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"No!" Urlo ancora una volta, con la disperazione in ogni suono che la mia bocca emette. Suoni ovattati. Tutto intorno si spegne. Il pianto di Candice è come un sottofondo di tutto questo. Dylan cerca di impossessarsi dell'arma da fuoco che l'uomo ha ancora tra le mani. La mia amica gli urla di fermarsi, terrorizzata.
Cado. Ginocchia sul pavimento. Lo guardo. Carter è steso, davanti a me. Ha una ferita all'addome causata dallo sparo che sanguina, in seguito ad un'emorragia.

In lontananza avverto delle sirene. Sono tante. Sento lo stomaco stringersi in una morsa che mi impedisce di respirare.
"Carter..." Le lacrime mi rigano il viso, impossessandosi dei miei occhi.
"Chanel..." Risponde, sospirando, sforzandosi di emettere suoni. Una lacrima scende lungo il suo viso dalle stesse iridi che cercavano di darmi coraggio per affrontare tutto questo.
Vedo i suoi occhi socchiudersi.
"Carter, no. Guardami. Non addormentarti."
Gli prendo il viso tra le mani, accarezzandogli le guance rigate con i polpastrelli.
"Ho paura." Dice. Voce spezzata dal terrore. Il panico nei suoi occhi. Ed è ancora peggio di quello che ha sempre visto nei miei.

Vado in cucina, in tutta fretta. Con le mani tremanti, cerco di afferrare delle pezze per tamponare la sua ferita mentre i soccorsi arrivano.
"Chanel, non voglio morire. Chanel,
ti prego." Mi implora disperato.
Lo afferro con delicatezza e lo porto tra le mie braccia, mentre con una mano premo una pezza sulla ferita per evitare che si dissangui.
"Carter, ascoltami. Tu non morirai. Stanno arrivando i soccorsi. Ti rimuoveranno questo proiettile e starai bene." Annuisce, con delicatezza. Lo sento lamentarsi per il dolore quando tampono ancora una volta la ferita.
La porta si spalanca e dei poliziotti si fanno spazio nella stanza.
"Polizia!" Esclama uno di loro. Si guardano intorno, preoccupati. Poi spostano lo sguardo su Carter. Un uomo alto e muscoloso mi guarda, cercando di incoraggiarmi. I soccorsi stanno arrivano. Carter starà bene. Mi ripeto. Non riesco a respirare. Il petto si alza e si abbassa velocemente.

No. Non adesso.
Il folle lascia cadere la pistola sul pavimento da vigliacco. Senza lasciargli troppo tempo per pensare, gli uomini in uniforme lo vincolano con delle manette.
"Lasciatemi!" Urla, muovendosi ribelle sotto la presa forte dei poliziotti.
"Non ho fatto niente!!! È colpa loro. Ho perso tutto a causa loro. Devono morire!"

Quelle ultime parole sono come una lama tagliente perché mi ricordano le sue intenzioni. Guardo Carter. Ha un'espressione colma di dolore impressa sul volto. La ferita continua a sanguinare. Mio fratello è immobile, davanti a noi. Guarda il suo migliore amico dissanguarsi mentre stringe Candice a se per rassicurarla.

Un'altra lacrima scende sul mio viso. Tento di nasconderla. Non voglio che Carter mi veda così. Ha paura di morire e vedere i miei occhi piangenti aumenterebbe il suo terrore.
Passo una mano sulle guance e la asciugo, ma lui è troppo attento per non accorgersene.
"Chanel..."
Chiude gli occhi. Definitivamente.
"Carter! No! Svegliati!" Dylan si avvicina istintivamente. Leggo la paura nei suoi occhi e in quelli di Candice.
"Carter!" Esclama, temendo il peggio.
Ha le mani tra i capelli. Stringe forte la presa. Sembra voglia strapparseli.
"Il mio migliore amico no. Per favore."
Si piega su di lui, Candice accanto stringe la mano di Carter e si appoggia a Dylan per incoraggiarlo.
Comincio a dargli dei leggeri colpi sul viso per tentare di svegliarlo, ma non c'è niente da fare.

"Svegliati." Gli ripeto circa venti volte. Respira ancora.
L'ambulanza è qui.
Entrano con fretta con una barella. Con delicatezza lo trasferiscono su quest'ultima.
Dylan lo segue nel veicolo, mentre io e Candice li seguiamo in auto.

Il tragitto sembra interminabile. Si muovono velocemente sull'asfalto mentre le altre auto si accostano per far passare il ferito.
Entriamo in ospedale.
La barella scivola sul pavimento lucido dell'ospedale, circondata da medici ed infermieri.
"Carter Stewart, 18 anni. Figlio di Adele e Walter Stewart. Ha un emorragia causata da una ferita d'arma da fuoco all'addome. Non sembrano esserci lacerazioni, ma dobbiamo operarlo d'urgenza."
Spiega meccanicamente uno dei paramedici che lo accompagnano. Un gruppo di medici corrono nel corridoio, facendosi spazio tra gli infermieri. Si apprestano a raggiungere la sala operatoria.
Cerchiamo di stare al loro passo, fallendo. Dylan ha le mani tra i capelli, come prima. Non ho mai visto così tanta paura nei suoi occhi. Candice non fa altro che piangere, spaventata, mentre cerca di restargli vicino, cercando di calmarlo.
"Per favore, salvatelo. Lui è il mio migliore amico." Dice, con la voce spezzata dalle lacrime.

Non sento nient'altro che una stretta allo stomaco che mi impedisce di respirare. Avverto una paura che non avevo mai provato prima e vorrei solo che tutto questo non fosse mai successo. Vorrei non aver dovuto andare a scuola stamattina, vorrei non aver preso accordi con Jessica e Candice per incontrarci prima dell'inizio delle lezioni. Vorrei che Dylan non la avesse mai chiamata perché ora avrà questo ricordo impresso nella sua memoria a lungo.
Vorrei non aver mai aperto quella porta.

"Carter, sono Chanel." Tento di raggiungere i medici, mentre corrono ormai vicinissimi alla sala operatoria. Devo dirgli quelle parole. Lui le dice sempre a me quando temo di morire durante gli attacchi di panico. Ora ne ha bisogno.
"Carter non stai morendo. Sei qui. Ce la farai. Hai capito?"
"Signorina, si sposti. Faremo tutto il possibile." Un infermiera mi prende il braccio con dolcezza, accompagnandomi verso la sala d'attesa.

"Perché l'ha fatto? Perché ha fatto da scudo?" Mi domando, con la testa fra le mani tra un respiro e l'altro. Una lacrima e l'altra.
"Voleva proteggerti." Afferma Dylan, guardandomi.
Giro la testa verso di lui. Resto in silenzio perché so che è la verità.
"Se lui dovesse morire..."
Mio fratello trattiene le lacrime, ma so quello che sta provando. Riesco a percepire il suo dolore e glielo leggo negli occhi.
Sento delle urla in lontananza. Le voci sono famigliari.
"Dov'è mio figlio?" Adele grida, impaurita. Entra nella sala d'attesa e ci trova seduti sulle sedie, con gli occhi gonfi per via delle lacrime.
"Non è ..."
Mi alzo, istintivamente.
"No. Lo stanno operando d'urgenza."
Abbraccia il marito, presa da un pianto disperato. Walter la stringe tra le sue braccia socchiudendo gli occhi.

Avrei voluto non aprire quella porta. Perché se non lo avessi fatto, lui non sarebbe in quella sala.
Perché lo ha fatto? Mi domando ancora una volta, mentre un'ultima lacrima scorre lungo le guance, cadendo sul pavimento freddo e glaciale dell'ospedale.

Ciaooo!
Non nego che mi si è stretto un nodo alla gola durante la stesura di questo capitolo? Voi come state messe? Traumi post capitolo? Fatemi sapere! <3

Ig: headandheart_wattpad_

HEAD AND HEARTWhere stories live. Discover now