Capitolo diciannove.

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Era impazzito

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Era impazzito.
Completamente andato.
Oppure il mio cervello aveva cominciato a giocarmi brutti scherzi.
Non avevo altre spiegazioni.

Sei una fantasia.

Per tutto il tragitto in auto, intanto che ci allontanavamo da Stanford e la pioggia picchiava con insistenza sul parabrezza, non avevo distolto nemmeno per un istante lo sguardo dal suo profilo tagliente.

Temevo che potesse svanire da un momento all'altro, dimostrandosi per la burla che credevo che fosse.

Ho bisogno del mio angolo di pace.

«Smettila di fissarmi», borbottò, scorbutico, le dita strette attorno al volante.

No, okay, era lui. Vivo e reale. Forse aveva fumato qualcosa.

«Attento a come ti rivolgi alla tua pace».

Athos mi scoccò un'occhiataccia in tralice, poi allungò la mano e alzò il volume dell'impianto stereo. Radioactive pulsò dalle casse, facendomi vibrare la spina dorsale.

Mi piace la tua compagnia.
Chissà come mi avrebbe trattata se non le fosse piaciuta.

L'Universo nel frattempo quasi si riversò sulla Terra, cadendo a fiotti, mentre i tuoni ogni tanto sovrastavano la musica. Una strana aria elettrica vigeva nell'aria, tirava la tensione e ci metteva in uno stato di allerta.

Soprattutto quando Athos avvolse il cambio nel suo palmo e lo spostò su sport, azionando tutte e quattro le ruote motrici. Lasciò la mano lì, non la spostò, la tenne in bella vista sotto ai miei occhi.

Quelle dita affusolate erano state dentro di me.

Mi morsi l'angolo della bocca, inghiottii un gemito amaro e registrai la visione delle vene che gli solcavano il dorso, il polso massiccio, virile, e il Rolex che rifletteva la scarsa luce dell'abitacolo.

Cazzo.
Smettila, Rora.

Stringendo le cosce, diedi un colpo di tosse alla ricerca del mio contegno. Cristo, avvertivo ancora la mia pancia bruciare al ricordo delle sue labbra schioccanti. Sentivo la sua stupida lingua scivolare in anfratti che di rado concedevo.

Percepivo lui, in un modo che mai avrei pensato potesse essere possibile.

Lo ignorai quando stese la mano sinistra per girare il volante, in vista dell'angolo che preannunciava l'ingresso della sua villa pazzesca. Stavo già sudando freddo e non mi aveva nemmeno guardata.

Athos. Tessitrice di FavoleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora