Capitolo ventitré.

48.8K 1.8K 1.6K
                                    

La terra mi tremò sotto ai piedi, e ci volle un attimo di troppo prima di comprendere che non erano le labbra di Rora il motivo

Ups! Gambar ini tidak mengikuti Pedoman Konten kami. Untuk melanjutkan publikasi, hapuslah gambar ini atau unggah gambar lain.


La terra mi tremò sotto ai piedi, e ci volle un attimo di troppo prima di comprendere che non erano le labbra di Rora il motivo. Che se mi sentivo scuotere, non era colpa del bacio che ardevo di darle.

No, si stava verificando un cazzo di terremoto e, a giudicare dal modo imbarazzante in cui persi l'equilibrio, doveva essere anche di un magnitudo abbastanza alto. Fottuta faglia di Sant'Andrea.

Spalancai gli occhi, i pensieri che sfrecciavano in fretta. «Mitch!», gridai, afferrai Lebo dal polso e la trascinai verso la porta.

Le placche continuavano a scontrarsi, a far vibrare l'aria e il mondo, e cademmo a terra. Sentivo rumori di vetro infranto e oggetti che colpivano il pavimento. E allora presi a gattonare con Lebo, sconvolta, ancorata al mio braccio in tensione.

«Nike, Omega!», urlai ancora, arrampicandomi sulle scale. «MITCH!».

Stava durando troppo. Nessuno mi rispondeva. E io non ero abbastanza veloce.

Sapevo che stavano tutti bene, non poteva essere altrimenti, eppure punture di panico continuavano a iniettarmi il loro veleno nelle vene.

«Athos, resta calmo», suggerì Lebo, standomi accanto. «Se continui ad agitarti in questo modo, cadremo entrambi. Riprendi l'equilibrio».

Strinsi i denti, aveva ragione. Dovevo ritrovare la mia stabilità, ma in testa avevo solo la mia famiglia, avevo l'immagine di una Mitch rannicchiata e spaventata.

Perciò continuai a schiacciare le ginocchia sui gradini gelidi, con la mano premuta alla parete per non oscillare troppo e sbilanciarmi all'indietro. Tenni l'altro braccio attorno a Rora, per assicurarmi che anche lei stesse bene, e trascinai entrambi fino in cima.

«Mitch!», richiamai di nuovo quando raggiunsi la porta del piano terra, mentre il mondo tornava alla normalità. «Ragazzi, dove siete?!».

C'era urgenza nella mia voce. C'era paura. E dovette percepirla anche Rora, perché non si fermò a chiedermi nulla, non si prese un secondo per respirare e guardarsi attorno.

«Andiamo, forza».

Incastrò le dita nelle mie, le falangi intrecciate, e corse insieme a me verso il salotto principale, vuoto, ma da cui iniziavano a sentirsi delle voci.

«La family room», dissi, più sollevato, e varcai la soglia.

Non feci nemmeno in tempo a mettere piede nella stanza o a separarmi da Lebo, che Mitch corse da me urlando. La presi in braccio al volo e me la tenni stretta stretta al petto, le dita impigliate fra i suoi capelli biondi e il cuore a battere come un pazzo.

«Oh mio Dio», sussurrai, la guancia premuta contro la sua testolina. «Stai bene? Ti sei spaventata? Non ti sei fatta niente?».

Scostai il capo per guardarla, per immergermi nei suoi occhietti azzurri, nelle guance morbide e la bocca a bocciolo di rosa. Che bella che era.

Athos. Tessitrice di FavoleTempat cerita menjadi hidup. Temukan sekarang