24.

161 8 0
                                    

Tre anni prima

Ho seppellito il mio orgoglio e ho fatto una cosa che non avrei mai potuto immaginare. Ho scavalcato i miei principi e tutte i limiti che mi ero posto riguardo le relazioni. Ho ammesso a me stesso di provare qualcosa per qualcuno e ho smesso di fare il coglione con le altre.

Tutto questo per ricevere il due di picche più grande della mia vita. Ed è questo su cui la mia mente si arrovella. Su quel bacio di una settimana fa in cui ho sentito più di quanto avrei dovuto, e che non è stato percepito come speravo.

Sistemo i rotoli di scotch sulla mensola del negozio, cercando di metterli in ordine come fossero i pensieri nella mia testa. Ma, mentre il nastro adesivo è impilato con cura, i miei pensieri sono ancora più confusi di prima.

«Vaffanculo» sussurro «mi prendo una pausa, ci pensi tu qui?» chiedo a Liza, la mia collega. Annuisce e scoppia una bolla di chewin-gum, i gomiti poggiati sul bancone e il cellulare tra le mani, annoiata.

Ha il viso pieno di piercing, i capelli neri con qualche ciocca fucsia, porta sulle labbra sottili un rossetto quasi sempre nero, e l'eyeliner, anche quello rigorosamente nero, le circonda gli occhi castani a mandorla. La maglietta verde, uniforme del negozio, stona particolarmente con il suo look goth. Lei però è simpatica, una tipa a posto, con un senso dell'umorismo particolare.

Apro la porta sul retro e mi accendo una sigaretta. Il mio pensiero torna ad Hanna, come sempre ultimamente, e non cerco di scacciarlo. Ormai mi sono abituato all'idea e l'ho accettata.

«Ancora mi sto chiedendo perché tu mi abbia baciata» esclama una voce. Mi giro verso il suono, riconoscendola immediatamente. Ed eccola lì, Hanna, bella come sempre, nel suo lungo cappotto scuro.

L'entrata laterale del negozio affaccia su un piccolo vicolo cieco ed è riservata al personale, delimitata sul lato libero del marciapiede, da una rete metallica alta un paio di metri. Hanna è al di là di essa, saldamente piantata sui piedi.

«Te l'ho detto il perché» le dico sputando il fumo che mi invade la bocca.

«No, mi hai baciata, poi me ne sono andata» risponde. Dimenticavo che tutto quello che avrei potuto o voluto dirle l'ho solo pensato. Stupido.

«Hai ragione, non hai voluto ascoltarmi» le dico cercando di trattenermi dall'ammettere tutto in un solo fiato. Devo andarci piano, gradualmente. Con lei le terapie d'urto non funzionano.

«Sono venuta qui ora per ascoltarti.» Il suo tono è un misto tra il curioso e l'impertinente. E credo stia facendo finta di essere scocciata, giusto per darsi un tono, mantenere un contegno e un po' di orgoglio.

«Potrebbe non essere vero, ma mettiamo che ti ho baciata perché mi piaci. Cosa penseresti?» chiedo senza guardarla. Sento i suoi occhi bruciare su di me e con la coda dell'occhio vedo che per un momento la sua bocca si apre per lo stupore. Lo so, sono stupito anche io.

«Beh, in tal caso sarebbe più comprensibile. E accettabile» risponde dopo averci pensato un attimo. Questa risposta non mi basta; è così asettica, non dice nulla di quello che prova lei, non mi svela nulla. E io avevo bisogno di conferme, di essere rassicurato.

Rimaniamo in silenzio per quella che sembra un eternità. La sigaretta si è ormai consumata da sola, senza più fare un tiro. 

«Senti Hanna, io non ho intenzione di insistere se non ti piaccio o se non vuoi nemmeno provarci. Sparirò esattamente con la stessa velocità con cui sono apparso nella tua vita e non dovrai più preoccuparti di me» sputo fuori tutto d'un fiato. Sì, è quello che ho intenzione di fare. Mi avvicino alla rete per guardarla meglio e la vedo stringersi il labbro inferiore tra la punta del pollice e dell'indice.

È così bella persa nei suoi pensieri, così vulnerabile e diversa dalla ragazza che fino a poco fa mi guardava con circospezione.

«Non è semplice per me, Gordon. Io non dipendo solo da me e non so cosa pensare. Non ho idea di cosa provo o cosa sento, non sono abituata a questo genere di cose. E poi c'è la mia famiglia, io non sono sempre "libera"» dice mimando le virgolette alla parola libera.

È più di quanto mi aspettassi da lei, pensavo mi avrebbe tirato uno schiaffo ed ero contento che ci fosse una rete tra di noi. Ma ora no, ora vorrei poter abbracciarla e baciarla, costringerla a guardarmi negli occhi per leggerci la mia sincerità.

Copro la distanza che ci divide e anche lei si avvicina di un passo. Siamo l'uno davanti all'altra.

«Dico davvero, Hanna. Magari non sono il tuo tipo ideale, magari non sembro una persona molto stabile, non ispiro fiducia e so quello che ho fatto finora, conosco cosa si dice di me e non ho intenzione di smentire nulla. Ma tu mi piaci e io non avevo mai provato nulla del genere, non sono nemmeno sicuro di quello che ti sto dicendo» dico. E lei corre via. Dannazione, perché se ne va sempre? Perché scappa via da me?

Osservo per un attimo la rete, gli do un calcio, avverto il vuoto davanti a me. Cazzo.

Mi volto per rientrare e mi ritrovo Hanna davanti, nel vicolo appena fuori dalla porta laterale del negozio con il fiatone. Non scappava da me ma correva da me, per venire da me. Ed è una sensazione bellissima, qualcosa di nuovo, che mi contorce le budella.

A grandi falcate mi avvicino, la prendo tra le braccia e la strigo fortissimo. Il suo viso arriva esattamente al mio petto e immagino senta il mio cuore che galoppa nel petto. È una pazzia? Probabilmente sì. Non posso dire di conoscerla veramente, non ho nemmeno il suo numero di telefono, eppure sono qui, dopo averle confessato che mi piace e la sto stringendo tra le braccia. Assurdo.

Si stacca da me e mi schiocca un bacio sulla guancia. Mi guarda per un attimo negli occhi.

«Ci vediamo, Gordon» dice sorridendo e non riesco a fermarla o a capire cosa sta succedendo che già se ne è andata. E questo cosa significa? Era un abbraccio di consolazione? Significa che le piaccio anche io o che le faccio pena? Non ne ho idea. Ma mi gira la testa e i castelli che mi ero costruito cominciano a poco a poco a sgretolarsi.

Dannazione, quella ragazza è un vero mistero. E io che pensavo di sapere cosa vogliono le donne. Non ne ho idea e questa ne è la dimostrazione lampante. Quando la rivedrò di nuovo? Non so nemmeno questo. Ma ho intenzione di farlo succedere presto.

Torno nel negozio e mi chiudo la porta alle spalle.

«Non sapevo avessi una ragazza, Gordon. Non sembri il tipo, sembri più quello da scappatelle, però non ti biasimo, le è veramente... wow» dice Liza strizzandomi l'occhio.

«Non stiamo insieme, non ancora almeno, ci sto lavorando. E non farti strane idee, mi sta facendo diventare matto ma non ho intenzione di mollare, non metterti in mezzo» le rispondo.

Fa spallucce e scoppia un'altra bolla con la sua gomma da masticare.

«Se le piacessero le ragazze, nemmeno il tuo bel faccino la farebbe tornare etero. Guarda me, su di me non hai alcun effetto» esclama.

Scoppio a ridere: è pazza, ma almeno è simpatica. Se Hanna fosse lesbica non ci sarebbe nulla di male ma probabilmente avrebbe respinto le mie avance tempo fa. Non mi avrebbe nemmeno illuso e io mi sarei arreso all'idea che non avrei potuto farci nulla. 

Invece in lei vedo qualcosa che lei non vede. Mi sembra di suscitare qualche emozione in lei. Non sono cieco e credo di piacerle almeno un po'. Glielo leggo negli occhi e farò qualsiasi cosa perché anche lei lo capisca.

🤖SPAZIO AUTRICE 🤖

Eccoci giunti alla fine del ventiquattresimo capitolo di Energy.
Non dimenticatevi di lasciarmi una ⭐ o un 💌 il vostro parere è importante per me!
Gordon, dopo aver messo da parte l'orgoglio riesce finalmente a confessare ad Hanna i suoi sentimenti, ma Hanna non sembra molto convinta dell'idea di una relazione con lui.
Come farà Gordon a convincerla a lasciarsi andare?
Quando riuscirà Hanna a fidarsi di lui?

Non vi resta che scoprire le risposte nei prossimi capitoli! Un bacione!
ArielaNodds 💕

ENERGY 2: Lottare per amoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora