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CARTER
"Non ce la farà."
Uno dei paramedici cerca in tutti i modi di tamponare sull'emorragia all'addome, tentando di fermare la fuori uscita di così tanto sangue. Sento un dolore che mi pervade su tutto il corpo, concentrato maggiormente sulla zona del proiettile.
"Il battito sta diminuendo." Dice una voce femminile accanto a lui, mentre si sistema lo stetoscopio attorno al collo. Hanno voci spaventate, ma allo stesso tempo autoritarie e piene di coraggio.
"Dovranno operarlo d'urgenza. Adams, quanto manca all'arrivo?"
"Ci siamo quasi."
Sento le sirene suonare alte tra le strade affollate di Los Angeles e rimbombare violentemente nella mia mente. Un brivido mi percorre la schiena, mentre i medici continuano a fare di tutto pur di salvarmi.

Sento gli occhi chiudersi, lentamente, contro la mia volontà, mentre ricordo la voce di Chanel che mi intima di rimanere sveglio. Nei film succede sempre: un incidente coinvolge qualcuno e tutti lo costringono a rimanere con gli occhi aperti.
"Carter, ci sei?" Mi scuotono delicatamente, tentando di riportarmi alla realtà, ma sono troppo debole per farlo.

Una lacrima prodotta dal terrore di morire, attraversa il mio viso per poi ricadere fredda sul collo.
Ho tutta la vita davanti.
Non voglio lasciare questo mondo.
Non ho ancora fatto nulla. Ho così tanta voglia di vivere la mia vita da chiedermi se sia normale o solo una stupida fissazione.

Tremo, tremo, tremo. Temo.

Ma, ad un certo punto, sento nelle orecchie quelle parole.
"Carter, tu non stai morendo. Sei qui con me."
È la sua voce.
Usa le stesse parole che pronuncio quando lei ha un attacco di panico e teme il peggio.
"Signorina, le faremo sapere al più presto."
Sento dire, mentre il mio corpo scivola su quello che sembra essere un lungo e gelido corridoio.

Non morirò come succede nelle serie ambientate in ospedale, vero? Nessun medico andrà a dire a tutti loro che hanno fatto tutto il possibile per salvarmi, ma non ce l'ho fatta, giusto?

Pensieri spaventosi mi tormentano, ma decido di riempirmi di forza. Così tanta che ce la farò.
E questa volta non è una domanda.
Nessun medico andrà a dire alle persone che mi aspettano in quella sala d'attesa, con il cuore in gola e l'attesa interminabile che li tormenta che non c'è stato nulla da fare.

"Bene, Carter. Mi senti? Stiamo per somministrarti della anestesia."  Una voce maschile e rassicurante mi poggia una mano sulla spalla appoggiata sulla barella.
"Non preoccuparti. I paparazzi ti fotograferanno ancora e ancora."
Gli occhi semi aperti, le luci accecanti della sala operatoria ed una equipe di medici che si presentano nel mio campo visivo con un'immagine sfocata e confusa.
Sento una specie di vapore entrare nel mio corpo attraverso le vie aeree.
"Uno. Due... tre...."
Conta uno dei medici.
E poi... il buio. Ancora.

Apro gli occhi, ancora con qualche effetto dato dall' anestesia. Mi distrugge. Sento ogni parte del mio corpo indolenzita e pare che la mia testa sia dominata dalla confusione.

È la prima notte in cui sogno il momento dell'incidente e spero non accada ancora. Ho un battito cardiaco molto veloce e sono tremendamente agitato. È tutta la notte che ripercorro di quel giorno, un sogno ripetuto che si fa strada in ogni singola cellula del mio sistema nervoso producendo adrenalina, palpitazioni e sudorazione.

Guardo l'orologio. Sono le dieci del mattino. Per ora nessuna chiamata, ma presumo che tutti si siano preoccupati di lasciarmi dormire.
"Buongiorno, Carter! Come ti senti questa mattina?"
Una equipe di medici entra nella mia stanza, ma soltanto due di loro sono strutturati. Dal colore dei loro camici presumo che quelli alle loro spalle siano specializzandi.
"Sono distrutto, ma meglio di quanto si potesse sperare. Credo."
Rispondo sforzandomi di sorridere sotto l'anestetico.
Annuiscono con prontezza e iniziano ad effettuare una serie di controlli, prima di fornire la loro opinione.

"Hai proprio ragione. Stai meglio di come ci aspettavamo. Tra qualche giorno potrai tornare a casa."
Sono felice di lasciare le mura di questo ospedale, nonostante ci sia da circa due giorni. Essere qui mi procura ricordi che non vorrei avere. Probabilmente è per questo che non faccio che sognare ciò che è accaduto poco fa.

"Tra poco sarà orario di visite. Presumo che verranno a trovarti, ma non sforzarti troppo." Mi ricorda uno degli specializzandi. È alto, con i capelli ricci e degli occhiali rotondi e dal suo sguardo pare essere molto timido.
"Ricevuto, dottore."
Fa un ultimo sorriso e lascia la camera, mentre io tento di accendere quella che assomiglia ad una tv.

"Carter!" Dylan entra nella mia stanza, con la felicità pari a quella di un bambino che ha appena ricevuto un giocattolo.
Sono seduto sul letto, con la schiena appoggiata allo schienale.
"Hey!" Dico, ridendo dell'espressione euforica che ha sul viso, prima che possa abbracciarmi delicatamente.

Mi da un pugno sul braccio, prima di rivolgermi un'espressione di disappunto.
"Sei un coglione." Dice, mentre prende posto accanto a me, sulla poltrona.
"Perché?" Domando, trattenendo una risata. Si passa una mano tra i capelli, prima di mettersi definitivamente comodo.
"Perché ti sei fatto sparare. Ci hai fatto prendere un colpo!"
Nella sua voce avverto ancora la paura che li ha dominati durante queste ore. Cerco di immaginarmeli, seduti nella sala d'attesa per ore ed ore ad aspettare un verdetto che tardava ad arrivare o che sembrava non esserci.

Sento una sensazione di vuoto dentro di me e mi chiedo se sia colpa mia, se sia io la causa dei traumi che avranno per i prossimi mesi.
"Lo so." Riesco a dire, abbassando la testa.
"Perché l'hai fatto, Carter?" Sospira.
Ed è proprio in questo momento che realizzo. Ero lì, davanti a quel folle, con i miei amici alle spalle e Chanel che stringeva la mia mano talmente forte da non accorgersene. Tremava come una foglia e aveva gli occhi bagnati dalle lacrime incessanti.

Ha puntato la pistola su di lei. Ho provato a dissuaderlo dalle sue intenzioni, fingendo di voler rivelare qualcosa di inedito su una delle famiglie più famose negli States e nel mondo, ma non c'è stato verso.
La sua pistola era puntata dritta sul petto di Chanel. L'avrebbe uccisa. Se avesse preso il suo cuore sarebbe morta all'istante.
Non potevo permetterlo. Ed è stato in quel momento che ho deciso di gettarmi nel volere di quel giornalista.
Non ci ho pensato. Io non penso mai.
Mi dico sempre che alle conseguenze ci si deve pensare quando si hanno. Prima no.
E ora sono qui, a subirle tutte insieme.

"L'ho fatto per salvare tua sorella."
Si ferma per un istante a guardarmi, a riflettere. Lo osservo anche io per qualche secondo, ma poi sposto lo sguardo. Forse non avrei dovuto dirglielo.
"Lo so." Afferma, prima di continuare.
"Intendo dire, perché lo hai fatto? Perché ti sei preso un proiettile per salvarla?"
Conosco Dylan da anni e so che, in questo momento, sta cercando di arrivare ad una conclusione a lui già nota.
"È tua sorella. Tu sei il mio migliore amico. Non potevo permettere che subissi un dolore così grande."
Dico, ma il macchinario che traccia il battito cardiaco non pare essere d'accordo con me.
"So che lo hai fatto per me. Ma non credi che tu l'abbia fatto anche per te?"
Scuoto la testa, cercando di evitare la domanda. Non voglio ammetterlo. Non devo.
Io sto con la sua migliore amica e lei non le farebbe mai una cosa del genere. È una sconfitta e lo so.
"No."
"Carter, tu sei quello che non pensa. Ora non lo starai facendo un po' troppo?"

Chanel entra nella stanza, con un sorriso che le illumina il volto.
"Buongiorno!" Esclama, prima di avvicinarsi al fratello.
"Come stai oggi?" Domanda, con il volto colmo di speranza e gioia nel vedermi con gli occhi aperti.
"Oggi sto bene. I medici dicono che tra qualche giorno potranno dimettermi. Sto molto meglio di quanto potessimo aspettarci."
Sospira, sollevata. Non credo di averla vista così tranquilla e serena prima d'ora.
Devo aver combinato grossi guai con le mie manie da eroe.
"Sono così felice..."
Dylan si alza, per poi rivolgermi un saluto.
"Vado a prendermi un caffè. Questa mattina non ho ancora fatto colazione."
"Va bene. A dopo."
Ci penso su. Dylan non esce mai di casa senza aver mangiato.

Eii! Anche voi felici quanto i fratelli Taylor? Che ne pensate delle parole di Dylan? Scrivetelo nei commenti!❤️

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HEAD AND HEARTWhere stories live. Discover now