Stupido ego maschile.

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Christian era sceso dal letto, dirigendosi nella parte opposta alla sua: non sapeva nemmeno perché la sua meta non fosse stato l'armadio, dato che quella era casa sua e qualcosa di più comodo e pulito poteva indossarlo, ma forse prese i jeans che il giorno prima aveva gettato a terra per imbarazzo di farsi vedere dall'altro.

Non era vero e proprio disagio, eppure era più forte di lui: non si era mai preoccupato di fare i suoi comodi con nessuno, mentre con quel ragazzino-.

Scosse la testa.

Quel tipo lo stava riducendo ad essere un idiota, e ancora più stupido era il fatto che nemmeno gli facesse rabbia: era così bella quella sensazione, si sentiva così bene, così pieno dopo appena due o tre parole che si era scambiato con l'altro.
Prima che parlassero si era sentito in alta marea con l'acqua fino al collo, e ora che aveva capito che i problemi che lui credeva fossero giganti, fossero in realtà talmente microscopici dall'essere risolti in dieci minuti di chiacchierata, si sentiva bene.

Si abbottonò il jeans e sollevò la zip, prima di sollevare lo sguardo verso Mattia che subito distolse gli occhi da ciò che realmente stava guardando e fece incrociare i loro occhi.

«Vuoi una tuta mia?»
Domandò, pensando che i vestiti del giorno prima fossero realmente scomodi: e poi erano ancora in soggiorno.

Il biondo subito scosse la testa.
«No, no, tranquillo, ora vado a prendere-.»

«Non era una domanda che accettava un "no", la mia.»
Specificò, alzò le sopracciglia, quasi come per enfatizzare quanto affermato con il suo sguardo e avvicinarsi all'armadio.

Aprì le ante, prima di afferrare la prima tuta che gli passò davanti -o meglio, lo fece passare per la "prima tuta che gli passava davanti" quando in realtà si era scelto la più bella-, e quasi come se ne avesse cento di quei capi, la gettò sul letto vicino a lui, richiudendo poi le porte.

Si stava davvero vergognando del proprio armadio, o della povertá del proprio vestiario? Sì.

Aveva tutte le ragioni per farlo dato che stava prestando i vestiti ad uno che probabilmente ogni volta che si vestiva aveva cento se non di più euro addosso solo di pantalone e maglia? Sì.

Sospirò, cercando di non pensarci, prima di voltarsi di nuovo nella sua direzione e vedere Mattia fermo, seduto a letto a fissare i suoi vestiti.

Che c'é?

Non gli piacevano?

Stava per domandarglielo, quando vide che incrociò i suoi occhi imbarazzato e abbassó di nuovo la testa, prendendo ad arrossire.

Che gli prendeva?

«...Ti andranno i miei vestiti: certo, un po' più larghi, ma ti assicuro che sono comodi, confortevoli, portano molto calore e-.»

«Non- Non é quello il punto.»

Ah no?

Christian, ferito vedendo che la sua arma più efficace, l'ironia, non era servita, assunse un'espressione confusa.

«E allora cosa?»

Mattia strinse gli occhi, mentre Christian vedeva gli zigomi del più basso iniziare a colorarsi. Si stava vergognando e si stava vergognando ancora di più del fatto che il moro non lo capisse, e fin lì era chiaro, ma di cosa si stava imbarazzando?

«...Sai vero che se non parli non capirò?»

«Ah ora lo dici a me che devo parlare sennò non capisci?»
Si voltò verso di lui.

Christian si sentì attaccato e fece finta di fare un passo indietro, prendendolo in giro.
«Ma quanto sei rancoroso!»

Mattia sospirò, e solo allora il più alto si rese conto della posizione scomoda in cui si trovava: era seduto, ma era come se si stesse sollevando leggermente con le mani poggiate sul materasso, dietro alla sua schiena.

Come le Maschere di Pirandello. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora