32.

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Un anno prima

«Non credo sia una buona idea dartene un altro, tesoro» mormora Margot sequestrandomi il sottobicchiere. Da quando una barista si fa scrupoli a dare da bere a un avventore? Da quando hai cominciato a confidarti con lei durante le tue sbronze, mi ricorda il subconscio.

«Non fare la stronza guastafeste, Margot, sono grande e vaccinato posso decidere per me.» Bevo l'ultimo sorso di Jack Daniels e mastico i pezzetti di ghiaccio ormai quasi sciolti.

«Mi rifiuto, se vuoi andare altrove ad ubriacarti fai pure, io non ho intenzione di pulire il tuo vomito.» Sbuffo. Sono stato male una volta sola in tutta la mia vita, avevo quindici anni ed era il compleanno di un mio amico dell'epoca. Ho rigettato nel cespuglio di un parcheggio, non ricordo bene dove.

«Allora dammi un bicchiere di acqua.» Sento già la testa girare e forse è meglio non spingersi oltre.
«Così va meglio» dice lei strizzandomi l'occhio. «Ora mi dici perché tutta questa voglia di bere?» riattacca porgendomi un bicchiere.

«Avevo sete.»
«Non dire cazzate, ti conosco abbastanza bene per sapere che c'è qualcosa che non va, hai la faccia da cane bastonato.» Si vede così tanto? Evidentemente non sono poi così bravo a mascherare le emozioni come pensavo. Non rispondo e lei continua.

«Hai delle occhiaie spaventose, la barba sfatta. Sembri la versione brutta di te stesso, sei spettinato...»
«Okay, okay, ho capito non c'è bisogno che giri il coltello nella piaga» la interrompo. Ho gli specchi anche a casa e non ho bisogno di qualcuno che mi ricordi quanto sto di merda.

«Quindi?» È curiosa, ma non da risultare fastidiosa. Si interessa davvero alle persone. A quest'ora il locale è ancora chiuso, aprirà fra qualche minuto, ma io sono un cliente speciale, il solo qui dentro al momento. Si sporge sul bancone incrociando le braccia sotto al mento in attesa che gli racconti delle mie disavventure.

È passata una settimana da quando io e Hanna ci siamo lasciati e non faccio altro che pensare a lei. La notte, mentre suono, al lavoro. La mia mente corre sempre là. Cosa starà facendo ora? I suoi genitori le avranno già trovato qualcuno con cui rimpiazzarmi? Spero di no.

È due settimane che ho accettato quel denaro da suo padre e mi sento un verme. Ma l'avresti lasciata comunque, mi ripeto. Hai solo colto un'occasione. Eppure non riesco a crederci fino in fondo. Se lei lo sapesse ne resterebbe così delusa. Ma non lo saprà, perché suo padre ha promesso di tenere la bocca chiusa e io non la vedrò più.

Impazzisco al solo pensiero che qualcun altro la stringerà tra le braccia, bacerà quelle labbra morbide e familiari, accarezzerà la sua pelle, toccherà e sfiorerà ogni centimetro di lei che una volta era mio. Che farà l'amore con lei. Questo pensiero basta per distruggere il mio autocontrollo. Il petto mi si squarcia e mi sento morire. Stringo il bicchiere così forte da far sbiancare le nocche.

«Non ci pensare nemmeno, se lanci il bicchiere ti butto fuori a calci nel culo e non metterai mai più piede in questo posto» fa Margot vedendo con quanta forza lo stringo. Allento la presa.
«Non avevo intenzione di lanciarlo.» per un attimo l'idea è balenata nella mia mente ma l'ho scacciata subito. Non sono un cazzo di cavernicolo.

«Sarà meglio per te» mi ammonisce infilandosi il grembiule e girando il cartello all'ingresso. Ora il locale è ufficialmente aperto. Rimarrò qui per tutta la sera credo, non suono al Red e non ho nulla da fare. Non voglio deprimermi sul vecchio divano di mia nonna struggendomi per una storia finita. È acqua passata, devo andare avanti.

«Sto ancora aspettando una spiegazione» mi incalza tornando a guardarmi negli occhi.
«Ho lasciato la mia ragazza.»
«Sei un coglione.»
«Lo so» ammetto affranto.

«È occupato?» chiede una voce femminile alle mie spalle. Mi volto e la riconosco subito. Juliette, Jasmine o Jessica non ricordo. La ragazza con cui scopavo al dormitorio femminile. Anche lei mi riconosce «Wow, Gordon, era tanto che non ti vedevo... sembri diverso.» Mi sorride lasciva e le sono grato per non aver detto che sembro uno straccio.

«Ciao J» dico. Sono sicuro fosse un nome con quella lettera ma non lo ricordo. Non l'ho mai tenuto a mente, così mi arrangio in questo modo. Lei sembra gradire il nomignolo, come se fossimo intimi. Se solo sapesse...

«Cosa bevi?» le chiedo.
«Oh, solo una coca-cola per il momento. Sto aspettando delle amiche» risponde guardandosi intorno. Il locale si sta riempiendo piano piano, ma delle sue amiche nemmeno una traccia. Effettivamente è ancora presto per bere, io faccio eccezione.

Le offro una coca-cola senza zuccheri, come mi ricorda e lei mi ringrazia con un sorriso. Si lecca le labbra piene di filler. «Che ne è stato di te?»

Scrollo le spalle.
«Ho avuto da fare.»
Sembra soddisfatta della mia risposta e annuisce appena.
«Vado in bagno a sistemarmi il trucco» dice lanciandomi un'occhiata maliziosa. So cosa significa quello sguardo.

Qualche minuto dopo la raggiungo e la trovo davanti allo specchio intenta ad applicare del gloss sulle labbra.

La afferro per un braccio e la giro verso di me avventandomi sulle sue labbra appiccicose. È un bacio estraneo e la sua bocca è così strana. Le stringo i glutei e la faccio sedere sul lavandino ignorando il fatto che possa entrare qualcuno da un momento all'altro.

Mi sistemo tra le sue gambe, indosso il preservativo che porto sempre con me nel portafoglio e affondo in lei con un movimento veloce, con urgenza. Tenevo la piccola bustina con me perché non sapevo mai quando capitava l'occasione con Hanna.

Lei geme e io accelero le spinte.
«Hanna...» mugolo e mi pento subito di quello che ho detto. Lei se ne accorge e mi spinge via saltando giù dal lavandino.
«Che cazzo, Gordon!»

Si sistema il vestito e le mutandine, e corre fuori indispettita.
«Testa di cazzo» sussurro rivolto a me stesso. Che cosa ho appena fatto? Poco fa pensavo a quanto mi fa male il pensiero che qualcuno tocchi Hanna e io scopo con un'altra nel bagno di un bar. Per dimenticarla. Vorrei prendermi a pugni da solo. Sono riuscito solo a sentire di più la sua mancanza, mentre cercavo di immaginare lei al posto di quella ragazza. Ma quelle labbra così poco familiari, quel corpo così diverso. Nessuno sarà mai lei. Nessuno potrà mai avvicinarsi a quello che lei era per me. È per me.

Spalanco la porta di un wc e vomito nel water. L'alcol brucia ancora di più mentre sale. Ma so che non sto vomitando per i quattro Jack Daniels doppi. Sto vomitando perché mi sento disgustoso, mi sento sporco. Una merda.

Attraverso il locale in fretta e scorgo gli occhi fiammeggianti di Margot. So cosa sta pensando. Sa cosa ho fatto e mi sta insultando mentalmente. Non posso darle torto.
Vomito ancora una volta prima di salire in auto. Ho bevuto e non posso nemmeno guidare. Sono emotivamente e fisicamente distrutto. Scendo e comincio a camminare. Non so dove sto andando, non ho una meta. Mi odio. Mi odio, cazzo. Vorrei soltanto sparire e dimenticare tutto il dolore che ho dentro.

🦇SPAZIO AUTRICE 🦇

Eccoci giunti alla fine del trentaduesimo capitolo di Energy.
Non dimenticatevi di lasciarmi una ⭐ o un 💌 il vostro parere è importante per me!
Di nuovo un tuffo nel passato e ci troviamo insieme a Gordon, ancora triste per  la rottura con Hanna, ma niente riesce a fargliela dimenticare.
Solo il tempo curerà le sue ferite, o quando ti strappano il cuore il vuoto rimane per sempre?

Non vi resta che scoprire le risposte nei prossimi capitoli! Un bacione!
ArielaNodds 💕

Solitamente non faccio queste cose, ma mi sento di consigliarvi una storia un po' diversa dal solito, simpatica e divertente; la protagonista è una sorta di Bridget Jones italiana, alla disperata ricerca della felicità. Si chiama: "LA RUOTA GIRA PER TUTTI... ma non per me" di Aelais.
Trovate la storia nel mio elenco di lettura. Nessun obbligo, ma uno sguardo credo possa convincervi! Fatemi sapere cosa ne pensate se andrete a leggerla!

ENERGY 2: Lottare per amoreDonde viven las historias. Descúbrelo ahora