Capitolo ventidue.

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Il martedì trascorse in fretta, fra una lezione e l'altra e la pioggia che non voleva saperne di smetterla di picchiare in tutta la sua furia

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Il martedì trascorse in fretta, fra una lezione e l'altra e la pioggia che non voleva saperne di smetterla di picchiare in tutta la sua furia. L'aria profumava di una strana elettricità.

Ormai era da venerdì che il tempaccio gravitava su mezza California, colonizzandola. Nonché dall'ultima volta che avevo visto e sentito Athos.

Non aveva mai risposto al mio messaggio, nel quale lo accusavo brutalmente di essere solo un bugiardo, e di certo non avevo osato più farmi viva io.

Passai quella serata a mangiare gelato insieme a Chandra e a sentirla raccontare una delle sue tante avventure: a quanto pareva, a breve avrebbe iniziato il suo tirocinio al San Quentin. Lei sì che aveva una vita entusiasmante. Io avrei cominciato il mio soltanto a secondo semestre inoltrato.

Tentai in tutti i modi di farmi distrarre dal suo timbro caldo e inflessibile, dono di una calma tropicale, ma i miei pensieri navigavano per voli pindarici loro, incuranti di ciò che desideravo io.

«Cristo, R, alza il culo e vai a prenderti quello che vuoi», aveva sbottato Chandra a una certa, quindi, quando non era più riuscita a reggere la mia smorfia pensierosa. «Non ha alcun senso che tu te ne stia qui a fasciarti la testa e a riempirtela di mille paranoie. Non ti sta bene il modo palese in cui ti sta ignorando? Bene, presentati a casa sua, bussa alla porta e diglielo in faccia! Che cazzo, non devi sempre aspettare che siano gli altri a farlo per te, tesoro».

E aveva ragione. Su tutta linea.
Probabilmente quello fu il discorso più intenso e d'impatto che CeCe mi avesse mai fatto, considerando che non mi aveva mai rimproverata per nulla, e ciò servì a colpirmi con maggiore forza.

Tuttavia... io non sapevo che cosa volevo. Il punto era quello: perché mi sentivo infastidita? Che problema c'era? Che pretendevo?

«Non c'è niente di male nell'ammettere che ti senti attratta da lui, Rora», aveva ripreso Chandra, una punta di dolcezza nella sua voce a farmi sospirare, mentre mi incastrava nei suoi occhi blu. «È normale ciò che senti. Nell'ultimo mese avete passato un sacco di tempo insieme. Ti ha fatta sentire desiderata, voluta. Ti ha aiutata come in pochi avrebbero fatto. Ti ha dato un assaggio del suo mondo e tu, adesso, ne vuoi ancora. Ma lui te ne sta privando e questo ti fa impazzire, come è giusto che sia. Perché sarebbe strano il contrario, sai?».

Fu allora che mi resi conto che, nonostante il ghiaccio di cui era fatta, Chandra era brava a capire le persone. Non le mancava l'empatia, semplicemente sceglieva chi fosse meritevole di riceverla.

E fu solo grazie alla spintarella metaforica che mi diede che radunai il coraggio per mandare giù l'orgoglio e attraversare la tormenta di mercoledì pomeriggio. Letteralmente. Il diluvio universale non aveva intenzione di cessare.

Mi presentai così a casa McDravhion, vestita di pioggia e capelli zuppi, con l'infuriare dei tuoni ad accompagnare ogni mio singolo passo.

Athos. Tessitrice di FavoleOnde as histórias ganham vida. Descobre agora