Capitolo nove.

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Trattenni per me l'ennesima imprecazione quando finii con il culo a terra ancora una volta

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Trattenni per me l'ennesima imprecazione quando finii con il culo a terra ancora una volta. Di quel passo, le mie chiappe avrebbero finito per appiattirsi.

Ma mi rialzai in piedi di nuovo. Avevo insistito io, me l'ero cercata, tutto pur di poterla smettere con quegli infiniti esercizi che avevano soltanto lo scopo di ridurmi a un agglomerato di molecole sciolte. Perciò non potevo piangermi addosso e farlo gorgogliare di soddisfazione.

«Sei sbilanciata».

«L'avevo capito già alla prima delle tredici volte in cui me l'hai detto nell'ultima ora».

Athos arcuò un sopracciglio, spocchioso all'inverosimile. «Ah sì? A giudicare dal risultato, non mi sembra che tu abbia recepito il messaggio».

Mi morsi la lingua e non per trattenere una rispostaccia. Far violenza su me stessa mi impediva di rovesciarla su di lui. Fisicamente.

«Sei un pessimo insegnante», ringhiai. «Dirmi che sto sbagliando in quel modo ovvio e saccente non mi aiuterà a capire la soluzione!».

«Okay, riformulo». Forzò il sorriso più falso del mondo. «Il tuo centro non è allineato».

Ero a tanto così dall'aggredirlo.

«E in quale modo questo scambio di parole potrebbe essermi d'aiuto?».

A quel punto Athos sbuffò, scocciato dal mio tono aspro e la difficoltà che stavo riscontrando nell'apprendere, cosa che mi fece stizzire ancora di più. Erano giorni ormai che andavamo avanti a morsi e scontri, tra sguardi astiosi e battute al vetriolo.

Eppure io ero ancora lì. E lui anche.

«Magari nel farti capire che la tua maledetta postura è sbagliata. Non mi sembra così difficile da intuire, Lebo, come non dovrebbe esserlo comprendere che dipende tutto dal modo in cui posizioni i piedi. Ma l'hai studiata anatomia o fingi solo di frequentare?».

Spalancai la bocca, offesa fino al midollo dalle sue insinuazioni. Sbaglio o quello stronzo mi stava dando della stupida capra?

Il ghigno derisorio con cui aveva accompagnato quelle parole poi... gli fui addosso prima ancora di aver metabolizzato. Volevo soltanto togliergli via quell'espressione dalla faccia a suon di pugni.

E la mia rabbia crebbe quando Athos riuscì a schivarmi con pigra agilità, divertito. Negli ultimi tre allenamenti in cui ci eravamo visti avevo tentato di rompergli il naso un numero indefinito di volte e lo avevo sempre mancato.

Strinsi i denti con forza, cercando di soffocare la frustrazione.

«Cominci a diventare troppo prevedibile», disse, schioccando la lingua sotto al palato. «E ora metti i piedi nel modo giusto. Bilancia il peso, Lebo».

Athos. Tessitrice di FavoleWhere stories live. Discover now