|48| Senza paura non c'è coraggio

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Saremo felici o saremo tristi,
che importa? Saremo l'uno
accanto all'altra. E questo
deve essere, questo è l'essenziale.
-Gabriele D'Annunzio

CHANEL
Mi passo una mano tra i capelli, esausta dall'ultimo pranzo rigurgitato nel water.
"Chanel? Sei ancora lì?"
Carter é fuori da circa venti minuti. Non appena mi decido ad alzarmi, sciacquo il viso e lavo i denti. Ho un colorito pallido ed un'espressione esausta stampata in viso.

Apro la porta e lo trovo appoggiato alla parete bianca del corridoio, con le braccia conserte e la preoccupazione alle stelle. Sento una stretta allo stomaco quando incrocio il suo sguardo allarmato e sono costretta ad aggrapparmi alla maniglia dopo l'ennesimo capogiro.

Lui si avvicina a me, istintivamente. Mi porge le sue braccia e mi permette di agganciarmi a lui.
"Stai bene?" Mi scruta, cercando di scoprire ogni singolo indizio nascosto nei miei occhi stanchi ed il mio corpo privo di forze.
"Io... credo di sì." È l'unica cosa che riesco a pronunciare che si avvicini maggiormente alla verità. Non sto affatto bene, ma sto meglio rispetto a trenta minuti fa, quando la nausea mi stava divorando ed un male atroce aveva assediato le mie tempie.

Lo abbraccio e mi stringo a lui che, intanto, mi accarezza i capelli con dolcezza.
"Il tuo ciclo? Ancora niente?" Una domanda che avrei preferito non udire. Ho smesso di pensarci nell' esatto momento in cui ho capito di avere un ritardo e avrei preferito non possederne il ricordo, ma è inevitabile tirare fuori l'argomento.
"Ho un ritardo di quasi venti giorni." Ammetto, dopo un lungo silenzio. Alzo lo sguardo per incrociare quello del mio fidanzato che guarda dritto davanti a sé.
"Chanel, devi fare un test."
"No."
Non se ne parla. Non lo farò. Ho solamente qualche nausea e il ritardo mestruale sarà causato sicuramente dallo stress degli ultimi tempi.

"Hai nausee da due settimane. Vomiti due volte al giorno e hai un ritardo. Dobbiamo comprare un test di gravidanza." Mi svincolo dal suo abbraccio e cammino per il corridoio, a passo svelto.
"Non farò niente di tutto ciò. Non serve. Vedrai che tra un po' starò meglio."
"Chanel, sono due settimane che ripeti che starai meglio. Ed evidentemente non è così."

Arrivo in cucina dove prendo un bicchiere di vetro dalla dispensa ed un po' d'acqua dal frigo che mi servirà per ingerire l'aspirina in grado di calmare questo mal di testa terribile.
"Carter, adesso basta. Non serve fare quel maledettissimo test." Ribadisco, questa volta priva di pazienza e buon senso. Nel profondo, so che la prima cosa che dovrei fare è proprio accertarmi che dentro di me non stia crescendo niente a parte un brutto virus intestinale, ma ho una paura così grande da impedirmi di prendere qualsiasi decisione.
"Tu non capisci che se sei incinta..."
Non gli lascio finire la frase, è troppo per me. Non ci voglio neanche pensare.
"Smettila! Sei tu a non capire che se aspettassimo un bambino sarebbe un disastro per le nostre famiglie! Abbiamo 17 e 18 anni! Sai cosa significherebbe per il mondo?! La stampa annienterà sia me che te!"

Lui indietreggia di qualche passo per poi fermarsi e guardarmi dritto negli occhi. I suoi lineamenti si rilassano, le sue sopracciglia non sono più unite in un'espressione di dubbio e la pelle della sua fronte è distesa.
"Tu hai paura." Afferma.
"Sì, Carter. Ho paura. Ho una fottutissima paura di tutto ciò che ci riserverebbe questa possibile ed inaspettata gravidanza! E tu non mi sei per niente d'aiuto se continui a ripetermi che dovrei fare quel test. Io..."
Prendo fiato.
"Io ho paura."
"Ma tu non sei sola! Ci sono io con te. Lo faremo insieme." Carter si avvicina e tenta di prendermi le mani, ma io mi allontano.
"Basta, Carter! Smettila. Non capisci!" Alzo il tono della voce, anche se me ne pento subito dopo. Lui vuole solo starmi vicino come ha sempre fatto ed io vedo solo le mie agitazioni, i miei timori. Senza pensare che, anche lui, è nella mia stessa situazione.
"Forse è meglio che io vada." E con un'espressione sconfitta, si chiude la porta di villa Taylor alle spalle.

Sono passati due giorni dall'ultima volta che ho visto e sentito Carter. Non é mai successo prima d'ora e percepisco una tale mancanza di lui che non avevo mai provato. Da quando abbiamo avuto quella discussione, non ho avuto il coraggio di chiamarlo o andare da lui. Forse per il modo in cui l'ho trattato, forse perché non ho la forza di riprendere l'argomento o forse perché vederlo, o anche solo guardarlo, mi porterebbe alla mente la realtà dei fatti.
E per ora ho un timore che mi divora durante il giorno e non mi lascia dormire la notte e la sua assenza non fa altro che peggiorare tutto. Ho bisogno di lui.

Sono sdraiata sul divano, in cerca di qualcosa di interessante da guardare in tv. È da ieri sera che non ho nausee e il mal di testa ha cessato di esistere da circa un giorno e mezzo.
Sentirmi meglio, mi fornisce una strana tranquillità. Perché è comunque mischiata alla preoccupazione.
Suonano alla porta e, con passo lento e goffo, mi dirigo ad aprire. La figura di Carter, alta e prosperosa, incombe su di me e mi costringe a lasciargli spazio per entrare quando, a passo svelto, mi oltrepassa.

"Dobbiamo fare il test." Dice, tirando fuori una scatola da una busta ben nascosta nel suo zaino nero. Si sfila gli occhiali da sole e mi guarda.
"Carter ne abbiamo già parlato." Ribatto, ma questa volta, con meno convinzione nel tono di voce rispetto a due giorni fa. Probabilmente, anche il mio corpo ha capito che, forse, è arrivato il momento.
"Non voglio farlo." Ripeto. Spero tanto che lui si rassegni e butti quella scatola in un cestino, il più lontano possibile da qui. Ma viene verso di me, con passi distinti e veloci. Mi prende il viso tra le mani e lascia che i nostri sguardi si incatenino.
"Dobbiamo, Chanel. Devi."
Scuoto la testa, con le lacrime in procinto di uscire.
"Ascoltami." Richiama la mia attenzione e, spinta dalla parte di me che la pensa come lui e che ha solo bisogno di totalizzarmi, mi concentro su di lui e sulle sue parole.
"Hai paura ed è normale. Anche io ho paura. La ho da quando hai avuto la tua prima nausea. Non mi abbandona mai. Non riesco a mangiare e la notte resto sveglio fino alle prime luci dell'alba, quando il mio corpo cede e mi abbandono finalmente ad un sonno profondo per poi risvegliarmi un'ora dopo con un'ansia tremenda."

Prende fiato e si assicura di usare le parole giuste. Mi sento capita, ora che so che anche lui è nel mio stesso stato.
"Ho una paura fottuta di tutto. È vero, portiamo su di noi il peso di due cognomi importanti. Io sono uno Stewart e tu sei una Taylor ed il mondo impazzirebbe se tutto ciò di cui abbiamo paura, fosse la realtà. Verremmo invasi dai giornalisti, la stampa avrebbe del materiale ottimo e le nostre famiglie... beh... non credo che ne saranno felici."
Ingoio mille volte all'ascolto di quella frase per cercare di sciogliere il nodo che si sta stringendo forte nella mia gola, procurandomi del dolore.

"Non ne saranno affatto felici, ma è normale. Abbiamo diciassette e diciotto anni. Una notizia del genere farebbe scalpore persino se appartenesse a due adolescenti con una vita normale rispetto alla nostra. Ma non possiamo farci niente. Possiamo solo avere il coraggio di affrontare tutto questo."
Accarezza il mio viso con le dita, passandole dolcemente sulla mia pelle, donandole calore e facendola bruciare attraverso quegli occhi lucidi che mi osservano con tanta intensità.
"E lo affronteremo insieme. Qualunque cosa accada, io sarò con te. Come ho sempre fatto. È inusuale ed inaspettato, ma le cose inaspettate sono sempre le più belle, no?"
"Non era in programma innamorarmi di te. Non era in programma amarti e non era di certo in programma tentare di convincerti a fare un test. Eppure sono qui, a stringere il tuo viso tra le mie mani e a fare esattamente tutto ciò che non era in programma. Speciale, vero?"
Annuisco.
"Sì. Tanto quanto te."
"Scusami per l'altro giorno. Non penso niente di quello che ho detto. Tu mi sei sempre d'aiuto. Tu sei tutto ciò di cui ho bisogno, realmente."
Mi bacia la fronte e sorride sollevato.

Sono pronta. Avevo bisogno di lui. Come sempre, mi ha spinta a fare ciò che temo, dandomi la forza di agire. E non mi fermerò proprio ora che sono in grado di prendere quella scatola e dirigermi verso il bagno.
                                      ***
Sono passati cinque minuti. È arrivato il momento di sapere la verità.
"Dammi la mano." Prego Carter di stringere le mie dita tra le sue e lo fa, perché anche lui lo necessita. Ha un colorito pallido e non l'ho mai visto così preoccupato come lo è ora.
Stringo la presa e prendo un respiro profondo.
"Vado."
Lentamente, giro il test. Per poco, le mie gambe cedono. Il cuore comincia a battere all' impazzata e mi pervade un senso di smarrimento che mi fa rabbrividire.
"Sono incinta." Scandisco, con lo sguardo rivolto verso Carter, certa che da ora in poi, tutto cambierà.

Spazio autrice❤️:
Ciao, bellissimi!
Ahia, che colpo, vero? Ve la aspettavate? Secondo voi cosa accadrà ora? Come la prenderanno le famiglie?
Cosa vorreste leggere nel prossimo capitolo? Scrivete, che vi leggo!❤️

XOXO
A

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