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Tre anni prima

Spruzzo una quantità infinita di profumo e mi guardo allo specchio. Il look non è molto diverso dal solito, a parte il fatto che ho optato per un maglioncino blu scuro piuttosto che la classica t-shirt o camicia. Il viso non presenta più un filo di barba e i capelli sono pettinati indietro con il gel. Per una festa può andare.

Salto in macchina, accendo la radio e gli Slipknot mi danno il benvenuto. Devo passare a prendere Stella e sono in ritardo, quindi pigio sull’acceleratore scorrazzando come un pazzo tra le vie di New York.

Giungo di fronte all’ingresso della villa enorme degli zii di Stella e suono il clacson per informarla del mio arrivo. So quanto lo odiano e lo faccio di proposito.

Stella esce dal cancello, i capelli biondi raccolti in una coda altissima, un abitino di pelle nero attillatissimo e un paio di scarpe col tacco vertiginoso. Già prevedo che dovrò portarla in braccio fino all’auto quando torneremo.

«Come sto?» mi chiede non appena salita in macchina.

«Sei uno schianto come sempre» le dico e lo penso veramente. Me la farei se non fosse che sono diventato un rammollito e che ho promesso di smettere di fare il coglione con lei.

«Anche tu non sei male» dice dandomi una gomitata. Rido e mi concentro sulla strada fino alla casa di Ian.

È più grande di quanto ricordassi e credo abbiano aggiunto una serra che prima non c’era. Il terrazzo della villa è addobbato con palloncini e decorazioni argentate.

Al piano di sopra le luci sono soffuse, solitamente quel piano viene utilizzato per le coppie che vogliono appartarsi o per quelli a cui non piace il baccano del piano inferiore.

Sotto, invece, le finestre sono spalancate, la musica si sente fino a quaggiù e posso intravedere le luci colorate che cambiano a ritmo di musica.

«Sembra figo, ci divertiremo» esclama Stella, aggrappandosi al mio braccio per sorreggersi sull’acciottolato che ricopre il vialetto di ingresso.

L’odore di fumo e di umanità mi investe con tutta la sua potenza non appena metto piede dentro il salotto, già gremito di persone. La musica fa schifo, come al solito in queste feste, ma la gente balla e questo basta.

Stella mi urla qualcosa che non capisco e la vedo poco dopo perdersi nella folla. Probabilmente ci incontreremo di nuovo a fine serata, quando sarà il momento di riportarla a casa.

«Gordon, sono felice di vederti!» mi saluta Ian, poggiandomi un braccio sulla spalla. Tiene un bicchiere di birra in mano, ma sembra ancora vigile e sobrio.

«Grazie per avermi invitato» rispondo con entusiasmo.

«C’è da bere in cucina, serviti pure» mi dice e si allontana per salutare una coppia appena arrivata. Mi avvio nella sala adiacente. Il banco è ricoperto da bicchieri di plastica e il pavimento è appiccicoso per via delle bevande che vi sono state rovesciate.

Afferro un bicchiere di birra, senza sapere precisamente cosa fare. Non conosco quasi nessuno degli invitati, mi sento un pesce fuor d’acqua, ma mi lascio comunque trasportare dal clima di festa che si respira.

Salgo al piano di sopra, schivando coppie che si baciano appassionatamente contro i muri o sulle scale e mi dirigo verso il terrazzo. Qui sopra la musica si sente comunque, ma è meno fastidiosa e assordante.

Mi accendo una sigaretta e appoggio gli avambracci sulla ringhiera di pietra, fissando un punto indefinito all’orizzonte. La casa si trova sopra una piccola collina, alla periferia di New York e da qui si vedono le luci della città, i contorni dei palazzi più alti e le insegne luminose.

ENERGY 2: Lottare per amoreWhere stories live. Discover now