51. TAYLOR

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Dopo essermi lavato le mani afferro lo strofinaccio con le patate e lo appoggio sul pianale della cucina con forza, rischiando di farle cadere tutte. Nel farlo mi soffermo a guardarmi le mani, distendendole lentamente e imprecando per il dolore. I lividi sulle nocche sono violacei e poco rassicuranti, e il ghiaccio sembra essere servito a ben poco. Nonostante tutto, se ripenso a come ho ridotto Scott, non posso esserne dispiaciuto. Accolgo le fitte pungenti con piacere, quasi felice di provare quel dolore.

Persino poco fa, ad allenamento, ero contento di scontare la mia pena con un'ora in più di esercizi. Il coach era così furioso che oltre a quella punizione ha pensato di vietarmi categoricamente di uscire coi ragazzi questa sera, ritenendo che avrei dovuto restarmene a casa a riflettere sul mio comportamento. Ad essere sincero, non me ne sarebbe potuto importare di meno.
Dopo quello che è successo, non ero comunque dell'umore per una serata di festa.

Pelo una patata alla volta, cominciando a tagliarle a cubetti e imprecando quando uno di loro si schianta sul pavimento oltre il pianale. Lasciando il coltello accanto al tagliere vado a raccoglierlo, per poi rimettermi al lavoro. Tagliando con così tanta violenza da far tremare il ripiano sotto le mie mani.

Un bussare leggero mi riporta al mondo reale, e con uno sbuffo appoggio di nuovo il coltello sul tavolo.
Mentre vado verso la porta mi preparo ad insultare chiunque abbia deciso di interrompere la mia sessione di cucina punitiva, cosa di cui probabilmente Jace è il responsabile.
Di solito è sempre lui a dimenticare qualcosa, prima di uscire.

Rimango quindi pietrificato quando invece di un paio di occhi di ghiaccio, ad accogliermi dietro la porta sono due pozze color smeraldo.

«Hailey» dico, senza riuscire a trattenermi.

Il suo viso è pallido e provato, ma si sforza di sorridere mentre mi guarda «Ehi»

Resto in silenzio per un attimo prima di ritrovare l'uso delle parole «Cosa ci fai qui?»

Per quanto io sia arrabbiato, non posso evitare di sentirmi completo ora che lei è davanti a me.

Il suo petto si muove velocemente e la sua bocca è una linea tesa quando risponde «Devo parlarti» Il modo in cui lo dice è così carico di rassegnazione che non so davvero cosa pensare «Per favore» aggiunge, il tono quasi supplichevole.

L'ansia mi artiglia la schiena mentre mi interrogo sul motivo della sua visita e penso a tutto quello che potrebbe andare storto in questo confronto. Ma più la guardo, più capisco che c'è qualcosa di diverso in lei. Non so spiegare cosa di preciso ma... Dio, ha un aspetto terribile.

Con un cenno della testa le faccio segno di entrare, e lei si affretta subito a varcare la soglia. Quasi temesse di ripensarci da un momento all'altro.

Posso sentire la tensione impadronirsi del suo corpo anche senza toccarla, e quando si siede sul divano la vedo prendere un respiro profondo.

Ok, adesso ho davvero paura.

Mi siedo a poca distanza da lei, ruotando il torso per tornare a guardarla negli occhi. Occhi che ora, sono velati di lacrime pesanti.

Reprimo l'impulso di abbracciarla, sfregandomi le mani sui pantaloni e lasciandole il tempo necessario per decidere di cominciare a parlare.

Come se avesse capito i miei pensieri, Hailey mi rivolge un piccolo sorriso prima di cominciare «Adesso ti chiederò di fare una cosa per me» dice, e io annuisco lentamente «Ti racconterò una storia, ma dovrai promettermi che mi lascerai parlare senza interrompermi fino alla fine» dichiara seria, la schiena rigida come una tavola «Potrai farmi tutte le domande che vuoi, ma solo quando avrò finito» dice dopo una piccola pausa «Va bene?»

PROVA A RESISTERMIWhere stories live. Discover now