Capitolo venticinque.

49K 1.6K 1K
                                    

«Di recente mi sono imbattuta in determinati articoli, davvero, ne ho letti parecchi, eppure il mio unico pensiero a ogni straccio di giornale concluso è stato: sconfortante

Oops! This image does not follow our content guidelines. To continue publishing, please remove it or upload a different image.


«Di recente mi sono imbattuta in determinati articoli, davvero, ne ho letti parecchi, eppure il mio unico pensiero a ogni straccio di giornale concluso è stato: sconfortante.
Perché sì, trovo maledettamente sconfortante il fatto che dei giornalisti continuino a sbagliare il pronome di persone che si identificano in un determinato genere, o che magari non si identificano affatto, discriminandone l'identità, quasi fosse una banalità, un gioco.
Ho letto di nomi ripescati dall'anagrafe, un perfetto modo per dare fuoco a percorsi di vita che non possiamo immaginare neanche lontanamente.
E, allora, mi chiedo... perché, cari giornalisti, non concentriamo gli sforzi su altre ricerche più esigenti e corrette?
Se volete, posso anche riportarvi un po' di numeri.
Posso dirvi come sei persone su dieci, appartenenti alla comunità stessa, abbiano paura di tenersi la mano in pubblico. Posso farvi presente di come un omosessuale su cinque subisca molestie sessuali e verbali, o di come un transgender su quattro debba affrontare aggressioni in sequenze ripetute.
Sapete che il 30% di questi riesce a scampare le discriminazioni sul campo lavorativo? Il 30%!
Ciò vuol dire che il restante 70% deve subire e stare in silenzio, e qui parlo di coloro che si dichiarano, perché si stima una media del 61% di coloro che si astengono dal rivelare la propria identità. Per paura.
E non ho il coraggio di riportare il numero delle vittime, né tantomeno di coloro che hanno sporto denuncia e non sono stati ascoltati. O di quelli che non ci hanno nemmeno provato a denunciare.
Solo... perché?
Perché non riuscite ad accettare qualcosa di diverso da noi? Perché vi dà fastidio l'idea di una persona che ama un'altra persona? Vi spaventa il pensiero che si può vivere liberamente senza attaccarsi un'etichetta addosso? O di qualcuno che ha capito di aver sbagliato corpo in cui nascere? Non è mica colpa sua.
Io, sul serio, non riesco a capire che cosa vi urti così tanto. Non vi piacciono i colori? Non vi piacciono le persone felici?
Mi fa ridere che nessuno si degni neppure di parlare liberamente di certi argomenti nelle scuole, poiché timorosi che così si possa plasmare le menti degli adolescenti e dei bambini, quando invece sarebbe soltanto un primo passo abbattere l'idea che per appartenere al circolo dei normali allora bisogna essere eterosessuali e cisgender. Ridicoli!
E non so se sia ancora più patetica la destra che, per offendere e discriminare, si appella al diritto della libera espressione, come se uccidere una persona dentro e costringerla a uno stato che non le appartiene fosse sinonimo di opinione o pensiero, o la sinistra, che sfrutta la situazione per moda e consensi e a conti fatti ti pianta il coltello nella schiena.
Ecco, meglio che non mi metta a proseguire, che ne avrei tanto altro da dire, ma non sarà mai quanto le vittime di prima persona. E vorrei tanto che venissero ascoltate loro.
Quindi, niente, questo è ciò che metterei per iscritto se fossi un giornalista.
E per oggi, folks, dalla vostra Rora Lebowski è tutto.
Motto del giorno: aggrappatevi pure a Dio, che alla diversità ci pensiamo noi ad amarla.
Buona Alba».

Tolsi le dita dal bottone di registrazione, lanciai le cuffie sul tavolo e mi sfregai le mani sul viso, sbuffando. Presa dalla foga, ero sfociata troppo nell'ambito politico. Avrei avuto un richiamo per quello, lo sapevo bene, ma non me ne importava granché.

Athos. Tessitrice di FavoleWhere stories live. Discover now