Capitolo diciotto.

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Non solo non si era presentata, Rora Lebowski aveva avuto anche l'ardire di inviarmi un messaggio per informarmi che non voleva più avere niente a ché fare con me

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Non solo non si era presentata, Rora Lebowski aveva avuto anche l'ardire di inviarmi un messaggio per informarmi che non voleva più avere niente a ché fare con me.

Da uomo paziente che mi ritenevo di essere, le avevo quindi risposto con un banale: Porta il culo qui.

E lei? Nemmeno l'onore di due spunte blu.

Avevo lasciato correre quel giorno. Ma soltanto perché la scuola di Nike aveva chiamato, di nuovo. A quanto pareva, un litigio con la sua preziosa mi amor era stato l'innesco perfetto di una bomba esplosa negli spogliatoi maschili.

Cinquecento settantadue dollari di danni e quattro giorni di sospensione, più un'altra generosa offerta affinché il suo curriculum scolastico non venisse macchiato, in caso a Nike fosse mai balzata per la testa l'ipotesi del college. E anche per non fargli perdere l'anno.

E mentre nella family room ero ben occupato a dirgliene di tutti i colori e stampargli ben cinque dita sulla guancia, poiché mi aveva sul serio rotto il cazzo il suo atteggiamento, Omega era caduto dalle scale.

Chiamata al medico d'urgenza. Caviglia fratturata.

Poi si era aggiunto Raving, con la sua brillante idea di fargli fumare dell'erba per alleviargli il dolore e che non voleva saperne di rivestirsi, e Vergo che aveva comprato un cazzo di biliardo nuovo perché quello che già possedevamo non gli piaceva più.

Risultato? Casa mia si era riempita di operai. Oltre al biliardo, fatto scoperto solo con il senno di poi, c'era anche un jukebox e una poltrona reclinabile.

«Questa villa ha bisogno di una tana», si era giustificato.

Ilia forse aveva osato darmi una mano in quel mare di caos. Non ne avevo idea. Non lo guardavo neppure in faccia. Se l'avessi fatto, l'avrei gonfiato come un fottuto pesce palle.

Hamish? Hamish si era portato dietro il suo ragazzo e, insieme, si erano dati alla cucina per qualcosa che nemmeno volevo sapere.

Tuttavia, il pezzo forte era arrivato quando Mitch aveva cominciato a piangere e gridare perché la treccina che le avevo fatto non era abbastanza sottile.

Oh, vaffanculo.

Il risultato? Avevo finito per tirare giù la Madonna dal paradiso e chiuderla con loro al mio posto, perché io me n'ero bello che andato a prendere un volo per Las Vegas insieme a Malik e al resto del team. Incluso mio padre, di cui magari avrei volentieri fatto a meno.

Così avevo trascorso il martedì. Dopo la riunione con il Presidente dell'UFC nella sede centrale, dove avevamo stabilito l'incontro a sette settimane di distanza, proprio sotto Natale, ci eravamo dati tutti alla baldoria.

Casinò, soldi, belle donne che non avevano capelli rossi e whiskey a volontà.

E non avevo pensato nemmeno per un istante a quella stronza di Lebo, mentre mi fottevo una ricca ereditiera dai capelli a caschetto nella sua camera d'hotel.

Athos. Tessitrice di FavoleHikayelerin yaşadığı yer. Şimdi keşfedin