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Qualche tempo prima

Non so cosa ci faccio qui e ogni fibra del mio corpo suggerisce di andarmene. Getto il mozzicone di sigaretta ormai finito e soffio l'ultima boccata di fumo che mi lascia in bocca un sapore amaro disgustoso.

Perché sono tornato? Perché sei un masochista del cazzo, mi suggerisce una voce dentro di me. Ma non è solo questo, so che non lo è.

Mi volto fingendo noncuranza quando un gruppetto di persone esce dal cancello sul retro. Scruto tra la folla ma lei non c'è. I ragazzi non si accorgono nemmeno della mia presenza. E se uscisse da un'altra parte? Forse sarebbe meglio così. Ho visto come è scappata dal palco ieri, la tristezza negli occhi e il sorriso falso che cercava di nascondere le lacrime che minacciavano di uscire. Probabilmente nessuno se ne è accorto ma io sì.

Vedermi le ha fatto perdere il ritmo e non oso immaginare cosa succederà quando mi vedrà qui fuori ad aspettarla senza un apparente motivo.

Quando l'ho riconosciuta sul quel palco la sorpresa è stata come un pugno nello stomaco. Inizialmente ho pensato si trattasse di uno scherzo della mia mente ma più il tempo passava, più capivo che non era così. Mille domande hanno cominciato ad affollarmi la mente. Quante cose erano cambiate in un anno?

Il suo corpo è sicuramente diverso, non più bello ma semplicemente non come lo ricordavo. La sicurezza con cui si muoveva, la sensualità, il suo essere così provocante non sono cose a cui ero abituato. Poi, la gelosia ha cominciato a montarmi dentro. Avrei voluto far cadere i denti a tutti quei figli di puttana che la guardavano come fosse un pasticcino, che la acclamavano battendo le mani e urlando il suo nome. Non il suo nome, ma quello della spogliarellista che era diventata. Lola.

Sono sempre stato un tipo geloso, non invadente o troppo possessivo, ma quello era troppo persino per me. Avrei voluto salire sul palco, prenderla in braccio, e portarla dietro le quinte, in modo che nessuno la vedesse. Il pensiero è stato così chiaro e limpido da sembrare la cosa giusta da fare. Ma non potevo, e quel briciolo di razionalità che ancora avevo è prevalso sull'istinto.

Si è rifatta una vita senza di me, è chiaro. Egoisticamente però, spero non abbia un ragazzo che la faccia sorridere come facevo io, che le dedica canzoni e la abbraccia la notte. È sbagliato, lo so, perché il mio desiderio era quello che lei fosse felice lontano da me, che si dedicasse a qualcuno di meglio, ma la verità è che non riesco a immaginarla con nessun altro. Non ne ho alcun diritto ma sono un bastardo e questo non cambierà mai.

Quando vedo il belloccio di ieri sera uscire salutando Hanna ad alta voce sulla porta il mio stomaco si stringe in un nodo. È lui il suo nuovo ragazzo? Forse no, dal momento che non stanno tornando a casa insieme. Perché mi sto facendo così tante paranoie?

Mi appoggio al muro e fisso la punta delle scarpe in attesa che Hanna si degni di uscire da questo maledettissimo locale, ci sta mettendo un'eternità. Dopo minuti che sembrano anni, mentre sto meditando di entrare, un urlo agghiacciante mi riscuote dai miei pensieri.

Il mio corpo reagisce prima che la mia testa riesca a pensarci. Corro verso la porta sul retro e la spalanco con forza, seguendo le grida e i rumori e cercando di restare lucido. Ucciderò chiunque le stia facendo del male.

Quando vedo la mia ex ragazza sdraiata, inerme sul pavimento con un ciccione che la tiene ferma sotto di lui, perdo quel briciolo di autocontrollo che mi ero costretto a mantenere.

«Ehi, figlio di puttana, tieni giù le mani da lei o ti ammazzo!» ringhio e prima che lui riesca a girarsi lo strattono via dal corpo di Hanna. Quando gli sferro il primo pugno sul mento sento l'adrenalina cominciare a scorrermi nelle vene. L'effetto a sorpresa svanisce e lui cerca di afferrarmi per il collo ma è lento. Troppo.

Il rumore che sento quando il mio gomito impatta sul naso del maniaco è musica per le mie orecchie e i singhiozzi di Hanna non fanno altro che aumentare la mia rabbia. Una ginocchiata nello stomaco e al ciccione si mozza il fiato. Sento le nocche bruciare e il corpo muoversi da solo, spinto da una forza bestiale che consuma ogni traccia di umanità rimasta in me. La vista è ormai annebbiata e il mio avversario quasi non si difende più.

È solo la voce di Hanna che mi implora di smetterla a farmi rinsavire. Mi blocco di colpo, il pugno ancora a mezz'aria e mi accorgo della faccia tumefatta del figlio di puttana che ho davanti. La mia maglietta è imbrattata del suo sangue, ho le mani doloranti e il respiro affannoso. Non appena rilascio il colletto della camicia dell'uomo, questo ne approfitta per alzarsi ed andarsene, zoppicante ma ancora vivo.

Lei si getta tra le mie braccia, singhiozzando sul mio petto. La stringo forte e le bacio la testa cercando di rassicurarla, assaporando il piacere di averla così vicina, accoccolata contro di me. Le accarezzo la schiena, sembra così piccola e indifesa nel mio abbraccio.

Scuote la testa quando le chiedo se l'uomo le ha fatto del male ma so che è una bugia. Le ha messo le mani addosso e questo basta per farmi perdere le staffe. Codardo, pezzo di merda. Deve ringraziare il cielo che Hanna mi abbia fermato altrimenti non so cosa sarebbe successo. Anzi lo so, ma non voglio pensarci.

Non oppone resistenza quando le dico che la porterò a casa io. È ancora sotto shock e non voglio che le succeda qualcosa. Mi dà un indirizzo che non è quello di casa sua, ma non dico nulla. Soddisferò le mie curiosità sulla sua nuova vita quando starà meglio, per il momento mi basta saperla al sicuro di fianco a me.

«Che ci facevi lì?» chiede con tono curioso ma la voce roca di chi ha pianto. Sposta lo sguardo su di me e ho l'impressione che mi stia studiando, che cerchi di ricollegare il mio viso ai ricordi che ha di me. Sono spuntato dal nulla dopo un anno senza essermi fatto né vedere, né sentire. Ieri il nostro incontro è stato breve e casuale mentre ora siamo qui, nello stesso abitacolo, molto vicini, a parlare come se non fosse cambiato nulla.
«Ti aspettavo» rispondo senza lasciar trasparire alcuna emozione. Ci sto andando con i piedi di piombo e cerco di rimanere distaccato quando invece vorrei solo abbracciarla.

«Per quale motivo? Come facevi a sapere che mi trovavo lì?»
«Ti ho vista sabato. E so che anche tu mi hai visto. Non saresti rimasta imbambolata a fissarmi, schizzando giù dal palco una volta finita l'esibizione.» Avrei potuto essere più cauto nella risposta, magari sorridere, non essere così diretto. E a confermare le mie ipotesi lei sorride in maniera così finta e tirata, abbassa lo sguardo e si tormenta le pellicine come quando è agitata. Perché è così impacciata con me? Ci conosciamo bene, meglio di chiunque altro, c'è stata intimità tra noi, so a memoria tutto di lei. Eppure sembra lei non abbia idea di chi io sia.

«Beh io non pensavo mi avessi riconosciuta.» Seriamente? Pensa davvero che perdere qualche chilo potrebbe renderla irriconoscibile ai miei occhi? Non sa con chi ha a che fare. Io la riconoscerei tra mille ragazze in una stanza buia.

«Ho baciato ogni centimetro della tua pelle, Hanna. Pensi che una semplice maschera possa bastare a nasconderti da me?» rispondo con un sorriso malizioso, quello che le piace tanto. Trae un respiro profondo e annaspa, in difficoltà per le mie parole. Ho fatto centro. Ci riesco sempre con lei. E lei con me.

🌻SPAZIO AUTRICE🌻

Eccoci giunti alla fine del trentaseiesimo capitolo di Energy.
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Di nuovo un tuffo nel passato, un episodio noto ma dal punto di vista del nostro Gordon. La rabbia rischia di travolgerlo quando vede la sua ex ragazza in pericolo, e non ci pensa due volte a fiondarsi sull'uomo che le sta facendo del male. Cosa succederà poi? La storia la conosciamo...

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ArielaNodds 💕

ENERGY 2: Lottare per amoreWhere stories live. Discover now