27.

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Era decisamente ciò che volevo evitare. Si struscia si di me e lascia dei baci umidi sulla mia mandibola, scende sul collo e poi torna su.

La afferro per i fianchi, la sollevo e la getto sul divano di fianco a me.

«Che cazzo stai facendo, Stella?» le grido allontanandomi da lei e pulendo la faccia dai suoi baci con la manica, come i bambini piccoli.

«Avanti, Gordon, come ai vecchi tempi. Sei diventato schizzinoso con gli anni?» mi chiede con il suo solito tono sibilante.

«No, mi sono fidanzato e devo sposarmi, ecco cosa è cambiato. Quel Gordon non esiste più!» esclamo mettendomi le mani tra i capelli.

Anche quei pochi secondi di contatto mi lacerano dentro. Lo sapevo che non sarebbe stata una buona idea. Una parte di me sapeva che sarebbe finita male, che qualcosa sarebbe andato storto. Eppure mi sono presentato lo stesso, nonostante tutte le voci dentro di me mi suggerissero il contrario. Non è cambiata, e io come un coglione sono entrato in casa sua e sono rimasto anche quando si è presentata solo indossando una maglietta.

È tutta colpa mia. Hanna sarebbe furiosa e anche io lo sarei a parti inverse. Mi sono arrabbiato senza alcun diritto quando ha baciato Ryan e non stavamo nemmeno insieme. Forse, dopotutto, non sono l'uomo che credevo di essere. E sono meno di quanto lei meriti.

«La tua ragazza è più morta che viva, Gordon, guarda in faccia la realtà. Probabilmente non si sveglierà mai e tu ti stai logorando nell'attesa che la tua bella addormentata apra gli occhi, ma non succederà. E dovrai andare avanti senza di lei. Illudersi è da stupidi ed è esattamente ciò che stai facendo tu» sputa, velenosa.

«Stai zitta, tu non sai niente. Non la conosci e non conosci neppure me. Sei tu che ti illudi se ancora credi di poterti mettere con me» le rispondo sempre più arrabbiato.

«Ammettilo che ti è piaciuto. Non scopi da tempo a meno che tu non abbia tradito Hanna. È il senso di colpa che ti ha spinto a scansarmi non l'amore che provi per lei» ribatte Stella, le guance rosse per il livore.

«Se solo tu avessi un briciolo delle qualità di Hanna saresti una persona migliore. Invece, oltre ad essere una stronza, sei anche una pessima amica!» dico, ed esco dall'appartamento sbattendomi la porta alle spalle.

Vaffanculo.

Lei non sa niente. Non deve permettersi di nominare Hanna. Non deve toccarmi. Invidiosa del cazzo. Non è cambiata, è sempre la solita immatura e viziata ragazza del liceo. Non la volevo anni fa e non la voglio ora. Piuttosto resto solo per sempre.

Le sue parole bruciano come carboni ardenti dentro di me. "È il senso di colpa che ti ha spinto a scansarmi non l'amore che provi per lei", ha detto. Che stronzata. Io amo Hanna. La amo più di qualsiasi cosa. Le darei la mia vita.

Il senso di colpa c'è, ma non come lo intende lei. Mi sento in colpa per quello che è successo e per non aver rifiutato il suo invito. Ma il mio amore è indiscutibile.

Se la amassi veramente la lasceresti andare, mi suggerisce una voce dentro di me. È una stronzata lasciare andare le persone che si amano. O no? Non lo so.

Tante volte mi sono ripetuto che Hanna merita di meglio, che sono un disastro e che ho sempre delle idee di merda. Che prendo decisioni sbagliate, sono frettoloso e impulsivo e ignoro le conseguenze delle cose.

Ma ha senso lasciarla? Se si ama, non bisogna cercare di essere una persona migliore per l'altro, smussare i difetti, mettere l'altro al primo posto?

È tutto così contraddittorio. Comunque si faccia, si sbaglia sempre. Nessuno mi aveva preparato a tutto questo. La mamma non mi ha insegnato che stare al mondo e amare non è come nei film. Non è semplice. Non è provare affetto, attrazione e sentimento. Non basta.

Non ricordo come erano i miei genitori, non ricordo il loro amore. Non so da cosa prendere spunto. Non è nei libri e non si studia a scuola. L'unica cosa che so è che non è come credevo. Non è gioia e cuoricini e fiorellini. È sofferenza, è dubbio, è incertezza, è errori su errori, sensi di colpa e notti insonni. È imprevisto.

Forse il vecchio me lo sapeva inconsciamente.

Vado nell'unico posto in cui mi sento al sicuro. In un meccanismo di autodifesa, i miei muri si rialzano a scudo e la macchina mi conduce senza che nemmeno ci debba pensare.

Parcheggio l'auto nel vialetto e scendo. In lontananza i rumori dei clacson della città e l'inquinamento luminoso che anche in periferia si fanno notare.

Apro la porta cercando di fare il meno rumore possibile. Tolgo le scarpe sullo zerbino all'ingresso.

«Chi va là?» chiede la nonna. Avanza con il bastone da passeggio in una mano, brandito come una mazza, e una torcia nell'altra. L'immagine mi fa ridere, ricordandomi un episodio di Leone il cane fifone.

«Sono io, nonna» rispondo accendendo la luce.
«Gordon, che bello vederti! Cosa ci fai qui? Ho di nuovo sbagliato a leggere le ore?» domanda cercando con lo sguardo l'orologio a pendolo.

«No, sono solo tornato tardi. Torna a dormire, non volevo svegliarti» dico in tono dolce. Quella signora, con il viso pieno di rughe, metà delle quali gliele ho procurate io, è ciò che di più simile a una madre io abbia mai avuto. E nonostante la sua anziana età e il mio essere ormai un uomo, leggo l'apprensione e la preoccupazione nei suoi occhi.

Sarò sempre un bambino bisognoso di aiuto per lei e lei sarà sempre disposta a darmene.

«Che succede, Gordon? Sembri così triste. Non credo tu sia venuto per una visita di piacere» sussurra come se qualcuno potesse sentirci.

Scuoto la testa, incapace di parlare. Improvvisamente la gola si è fatta arida, lo stomaco stretto in una morsa. Il mondo mi crolla addosso in tutta la sua pesantezza e mi sento un po' come Atlante, costretto a sorreggere la Terra sulle spalle.

Mi lascio cadere sul divano e stringo la testa tra le mani, i gomiti poggiati sulle ginocchia. La nonna si siede di fianco a me e cerca di appoggiarmi un braccio sulla spalla. È piccola e non ci arriva ma tenta comunque di avvolgermi nel suo scialle che profuma di gelsomino e sa di casa.

Comincio a piangere e mi accarezza la testa. Non doveva andare così. Non dovevo piangere, non davanti alla nonna. È tutto così stupido, io sono stupido, qui a singhiozzare come un moccioso.

«Racconta» dice solo e io lo faccio. Le dico di Hanna, dell'Energy, dell'incendio, della prigione, della proposta, dell'incidente e di Stella. Le racconto tutto, senza omettere nulla, e lei non dice niente. Mi ascolta e ogni tanto annuisce, non c'è giudizio nel suo sguardo. Anche se immagino non sia felice di sapere che il nipote che ha cresciuto con amore e dedizione è un tale disastro.

Restiamo in silenzio per minuti che sembrano anni, lei guarda me e io fisso il pavimento. Non mi ha mai lasciato e io mi sento svuotato, come il giorno dell'incidente dei miei genitori, quando la nonna era venuta a prendermi a scuola.

«Si sistemerà tutto vedrai» mi sussurra all'orecchio. «Non sarà semplice e verserai ancora tantissime lacrime, ma ti meriti tanto bene, Gordon. Non sei il disastro che credi di essere. Io sono fiera di te. E anche i tuoi genitori lo sarebbero.»

Una lacrima solitaria mi riga la guancia.
«La vita è dura, Gordon, ma noi lo siamo di più.»

👵🏻SPAZIO AUTRICE 👵🏻

Eccoci giunti alla fine del ventisettesimo capitolo di Energy.
Non dimenticatevi di lasciarmi una ⭐ o un 💌 il vostro parere è importante per me!
Gordon cade nella trappola di Stella e i dubbi cominciano a insinuarsi in lui. Riesce a trovare conforto solo nella nonna, sua consigliera da sempre.
Lasciare Hanna potrebbe essere una soluzione?
Stella sparirà dalla sua vita?

Non vi resta che scoprire le risposte nei prossimi capitoli! Un bacione!
ArielaNodds 💕

ENERGY 2: Lottare per amoreKde žijí příběhy. Začni objevovat