Prologo

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Due anni prima

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Due anni prima.

Volevo ucciderla. Darle tutti gli schiaffi che, evidentemente, non aveva ricevuto da piccola e poi rinchiuderla in un cazzo di manicomio.

Volevo uccidere anche me. Per essermi fatto abbindolare da un paio di occhi blu e due cosce che avevano la brutta abitudine di aprirsi a comando.

Porca troia.

«Devi aiutarmi, Athos», continuava a piagnucolare, attaccata al mio braccio come una morta di fame. Cosa che non era così sbagliata, in fin dei conti.

Della ragazza con cui me l'ero spassata durante il college non ne era rimasto granché. La pelle di porcellana, che un tempo sapeva di seta, adesso era divenuta pallida e smunta, costellata da irritazioni e croste sugli avambracci.

I capelli che ricordavo fossero invidiati da metà popolazione femminile erano stati sostituiti da ciocche sporche, spezzate. E i suoi occhi si erano spenti. I denti si erano ingialliti e le ossa le si potevano contare senza nessun problema.

Meghan era morta.

«Io non devo proprio un cazzo», ringhiai, sull'uscio della porta. «Non te lo ripeterò di nuovo, Meg. Vattene via e non farti più vedere da queste parti, altrimenti giuro sulla mia famiglia che la gente con cui ti sei indebitata sarà l'ultimo dei tuoi problemi!».

«Per favore, Athos, per favore...», singhiozzava, scorticandomi i polsi, mentre inciampava sui gradini dell'ingresso. La spinsi all'indietro, prima che potesse mettere piede in casa mia. «Non ho più un dollaro, verranno a cercarmi, mi uccideranno e poi se la prenderanno anche con lei. Se non vuoi farlo per me, allora fallo per...»

«Non ti permettere», sibilai, a un fiato dal suo volto. «Non osare metterla in mezzo, cazzo. Dovresti soltanto vergognarti di te stessa. Avevi tutto Meg, non ti mancava niente, e hai deciso di buttarlo nel cesso, perché sei soltanto un'egoista. Una drogata del cazzo. E non me ne frega niente se sei di nuovo nella merda, stavolta non ti aiuterò. Te la sei cercata da sola».

Grattandosi la guancia a scatti, fino a farla sanguinare, strizzò gli occhi, cercando ancora di farmi pena. «Va bene... va bene, i-io... troverò un modo», deglutì, le pupille vacue. «Però, fammela vedere. Voglio solo salutarla, dirle che le voglio bene, che tornerò presto e... stringerla... e... i-io...»

«Hai avuto tutto il tempo del mondo per poterlo fare, adesso è troppo tardi», la interruppi, brusco. Non esisteva che la facessi entrare in casa mia. «Ci vediamo all'inferno, Meghan».

Feci per sbatterle la porta in faccia, ma il suo piede si insinuò in fretta in quella stretta fessura, impedendomi di tagliarla fuori una volta per tutte. Dopodiché deboli pugni iniziarono a tempestarmi il petto, alternati da sussulti.

«Non puoi farlo, Athos! Non puoi!», singhiozzò ancora, tentando di darmi uno schiaffo, ma le afferrai il polso e glielo torsi, intimandole di smetterla.

Athos. Tessitrice di FavoleWhere stories live. Discover now