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Apro la porta di casa e mi fiondo sul divano con la speranza che i miei genitori stiano già dormendo. Dylan prende posto accanto a me guardandomi preoccupato.
"Sto bene." Lo rassicuro.
"Dovrai dirlo a mamma e papà." Scuoto la testa. Nel caso lo sapessero non farebbero altro che farmi mille domande e preoccuparsi. Non ne vedo la necessità.
"Daremmo loro preoccupazioni inutili. Quell'uomo non tornerà. L'ho visto spaventarsi oggi, quando è arrivata la polizia."
Mio fratello appoggia i gomiti sulle ginocchia e guarda la parete bianca davanti a noi, pensieroso.
"Non possiamo non dirglielo, C. Sai benissimo come funziona per la gente come noi. È rischioso. Quel paparazzo potrebbe importunarti ancora."
Penso alle alte probabilità che la situazione di questa sera si possa ripetere.
Essere così esposti non è sempre come la gente all'esterno crede e la verità è che quel giornalista potrebbe tornare. Il solo pensiero mi fa rabbrividire, perciò decido di parlarne con i miei genitori il più presto possibile. Nonostante sia preoccupata, vorrei tanto tenere questo avvenimento per me. Loro comincerebbero ad avere così tante premure, ancora di più di quelle che già hanno nei confronti della nostra famiglia. Abbiamo già abbastanza restrizioni. E molte volte, a causa di questa modalità di vita, tendo ad impormi qualcosa per paura di ciò che potrebbe dire il mondo.
"Dovrebbero essere andati ad una cena di lavoro. È tardi quindi penso che a momenti..."
La porta si apre e mio fratello viene interrotto dal suono dei tacchi di mia madre che toccano il pavimento.
"Ragazzi? Ci siete?" Entrano in casa ed io e Dylan andiamo verso di loro. Uno con la testa bassa e passo impacciato e l'altra con un'espressione corrucciata in viso e le mani nascoste dietro la schiena.
Mia madre posa la borsa sul tavolo e si ferma a guardarci, preoccupata. Lo stesso fa mio padre, il quale sembra aver capito che c'è qualcosa che non va.
"Va tutto bene?"
Dylan si gira a guardarmi, come per chiedermi se ho intenzione di iniziare a parlare. Gli faccio cenno di prendere la parola, così che possa tranquillizzare tutti sin dall'inizio.
"Mamma, papà, stasera Chanel ha subito una specie di aggressione. Un paparazzo l'ha inseguita. Abbiamo dovuto chiamare la polizia."
Elizabeth si siede, guardandomi.
"Mamma, stai tranquilla. Stavo camminando di ritorno dalla spiaggia e un giornalista è saltato fuori da un cespuglio chiedendomi l'indirizzo della nostra villa. Mi ha spiegato che il suo datore lo ha intimato di trovare un'informazione importante riguardante noi, altrimenti lo avrebbe licenziato. Ovviamente io ho rifiutato, ma lui ha insistito, sempre di più. Fortunatamente anche Dylan stava tornando dalla spiaggia, perciò mi ha vista ed è corso ad aiutarmi."
Rido al solo pensiero di mio fratello alle prese con una rissa con quel giornalista.
I miei genitori ci osservano, pensierosi.
"Cosa ne pensi, Will?" Chiede mia madre.
"Penso che dovremmo parlarne con la polizia. Chanel, continuerai ad andare a scuola accompagnata da tuo fratello. Cerca di non rimanere mai sola, specialmente di sera."
Annuisco. Stanno reagendo meglio di quanto mi aspettassi. Conoscendoli, avrebbero già provveduto all'inserimento di una scorta. Al contrario, non ci hanno neanche pensato.
Averla sarebbe terribile. Mi piacerebbe essere libera, per quanto poco lo possa essere.
"Va bene. Non è un problema."
Rispondo. Do la buonanotte ai miei genitori e salgo le scale fini a raggiungere camera mia. Metto il pigiama e vado a lavare i denti.
Prima di chiudere gli occhi, collego il telefono alla presa del caricatore e guardo se ci sono nuove e-mail o nuovi sms.
Jessica mi ha chiesto se stessi bene, dopo la lite con Brianna Jones. Con tutto questo caos, avevo dimenticato di aver incontrato la piccola B. Fortunatamente, però, non è un ricordo che mi piacerebbe conservare. Come tutti quelli che ho con Brianna.
Le racconto dell'aggressione, ma la tranquillizzo sin da subito per evitare che si preoccupi.

Una settimana dopo, mi avvio verso il cortile della scuola. Jessica mi sta aspettando all'ingresso con un paio di libri in mano mentre parla con due ragazzi. Uno indossa una polo blu che risalta sulla sua carnagione chiara. L'altro ha i capelli castani e porta la divisa della squadra di football della nostra scuola.
"Ciao, Jess." La mia migliore amica mi guarda e assume un'espressione soddisfatta prima di presentarmi ai suoi amici.
"Lei è Chanel Taylor, la mia migliore amica. Chanel, loro sono Landon e Evan."
"Sí, sappiamo chi è." Il ragazzo castano rivolge un sorriso scherzoso ad entrambe che io ricambio con una risatina.
"Piacere di conoscervi. Di cosa stavate parlando?"
"Nulla di interessante. A scuola stanno organizzando dei corsi e avrei intenzione di partecipare ad uno di questi."
Annuisco interessata alla questione. Vorrei partecipare ad alcuni corsi che interessino le lingue. È da anni che cerco di imparare lo spagnolo, ma non è facile farlo da autodidatta. Se ce ne fosse uno a scuola lo frequenterei volentieri.
"Sapete se saranno presenti corsi dedicati alle lingue straniere?"
Domando guardando Landon ed Evan che prendono il foglio che entrambi tenevano in un'agenda. Lo consultano per qualche secondo.
"Sí. Ce n'è uno che insegna lo spagnolo e un altro prevede il tedesco."
Da quello che ho sentito in giro, il tedesco è una lingua abbastanza complicata. Ma si può dire lo stesso dello spagnolo.
"Landon, c'è un corso che insegna il francese."
Evan mi guarda in attesa di una risposta. Se pensassi a tutti i viaggi di lavoro dei miei indirizzati verso la Francia, direi che imparare questa lingua non sarebbe una cattiva idea.
"Sono indecisa. Potreste passarmi il foglio? Se ne avete uno in più, magari."
Landon sbircia nel suo quaderno e mi porge un foglio ancora intatto, privo di imperfezioni. È un annuncio molto dettagliato, ricco di particolari. C'è una scritta a caratteri cubitali nella parte centrale che recita "Corsi aperti a tutte le categorie della Los Angeles High School!". Di seguito, segue un elenco di quelli principali.
Leggo anche di un corso di teatro, il quale non mi dispiacerebbe. Ma devo pensarci.
La campanella segna l'inizio delle lezioni, così ci dirigiamo verso le rispettive aule dopo esserci salutati.

Il professore di storia sta spiegando da circa venti minuti, quando poso la mano sul petto. Sento il cuore battere ad un ritmo veloce.
"Jess, tocca qui."
La mia migliore amica appoggia la sua mano nella parte dove risiede il cuore e spalanca gli occhi, lasciando spazio ad un'espressione sorpresa.
"Va veloce. Non mi sembra normale."
Ad un tratto sento aumentare la velocità della respirazione. Guardo la mia amica in cerca di aiuto. Cosa mi sta succedendo?
"Professore, non mi sento bene. Potrei andare in infermeria?"
Ottengo il permesso e anche Jessica mi segue, prendendomi la mano.

Appena arrivata, prendo posto sul lettino e una signora dai capelli rossi mi guarda mentre la mia amica cerca di calmarmi. Sento un formicolio partire dai piedi e seguire sui polpacci e in seguito sulle cosce.
"Non so cosa..." mi alzo e mi siedo, appoggiando la schiena alla parete bianca dell'infermeria.
"Chanel? Tutto bene?" Jessica mi prende la mano. L'infermiera mi si avvicina.
"Non riesco a parlare..." le lacrime iniziano a rigare le mie guance. Non so cosa mi stia succedendo. La paura prende il sopravvento e così anche la sensazione di svenimento. La testa diventa improvvisamente pesante e la appoggio al muro.
"Signorina, mi guardi. Respiri."
Guardo la donna dai capelli rossi difronte a me e cerco di calmarmi.
"Inspira. Espira." Mi ripete. Jessica stringe la mia mano e mi fa cenno di respirare.
Inspiro. Espiro. Lo faccio per alcune volte. Fino a quando mi sento meglio.
Inspira. Espira.
"Si sente meglio ora?" Annuisco, mentre l'ultima lacrima scende delicatamente lungo il viso.
Jess sorride, più tranquilla.
"Cosa è stato?" Domanda la mia amica con fare preoccupato.
"Non ne sono sicura, ma assomigliava ad un attacco di panico. Però, per esserne sicuri, le consiglio di farsi visitare da un cardiologo."
"Va bene."
Resto appoggiata alla parete ancora un po', guardando la mia migliore amica che continua ad accarezzarmi la mano con dolcezza.
Attraverso la porta aperta, vedo passare Carter Stewart. Appena mi vede si ferma ed entra in infermeria.
"Tutto bene?" Nei suoi occhi intravedo preoccupazione che mi lascia colma di stupore.
"Sí. Ho avuto un malore."
Annuisce guardando verso il basso.
"Cosa ti è successo?" Chiede tornando a guardarmi.
"Si pensa sia stato un attacco di panico, ma l'infermiera dice che è meglio fare una visita medica."
"Attacco di panico? Stai meglio ora?"
Sento la sua preoccupazione salire, sempre di più. Perciò decido di tranquillizzarlo.
"Sto bene. Tranquillo."
"Chiamo tuo fratello."
Faccio cenno di sì con la testa e poso nuovamente la testa al muro, cercando di non perdere la calma e ricadere in quella situazione.
Inspira. Espira. Inspira. Espira.

Ciao lettori! ❤️ Come state? Come stanno andando le vostre vacanze?Innanzitutto AUGURI DI BUON NATALE (anche se in ritardo). 🎅🎄

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