Mattina.

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Giulia sobbalzò quando sentì il rumore di una botta alle sue spalle.

Si voltò dall'oggetto delle sue attenzioni -un vecchio libro di ricette che le aveva passato sua madre ma su cui le scritte erano incomprensibili- e si girò verso l'ingresso della cucina.

Mattia aveva appena dato una spallata alla porta, poi aveva barcollato di lato, si era fermato per ritrovare equilibrio e si era avvicinato al tavolo.

Il tutto, con gli occhi mezzi chiusi e la testa bassa.

Arrivato a destinazione, trascinò la sedia.

Ci si sedette pesantemente sopra, e lasciò cadere la fronte sul tavolo con una seconda botta che non sorprese la mamma.

«La notte leone e il mattino coglione.»

Lo prese in giro alzando un sopracciglio, prima di posare quel libro e avvicinarsi alla macchina del caffè.

«A che ora siete tornati ieri?»

Domandò ancora, mentre inseriva la cialda nella fessura, schiacciava e aspettava che il bicchierino di carta venisse riempito.

«Credo le tre.»

«Alla faccia.»
Alzò un sopracciglio, prima di schiacciare il bottone per bloccare il getto e porgeva il caffè a Mattia.
«Stiamo sforando un po' con gli orari?»

«Ieri era un diciottesimo...»
Mormorò stanco, sentendosi come se le poche ore di sonno che avesse fatto non gli avessero per niente fatto bene.

Giulia lo guardò con una mano sul fianco, prima di sentire il rumore di una macchina.

Si voltò guardando fuori la finestra della cucina e vide la macchina di Christian intenta a parcheggiare.

Ormai riconosceva il rumore del motore dell'auto del ragazzo.

«Vai ad aprire al tuo ragazzo, va'.»

E il riccio- cioè, almeno, quello che normalmente era riccio e quella mattina nido per uccelli- si alzò, e senza alzare i piedi da terra si avvicinava all'uscita.

«Nemmeno le pantofole ti sei messo?»

Notò, guardando i suoi calzini neri contro il pavimento.

«Non le trovavo.»

Si avvicinò all'ingresso.

«Ma se te le ho messe stamattina vicino al letto...»
Mormorò la madre, ma pensò che non fosse davvero il caso di insistere, perché in quelle condizioni pure se gliele avesse messe già sui piedi Mattia non le avrebbe notate.

Il biondo aprì il cancello fuori al viale per far entrare il suo fidanzato, e lo vide avvicinarsi a quello mentre si voltava verso la macchina e la chiudeva premendo il tasto sulla chiave; assicuratosi di averla bloccata, entrava nel giardino.

Mattia poggiò una mano sull'interno e l'altra sull'esterno della porta, quasi a sorreggersi, mentre ci schiacciava la guancia sinistra sopra e guardava il moro avvicinarsi a lui.

«Buongiorno.»

Lo salutò Christian, a pochi passi dagli scalini.

«Buongiorno.»

Borbottò Mattia, sveglio da poco.

Stefanelli sorrise e lanciando un'occhiata dentro casa notando non ci fosse nessuno e vedendo come il biondo lo aspettasse in quel modo, non si fece problemi a chinarsi verso quel bambinone ancora in pigiama e lasciargli un bacio sulle labbra.

Zenzola sentì il cuore scaldarsi anche se il cervello non gli connetteva ancora bene, e lo fece entrare.

«I tuoi?»

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