il posto a qualcun altro, e cosa ne sarà di te, di me, di noi? Devi iniziare a farti apprezzare dal pubblico, a essere più disposto nell'ambiente mediatico, maledizione, altrimenti finiremo tutti nel dimenticatoio! Lo capisci o no?».

Inclinai la testa e osservai mio fratello, il bicchiere oscillava nella mia mano destra. Aveva i capelli castani ordinati in un ciuffo e la barba appena accennata ben curata. Il completo d'Hugo Boss lo fasciava alla perfezione.

Athos. Tessitrice di FavoleWhere stories live. Discover now