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Finire questa giornata di lavoro è stato estenuante; troppi pensieri che frullano nella testa, domande a cui ho bisogno di risposte e tanta voglia di rivedere mio fratello e riabbracciarlo.

Nonostante so che mi incazzerò con lui, so anche che non riuscirò a tenere a freno la mia gioia.

Guido fino a casa della nonna nel traffico, ci metto molto più del dovuto, ma quando finalmente arrivo sono un fascio di nervi.

Vedo Roger uscire di casa e corrermi incontro, con le braccia già spalancate.
«Gordon Moore, quanto sei cambiato, guarda qui!» dice stringendomi. Non sono sicuro di essere cambiato fisicamente in questi anni, credo solo di essermi evoluto mentalmente.

«Chi non muore si rivede, bentornato» rispondo ricambiando la stretta. La nonna ci osserva sull'uscio con le lacrime agli occhi ma senza dire nulla. Sapevo che le avrebbe fatto effetto rivederci insieme. Ha gli occhi gonfi di chi ha già pianto ma la sua espressione sul viso mi fa pensare che fossero lacrime di gioia.

«Non pensavo di vederti così presto» dico. Odio fare il guastafeste ma non riesco a trattenermi. È un tasto dolente e in questo momento vorrei solo chiacchierare del più e del meno come fanno due fratelli.

«Già, chi se lo sarebbe mai immaginato che mi sarei ripulito prima del previsto» esclama lui scompigliandomi i capelli, come quando eravamo piccoli.

La nonna ci guarda insospettita e ricordo solo ora di averle mentito per tutto questo tempo. È anziana ma non è stupida e raramente le sfugge qualcosa. Mi schiarisco la voce e spero che Roger colga l'avvertimento.

«Da quanto tempo ti hanno ritrasferito alla sede di New York?» chiedo con tranquillità. Non voglio che capisca che la mia più che curiosità è un vero e proprio interrogatorio, quindi cerco di usare un tono leggero, non inquisitorio.

Spalanca gli occhi e capisco in quel momento che si è accorto dell'errore. Spero non abbia rovinato tutte le mie storie inventate, nelle ore in cui non ero a casa. Scuote la testa come a rassicurarmi, come se avesse intuito quello che sto pensando.

«Quattro mesi, per un paio di settimane sono stato da un amico, poi però ho preso in affitto un appartamento ed eccomi qui. La nonna mi ha raccontato tutto di quello che le è successo e stavamo aspettando giusto te per parlare un pochino di me. Ma è una storia noiosa, sai, lavoro, lavoro e ancora lavoro» dice con noncuranza.

Mi acciglio. Quattro mesi. Quattro mesi in cui è fuori e io lo scopro solo ora. Sono stato accusato di un incendio e sono finito in prigione. In tutto questo lui era qui, da qualche parte, e non si è nemmeno degnato di farmi una telefonata. E sospetto non viva con la testa sotto la sabbia come gli struzzi, la mia faccia di culo era su tutti i notiziari, non può non averlo notato.

Sono arrabbiato e deluso da lui. Avevo bisogno di qualcuno che mi conoscesse per davvero, che sapesse cosa stavo provando ma in quel momento c'era solo Hanna. O così credevo. 

«Oh, quattro mesi? E non hai trovato nemmeno un minuto di tempo per muovere le tue chiappe fino a qui?» La nonna si avvicina e mi stringe la mano, ha notato che mi sto scaldando e che la rabbia rischia di impadronirsi di me. L'ho portato in quel centro per lui, farei qualsiasi cosa per lui e sapere che il mio sentimento non è ricambiato alla stessa maniera mi riempie di tristezza.

«Avevo intenzione di farlo ma volevo esserne sicuro, volevo ambientarmi in questo posto così diverso da quello in cui ero prima. Mi dispiace, ma ora sono qui, è questo quello che conta, no?» Sono quasi sicuro che la nonna abbia capito che Roger non è stato trasferito per lavoro, ma non dice nulla. Forse sta ancora cercando di interpretare le nostre frasi per poter tirare le sue conclusioni.

«Come vuoi» lo guardo dritto negli occhi e la sua costernazione sembra sincera ma ho l'impressione che mi abbia raccontato solo balle. Chissà se è al centro che ha imparato a mentire senza farsi scoprire.

«Dove stai andando?» mi chiede Roger non appena mi allontano. «Devo andare a trovare Hanna» mento. Non avevo intenzione di farlo, ma credo andrò da lei prima di tornare a casa. O forse chiederò a Liam di passare. Ho bisogno di una faccia amica in questo momento per evitare di vedere quella di mio fratello. 

«Oh, a proposito, come sta?» Quindi sa anche che Hanna è in ospedale? Cosa altro sa che non mi ha detto? Evidentemente conosce tutto. Respiro profondamente senza voltarmi. Sto per fare un casino. Sento la rabbia scorrere dentro di me, l'adrenalina impadronirsi delle mie membra. 

«Non ti riguarda» rispondo semplicemente e proseguo verso la macchina. Non voglio vederlo né sentirlo per un po' almeno. Devo cercare di perdonarlo prima. «Ho detto che mi dispiace, non trattarmi così.» Non gli do retta. Non si merita le mie attenzioni ora, esattamente come lui non me ne ha date quattro mesi fa.

Ho sempre avuto due modi per sfogare le emozioni, suonare o fare tatuaggi. Dal momento che la mia chitarra è nell'appartamento e non ho intenzione di andarci opto per la seconda. Non avevo in programma di farmi un tatuaggio nel breve periodo ma ora ha senso farmene uno. L'ultimo risale a quando avevo rotto con Hanna e mi sembra sia passato tempo a sufficienza.

Adoro la sensazione di tutti gli aghi che bucano la mia pelle, il pizzicore, il bruciore attenuati dall'adrenalina e dal desiderio fremente di vederlo finito. Penso a cosa fare durante il tragitto fino al negozio dove so che troverò il mio tatuatore di fiducia. Solo lui può disegnare sulla mia pelle, gli ho conferito questo potere quando ho fatto il primo all'età di quindici anni. Una stupidissima frase di una canzone che non ricordo nemmeno più. Al momento doveva piacermi, oppure mi piaceva l'idea di avere un tatuaggio, non lo so. Probabilmente la seconda.

Così prima di rendermene conto ho parcheggiato l'auto davanti al negozio e ho un'idea di cosa voglio.

«Ce l'hai un posto per me vero?» chiedo entrando. Jeremiah si volta e mi sorride «Per te sempre, amico.» Mi fa accomodare su una poltrona e mi dice di aspettare qualche minuto perché deve finire un lavoro. 

Credo sia un vero professionista, uno dei migliori in circolazione, ma è poco conosciuto. I suoi disegni sono dei capolavori e le sfumature che riesce a fare sulla pelle sono eccezionali. Delle vere e proprie opere d'arte. Oggi però ho intenzione di fare una scritta, niente figure, solo otto semplici lettere.

«Questa volta cosa facciamo? Ti sei deciso a farti tatuare il tuo bel visino?» mi chiede. Lui ha più inchiostro che pelle sul corpo e ogni volta spera che anche io mi faccia qualcosa sulla faccia, dice che sono i più fighi da fare. «No, mi dispiace, quello rimarrà vergine per sempre» ridiamo entrambi. Jeremiah vuole sempre sapere il motivo di un tatuaggio, vuole potersi immedesimare e interpretarlo al meglio. Questo lo rende unico.

Dopo un'ora abbiamo finito. Abbiamo scelto il carattere e il punto in cui farlo, la grandezza e lo stile. Penso che sia uno dei miei preferiti: lo volevo fare per tutto quello che sta succedendo, per tutto quello che sto affrontando, come monito per me e per gli altri, per darmi coraggio ogni volta che ho paura di cadere, per mandare affanculo tutti quelli che credono di spaventarmi.

Così ho fatto scrivere UNAFRAID sul dito medio.

🫀SPAZIO AUTRICE 🫀

Eccoci giunti alla fine del trentunesimo capitolo di Energy.
Non dimenticatevi di lasciarmi una ⭐ o un 💌 il vostro parere è importante per me!
Gordon incontra finalmente il fratello, ma la delusione che prova nei suoi confronti è troppa per permettergli di godersi la sorpresa. Riusciranno a fare pace? Quali altri segreti nasconde Roger?

Non vi resta che scoprire le risposte nei prossimi capitoli! Un bacione!
ArielaNodds 💕

ENERGY 2: Lottare per amoreOnde histórias criam vida. Descubra agora