21.

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Passo così poco tempo in questo appartamento che non appena ci metto piede una fitta mi stringe lo stomaco.

Non è più così familiare, non c'è il profumo di Hanna, non un rumore che tradisca la presenza di qualcuno. Niente.

Solo il vuoto, come quello che ho nel cuore e nella testa, nello stomaco e nelle viscere.

Fatico a credere che sia passato così poco tempo da quando ci sono stato con Hanna l'ultima volta.

Percorro con lo sguardo il pavimento fino ad arrivare al tappeto. Solo qualche settimana fa ho chiesto ad Hanna di sposarmi, la mattina di Natale.

La sua aria sbigottita. Il sorriso subito dopo ad illuminarle il viso. Quando è cambiato tutto questo?

Non riconosco la mia vita e tutto quello che sta capitando.

Questa è la casa di Hanna, ma lei non ha esitato un secondo ad accogliermi, a rendere questo posto magico, nostro, il nostro nido.

Giovane, forte e determinata, non si è accontentata della sua vita agiata, non è restata nella villa lussuosa dei suoi genitori.

Sarebbe stato più facile e alla sua età pochi hanno il coraggio di lasciare la propria famiglia, soprattutto se questa può darti tutto quello che chiedi.

Ma lei chiedeva quello che loro non avrebbero mai potuto dargli: la felicità e la libertà di scegliere.

Chissà quanta fatica ha fatto per trovare una casa, da sola, in una città come New York. Eppure questo appartamento è la prova che ce l'ha fatta.

Non ho spostato nulla, tutto è come l'ha lasciato lei l'ultima volta. Fatta eccezione per lo schifo che ho lasciato sul pavimento, la tavola perennemente apparecchiata nonostante siano giorni che non mangio qui.

Sistemo. Perché nell'eventualità che si svegliasse domani non vorrei portarla in un porcile.

Ringrazio Dio che questo posto non sia troppo grande: ci avrei messo una vita a tirarlo a lucido.

Invece, dopo solo un'ora, sono pronto a farmi una doccia in un bagno che profuma di lavanda, una delle fragranze preferite di Hanna.

Resto sotto l'acqua più a lungo del dovuto. Il sapone mi brucia sulle nocche ferite e sulla faccia pesta.

Quell'infermiere aveva un bel destro, ma non credo sia uno avvezzo alle risse. Spero di chiarire il prima possibile con lui, sto cercando di diventare una persona migliore e credo questo faccia parte della riabilitazione.

Vorrei anche dirgli che è stata sua sorella a lanciarsi tra le mie braccia dopo aver alzato un po' troppo il gomito, ma credo lo terrò per me. Non è da galantuomo.

Non so da quando ho cominciato a preoccuparmi di quello che pensano gli altri o di quello che provano. Hanna mi ha migliorato in ogni angolo recondito della mia anima.

Ringrazio il vapore che ha censurato il mio riflesso nello specchio, non voglio vedere la mia faccia di cazzo conciata in questa maniera.

Esco con addosso solo un asciugamano in vita, diretto in camera per cambiarmi.

Mi fermo sulla porta del bagno. Il sangue mi si gela nelle vene. Sono paralizzato dalla rabbia e un'altra cosa. Paura. Mi viene il vomito. La vista perde un attimo il fuoco, come se stessi per svenire.

Un biglietto. Bianco. Piegato a metà. Fatto scivolare sotto la porta d'ingresso mentre ero in bagno.

Cerco di controllare il tremore che mi scuote il corpo, invano. Respiro affannosamente e il panico comincia ad attanagliarmi.

ENERGY 2: Lottare per amoreWhere stories live. Discover now