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Due anni prima

«Hanna, i tuoi mi odiano, perché dovrebbero volermi a pranzo?» chiedo abbottonandomi il colletto della camicia che sono stato costretto a mettere.

«Come sei melodrammatico, sei semplicemente lontano dal loro modo di essere, dai loro standard» minimizza lei con un gesto della mano per scacciare le mie parole.

«Se potesse, tuo padre mi ucciderebbe con le sue mani e poi mi analizzerebbe per vedere se la povertà è contagiosa» le rispondo ridendo e anche lei fa lo stesso, ma si vede lontano un miglio che è tesa come una corda di violino.

«Okay, forse non sei lo stereotipo di ragazzo che loro avrebbero scelto per me, ma non è a loro che devi piacere. Se ne faranno una ragione» esclama Hanna abbracciandomi da dietro.

Vorrei indossare il mio chiodo di pelle, ma credo ripiegherò su una giacca di papà, più elegante e classica, decisamente noiosa, blu, della stessa tonalità dei pantaloni. Mi aspetto che mi porti fortuna, dal momento che era quella preferita da mio padre.

«Come sto?» chiedo girandomi verso Hanna, in una posizione da modello.

«Wow, se non sapessi quanto tempo ci hai messo a prepararti ti spoglierei all'istante» risponde lei ridendo.

Mi sta prendendo in giro, ma so che le piacciono le camicie. Non le porto spesso, ma quando lo faccio so che lo trova irresistibile. Per quanto riguarda me invece, la trovo irresistibile qualsiasi cosa indossi, che sia un vestito scollato o un pigiama di flanella. 

Spruzzo tanto profumo quanto ne basterebbe per coprire la puzza di sterco di una fattoria. Non che debba farlo. Ma amo avvolgermi nella dolce fragranza di un buon profumo, mi fa sentire più sicuro.

Salutiamo la nonna, che prima di lasciarci andare vuole una fotografia di entrambi. Questo evento più unico che raro, in cui ho abbandonato il mio stile casual in favore di uno più elegante, andava immortalato.

Ci avviamo in macchina verso casa di Hanna mentre gli Skillet fanno da colonna sonora ai nostri pensieri. Nessuno parla, intenti a pensare a cosa ci aspetta.

«Per favore, fai il bravo» mi dice Hanna non appena giungiamo davanti al portone di casa sua.
«Ci proverò» rispondo con il mio solito sorriso spavaldo.

Mi schiocca un bacio veloce sulla bocca: vorrei durasse di più, ma non è il momento.

Mi sistema il collo della giacca e io la ringrazio con un bacio sulla fronte. In quell'istante, la signora Clark apre la porta. Hanna sobbalza e si sistema le pieghe del vestito. La sua reazione sembra quella di chi è stato beccato a scopare nel letto dei genitori. Mi viene da ridere.

«Eccovi, vi stavamo aspettando» ci accoglie, la madre di Hanna, con la solita freddezza che la contraddistingue. È impeccabile, come al solito, il rossetto rosso e lucido, i capelli stirati alla perfezione, il tailleur a pennello.

È sicuramente una donna affascinante, ma non riuscirò mai a vederla bella. È troppo impostata, con un palo nel culo, troppo altezzosa, antipatica e superficiale.

Niente a che vedere con la mia Hanna, lei è bella perché non è solo fisicamente stupenda. È tutto il suo mondo interiore a fare di lei la persona meravigliosa che è.

La signora Clark mi squadra, dall'alto verso il basso e scannerizza ogni parte di me con quei suoi occhi glaciali. Eppure non riesce a intimidirmi quanto vorrebbe.

Non mi sono mai piaciute le conversazioni di circostanza eppure in questo pranzo, ringrazio il cielo per la loro esistenza. Mi limito a parlare solo di cose vaghe, nulla di personale e, in discorsi di cui non capisco un cazzo, annuisco e basta.

ENERGY 2: Lottare per amoreWhere stories live. Discover now