Capitolo trentacinque.

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«Oggi farò un podcast un po' diverso dal solito, un po' particolare, ma spero che lo apprezzerete comunque, perché per farlo mi sto prendendo a morsi l'anima e sbriciolando quel poco di coraggio che ho

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«Oggi farò un podcast un po' diverso dal solito, un po' particolare, ma spero che lo apprezzerete comunque, perché per farlo mi sto prendendo a morsi l'anima e sbriciolando quel poco di coraggio che ho.
Ebbene, da dove inizio?
Magari dal dire che vorrei fosse più facile.
Che vorrei davvero tanto che una donna su tre non fosse stata violentata, picchiata oppure abusata almeno una volta nella vita.
Vorrei che la violenza domestica non fosse la causa principale di morte o gravi lesioni permanenti per le donne, più di un tumore, più di incidenti stradali.
Sapete che solo negli Stati Uniti più di settecentomila donne subiscono violenze o altre forme di aggressione sessuale ogni anno? E la maggior parte di loro non denuncia lo stupro.
Shamela, quindici anni data in sposa a un marito più vecchio che la violentava e picchiava. Si è suicidata.
Elisa, ventidue anni, voleva respirare dopo mesi e mesi costretta in una relazione tossica. Il suo ex non era d'accordo. Le ha squagliato la faccia con l'acido cosicché nessun altro avrebbe potuto averla.
Rose, diciassette anni compiuti in discoteca per divertirsi, peccato che quel tipo che le sembrava carino le abbia infilato una pasticca nel bicchiere, e lui e i suoi amici l'hanno violata a turno. Ancora oggi non si sa chi dica la verità, anche se i giornali dicono che la ragazzina fosse vestita in modo troppo provocante.
Tilde, venticinque anni, ha commesso l'errore di fidarsi di un ragazzo. Non nel mandargli un video dove mostrava il suo corpo. Ha commesso l'errore di essere ingenua. E ha dovuto cambiare città quando non ha voluto arrivare al sodo con lui e il video è diventato virale.
Valerie, trentun anni, il suo capo le sembrava troppo opprimente. Quei messaggi, quegli sguardi, quegli incontri casuali... ma no, signorina, le ha detto la polizia, sarà solo una sua impressione.
Va bene, signorina, le hanno detto la seconda volta, mettiamo un ordine restrittivo.
E va bene, signorina, le hanno detto la terza volta, stiamo arrivando.
Non hanno mai fatto in tempo, e Valerie non ha mai potuto cambiare lavoro.
Julia, quarant'anni, quindici di matrimonio e ventisei cadute dalle scale. All'ospedale si accontentavano delle bugie, che scavare a fondo è sempre troppo difficile. Alla ventisettesima niente pronto soccorso, direttamente all'obitorio.
Rora Lebowski, diciannove anni, e pronta a denunciare anche per chi non ha fatto in tempo, per chi non ha avuto il coraggio e per chi non è stato ascoltato.
Se stai ascoltando... se mi ascolterai, non lo so. Ma... mi hai capito, Rhett Grayson?
Io vado a denunciarti.
E se non sarà un ordine restrittivo a fermarti, lo farà la mia voce. Una voce che tu non spegnerai mai.
Non mi importa di chi sei figlio, non mi importa se sei immobile su un letto appena ritornato dall'aldilà e non mi importa se adesso hai paura.
Perché a te è fregato qualcosa della mia?
O della mia ansia ogni volta che uscivo da lezione e tu eri lì nei corridoi?
E io mi dicevo tranquilla, Rora, qui siamo nei corridoi. Qui non potrà farti del male.
E questa è cosa sbagliatissima, un pensiero che nessuno al mondo dovrebbe mai fare.
Ho dovuto nascondere tre lividi ai miei amici, perché a un certo punto ho iniziato io a pensare di essere paranoica.
D'altronde... sono solo insulti.
È un ragazzo arrabbiato, mi sta dando della puttana, ma non mi farebbe mai niente.
Sono solo messaggi insistenti.
È un ragazzo rifiutato e arrabbiato, mi sta solo riempiendo di tanti messaggi, ma non mi farebbe mai niente.
Sono solo minacce.
È un ragazzo ferito, rifiutato e arrabbiato, mi sta solo dicendo che mi odia e che mi farà pentire di tutto, che non mi lascerà andare, ma non mi farebbe mai niente di male.
Sono solo appostamenti.
È un ragazzo che non si rassegna, ferito, rifiutato e arrabbiato, mi sta solo tenendo d'occhio perché gli fa male vedermi libera e felice senza di lui, ma non mi farebbe mai del male.
Sono solo lividi.
È un ragazzo problematico. E non è vero che non mi farebbe mai del male.
L'ha già fatto al primo insulto, l'ha già fatto ogni volta che ho spento il cellulare, che ho chiuso le tende o ho aspettato per ultima per uscire dall'aula.
L'ha fatto, passo dopo passo, togliendomi un pezzo alla volta e riempiendomi di paura.
E io ora vado a denunciare tutto questo, Rhett Grayson, perché non voglio più avere paura di te e non voglio che ce l'abbia qualcun altro.
Ti vado a denunciare, cazzo, a discapito di tutti i Marcus maschilisti del mondo, come il mio direttore radio, che si ostinano a dire che noi donne siamo paranoiche, che siamo inutili, che ci vittimizziamo e chi più ne ha ne metta.
Beh, vaffanculo.
Io non ci sto più.
Noi siamo le vittime, noi siamo quelle svantaggiate che devono lottare per meritarsi le cose, e va bene così.
Ma magari di questo continuano a parlarne un altro giorno.
Adesso devo correre alla stazione di polizia, che ci sono i miei amici qui fuori che mi aspettano per darmi supporto, dopo che mi hanno ascoltata per tutta una notte, e più tardi chiamerò i miei genitori, perché anche loro devono sapere. Devono sapere tutti.
E per oggi dalla vostra Rora Lebowski è tutti, folks.
Motto del giorno: meriti di vivere senza paura.
Buona Alba».

Uscii dallo studio di registrazione, ignorando Marcus e la sua bocca spalancata.

E là, illuminati da freddi raggi mattutini, in riga, Chandra, Eloise, Kris e Drew. Deglutii, svuotata, gli occhi pieni di lacrime e incredula di quanto avevo appena fatto.

Chandra abbozzò un sorriso e mi porse la mano. «Andiamo, Rora. Meriti di vivere senza paura».

Cooortissimo, lo so, ma andava così

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Cooortissimo, lo so, ma andava così.
Spero apprezzerete comunque.

Athos. Tessitrice di FavoleWhere stories live. Discover now