9. TAYLOR

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«Non posso crederci» mormoro tra me e me.   

Ho ancora il telecomando in mano mentre mi protendo verso la tv, nel tentativo di capire meglio cosa sta succedendo.
Detesto doverlo ammettere, ma forse aveva davvero ragione.

Oggi non avevo un granché da fare, a parte la lezione di diritto delle nove, quindi una volta tornato a casa mi sono messo a pensare a come avrei potuto occupare la giornata. I ragazzi erano tutti fuori per i cavoli loro, quindi le opzioni si riducevano solo a quello che avrei voluto fare io.

Potevo andare ad allenarmi in pista, dal momento che questo fine settimana ci scontreremo con quelli della Brown, ma non ne avevo molta voglia.

Sarei potuto andare da Max a nerdare un po', ma non avevo molta voglia neanche di quello.

Alla fine, dopo un buon quarto d'ora passato a pensare, sono rimasto a casa. Mi sono buttato sul divano, e quando ho acceso la tv una sorta di flash mi è apparso in mente. O meglio, lei mi è apparsa.

Quindi, mi sono ritrovato a far partire la prima puntata della serie che secondo lei sarebbe meglio di Peacky Blinders.

Ero così sicuro che mi avrebbe fatto schifo che quando mi sono accorto di aver divorato le prime dieci puntate senza neanche andare in bagno ero a dir poco scioccato.

Solo arrivate le undici di sera, e dopo essere rimasto a fissare i titoli di coda del finale di stagione per dieci minuti, sono riuscito a spegnere la tv. 

Dopodichè ho afferrato la giacca e sono uscito di corsa.

Appena arrivato davanti al Red Ink, per un attimo ho pensato di fare retromarcia e tornarmene a casa. Per quanto sia evidente che tra di noi ci sia una forte attrazione, mi ero ripromesso di andarci piano con lei, per evitare di rovinare le cose.

Ma del resto non vedo altre soluzioni.
Lei ha voluto sfidarmi, quindi il minimo che possa fare adesso è darmi delle spiegazioni.

Scuoto la testa ed entro a passo spedito nel bar, non molto pieno considerando che è mercoledì sera.

Ci metto meno di un secondo ad individuarla, e mi dirigo velocemente verso il bancone.

Non mi preoccupo nemmeno di sedermi prima di iniziare con le domande.

«Come fanno ad essere uguali?»

La testa di Hailey scatta verso di me, accorgendosi solo ora della mia presenza, l'espressione sul volto confusa e vagamente irritata. La solita insomma.

«Eh?» 

Non mi guarda neanche mentre è impegnata nella preparazione di tre cocktail per i ragazzi davanti a lei, concentrata ma allo stesso tempo spensierata. Come se i movimenti le venissero naturali.

Sembra davvero non capire quello a cui mi riferisco, quindi cerco di essere più specifico.

«Elena e Katherine» spiego, impaziente di sapere la risposta «Perchè sono uguali?»

Un sorriso soddisfatto si fa largo sul suo volto.

«L'hai visto allora»

Per la prima volta sono io ad alzare gli occhi al cielo.
Non ho alcuna intenzione di dargli questa soddisfazione, ma se voglio avere delle risposte temo che dovrò tenermi la lingua tra i denti.

«Perché Stephan?» continuo, ignorando il ghigno arrogante che s'impossessa del suo viso «Perché non Damon?»

«Continua a guardare e lo saprai» si limita rispondere, stappando l'ennesima birra e facendola scorrere verso un signore di mezza età che non fa altro che guardarla da quando sono qui.

Hailey sembra non accorgersene mentre procede a pulire i bicchieri sporchi nel lavello e a rifornire il barattolo delle cannucce.

Infastidito, mi sporgo ancora di più sul bancone «Potresti rispondere ad almeno una delle mie domande?»

Mi rendo conto di sembrare ridicolo, ma non me ne potrebbe importare di meno. La curiosità è una brutta bestia.

«Non vedi che sto lavorando?»

É ovvio dal suo tono che la sto irritando.

«Com'è possibile che l'anello dei Gilbert faccia tornare in vita?» proseguo, pensando alle ultime puntate «Insomma, ad un certo punt...»

«Perché è così e basta!» Hailey si gira di scatto verso di me, guardandomi dritto negli occhi e puntandomi addosso lo straccetto delle pulizie «Sto lavorando Taylor, non ho tempo di starti a sentire ora»

Per un attimo resto zitto, incredibile ma vero, e lascio che il rumore della musica riempia il silenzio.

Sotto queste luci i suoi occhi nocciola diventano quasi di un verde intenso.
Un verde che ha tutta l'aria di una sfida.

Mi sta chiedendo di andarmene, eppure il suo sguardo sembra supplicarmi l'opposto.

A questo punto ho due opzioni: mollare, o insistere.

E come ho già detto, io non sono uno che molla.

Mentre mi alzo lentamente dallo sgabello, mi assicuro di non interrompere il contatto visivo nemmeno per un secondo.

«Continuiamo dopo allora» annuncio deciso «Ti aspetto fuori»

La osservo intensamente per un'ultima volta, prima di voltarmi e uscire dalla porta.
Con la coda dell'occhio, giuro di vederla sorridere.

PROVA A RESISTERMIWhere stories live. Discover now