Capitolo ventisei.

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Lasciai la Silicon Valley a salutarmi dallo specchietto retrovisore, il piede ben pigiato sull'acceleratore e il muso della mia MC20 a mangiarsi l'Embercadero Rd

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Lasciai la Silicon Valley a salutarmi dallo specchietto retrovisore, il piede ben pigiato sull'acceleratore e il muso della mia MC20 a mangiarsi l'Embercadero Rd.

La furia mi si stava ammassando sotto la pelle, scricchiolava come facevano i miei denti digrignati. L'avrei ucciso.

«Forse dovresti un attimo calmarti», azzardò Rora, parlandomi con un tono di voce esitante, nemmeno fossi un fottuto bambino.

Strinsi il volante tra le mani. «Già, infatti. Perché non ci ho pensato prima? Grazie del suggerimento, Einstein».

«Ehi, non prendertela con me adesso! Dico solo che un ragazzo non può farsi espellere senza alcuna ragione. Qualunque cosa Nike abbia fatto, deve esserci un motivo dietro. Qualcosa che l'ha fatto scattare. E se ti presenti da lui già con questa faccia imbronciata e l'intento di dargli addosso, peggiorerai soltanto la situazione».

«Sì, tutto molto corretto. Quindi giustifichiamolo pure, battiamogli anche il cinque e tanti bei complimenti, Nike! Insegniamogli che esplodere e fare il pazzo è sempre la soluzione giusta, e quando un domani diventerà un cazzone che sa solo fare a pugni e distruggere le cose candidiamolo alla presidenza. Wow, mi sembra un gran bel piano».

Rora emise un sospiro secco, si batté un manata sulla coscia, voltandosi verso di me bruscamente. «Non era quello che intendevo, e tu lo sai. Smettila di parlarmi come se fossi un'idiota».

«E tu smettila di dire idiozie, cazzo».

«Perché adesso stai facendo lo stronzo con me, Athos? Non sono tuo fratello e nemmeno un puchingball verso cui sfogare la tua rabbia. Se devi calmare i tuoi bollenti spiriti, abbassa il finestrino».

Maledizione, aveva ragione. Stavo facendo lo stronzo con lei, ma ero io troppo irritabile e Lebo troppo irritante.

Ero talmente incazzato con Nike che a momenti avrei potuto scardinare via lo sterzo e lanciarlo fuori. Le nocche sbiancarono, il respiro mi si incastrò in gola e rivoli di sudore freddo mi colarono giù per la schiena.

Non avevo voglia di litigare anche con Lebo, la mia testa era già un marasma sul punto di esplodere, quindi, a mascelle contratte e in silenzio tombale, allungai la mano e l'appoggiai sulla sua coscia scoperta, stringendola.

Le dita premettero nella sua carne, i polpastrelli affondarono fino a riempirmi il palmo, e il polso in tensione si sciolse.

Rora prese un respiro profondo, poi tirò giù il finestrino per far uscire fuori l'aria viziata e rinfrescare i nostri nervi allo sfascio.

Ingoiai le parole malevole che volevo buttare fuori, piuttosto sfregai l'indice nell'interno della coscia e, di riflesso, lei strinse le gambe bloccandomi in mezzo.

Il tessuto dei pantaloncini, i filamenti dello jeans mi sfiorarono la pelle quando feci scivolare la mano più in alto. Il cuore picchiò con forza contro lo sterno.

Athos. Tessitrice di FavoleWhere stories live. Discover now