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Sono passate circa tre ore dall'inizio dell'intervento e di Carter non c'è ancora nessuna traccia. Di tanto in tanto, un medico passa a passo svelto dalla sala d'attesa ed è un colpo al cuore per noi che attendiamo notizie più di qualsiasi altra cosa. Ma niente: nessuno ci ha informati.

Sua madre è appoggiata alla spalla di suo marito e fissa il vuoto, chiedendosi se lo rivedrà. Dylan non ha proferito parola dall'inizio dell'intervento e a volte sento la sua mano poggiarsi sulla mia, bisognoso di dare e ricevere sostegno. La mia amica guarda l'ora, cercando di apparire tranquilla e priva di qualsiasi forma di agitazione.
Jessica è seduta accanto a me, con la testa appoggiata sulla mia spalla.

Tutto quello che so fare è trattenere le lacrime e cercare di emettere respiri regolari, ricordando le sue rassicurazioni.
Squilla il telefono.
"Pronto? Mamma?" Dylan si allontana da noi per intraprendere un discorso con nostra madre che, ansiosa, domanda come stiamo.
Dice che stanno per salire sul primo volo per Los Angeles e che tra meno di tre ore saranno qui.
"Lo stanno operando." Lo sento dire, mentre si porta una mano sul petto. Pare che questa affermazione glielo trafigga e, ancora di più, l'immagine del suo migliore amico sofferente.
"Sì, stiamo bene. Vi spiegheremo tutto quando arriverete. State tranquilli."
Parla ancora, prima di salutarli affettuosamente e mettere il telefono in tasca.

Resta in piedi per qualche minuto, camminando da una parte all'altra della stanza. Avanti e indietro. Avanti e indietro.
Fino a quando le porte di questa fredda stanza di aprono, lasciando entrare il chirurgo.
Ci alziamo tutti in un istante. Mio fratello si ferma, voltando la testa in un secondo.
"Dottore? Come sta nostro figlio?" Walter Stewart non lascia la mano della moglie neanche per un secondo, mentre insieme attendiamo la verità.

"Ci sono state delle complicazioni durante l'intervento. Ha perso molto sangue mentre arrivavano i soccorsi."
Scuoto la testa, incredula. Sento una sensazione allo stomaco. La stessa che si prova quando si è su delle montagne russe. Quel momento in cui si è in cima, sulla parte più alta, pronti a precipitare a tutta velocità.

Adele si porta una mano sulle labbra, tremando come una foglia. Un silenzio tombale, carico di attesa, colma questa stanza fatta di pareti vuote, cariche di sofferenza.
"È stato un intervento difficile. Ma, fortunatamente, posseggo un'equipe di medici molto competenti. Vostro figlio e salvo."
Sorride, fiero di aver salvato una vita e di aver dato una notizia immensamente bella alla famiglia di un ragazzo che ha appena curato.

Riprendo a respirare. Quelle lunghe ore di apnea, quei lunghi momenti in cui mi sembrava di essere sott'acqua, in un oceano infinito circondata da squali, sono finite. I miei polmoni riprendono a respirare.
Adele si getta nelle braccia di suo marito, in un pianto colmo di felicità, desideroso di liberazione di un tale dolore e poi, vedo mio fratello abbracciare il medico. ringraziandolo di aver salvato la vita del suo più caro amico.
Candice sorride e Jessica si tiene una mano sul petto, guardando la nostra amica.
"Grazie, dottore." Dico, seguita da tutti gli altri.
"È il mio compito. Non ringraziatemi." Sorride ancora, prima di proseguire la spiegazione.

"Adesso dovremmo aspettare che si risvegli. Dovremmo tenerlo in osservazione per alcuni giorni." Annuiamo, sollevati.
Una sensazione di infinita attesa mi pervade, quando penso che finalmente potrò parlargli.

Dopo qualche ora, siamo tutti accanto al suo letto. Sua madre gli tiene la mano, mentre suo padre lo guarda in silenzio, chiedendosi perché mai suo figlio si sia lanciato verso un proiettile. Lo ha fatto per proteggermi ed io lo so, ma non avrei mai voluto questo per lui.

È pallido, con l'addome fasciato e i capelli ribelli. Qualche ciuffo ricade sulla fronte ed il viso pare finalmente rilassato. Una flebo si collega al suo braccio sinistro ed un macchinario traccia il battito cardiaco nella norma.

Il desiderio di vedere i suoi occhi aprirsi ci accomuna più di qualsiasi altra cosa. Ed è talmente forte che, ad un tratto, vediamo le sue palpebre tremare.
"Carter?" Dice sua madre. Mi faccio avanti, istintivamente, posizionandomi accanto a lui. La mia migliore amica mi guarda, sorpresa, ma la ignoro. Lui è qui per me.
E ora non conta nient'altro.

Vedo i suoi occhi aprirsi, finalmente. Dopo tanta attesa, tanto dolore, tante lacrime, riusciamo a vedere il color nocciola che riempie le sue pupille ed è stupendo.
"Carter! Tesoro." Adele accarezza delicatamente la sua fronte, mentre con l'altra mano stringe la sua.
"Mamma? Papà?"
"Sono qui, figliolo." Risponde Walter, al richiamo di suo figlio. Si guarda intorno, confuso, cercando di mettere a fuoco l'immagine che si prospetta davanti a lui.
"Ragazzi?" Tenta di fare un sorriso, mentre guarda tutti noi fermi intorno al suo letto con delle espressioni cariche di felicità.
"Carter! Ho temuto il peggio." Jessica si fa spazio accanto a me, prendendo la sua mano.

"Sono vivo?" Domanda. Leggo paura, ma allo stesso tempo tanta gioia nei suoi occhi.
"Sì. Sei vivo." Gli rispondo, sorridendogli dolcemente, ricordando la sua immagine stesa al suolo, tra le mie braccia, con un proiettile nell'addome che spaventato, impaurito, mi implora di non voler morire.
Si gira a guardarmi e sorride anche lui, sotto gli occhi di tutti.
"Sono vivo."

HEAD AND HEARTWhere stories live. Discover now