Un po' meno nero.

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Si morse più forte il labbro, iniziando a strapparsi le pellicine per la tensione.

Il rumore dell'ascensore che saliva lentamente di certo non arrestava né tranquillizzava la propria ansia; che poi che significava quel "speriamo non si blocchi"?

Dopo qualche istante, suonò, avvertendo che ormai erano arrivati a destinazione e le porte dell'ascensore si aprirono.

Il primo a fare il passo avanti fu proprio Alex, che si mosse sul largo pianerottolo arrivando davanti ad una porta.

Mattia si mosse insieme a lui non intenzionato a lasciarlo stare, e in cuor suo speró che il terzo ragazzo, Luigi, fosse in condizioni almeno decenti e che non avrebbe dovuto badare anche a lui.
Anche perché Christian avrebbe avuto tutte le sue attenzioni, non ci sarebbe stato spazio per altri.

Quando sentì il più alto battere le nocche sul legno, pregó davvero che quella fosse quella giusta e che non fosse troppo ubriaco per sbagliare, ma poi sentì dei passi veloci dall'interno e la porta si aprì finalmente.

Ne uscì fuori dal poco spazio che era stato aperto un ragazzo di media altezza, con i capelli spettinati, gli occhi rossi e dalle guance arrossate.

Il ragazzo che identificò come Luigi incrociò immediatamente lo sguardo di Alex, fissandolo come chissá cosa volesse fargli per poi stringere forte le labbra, corrugare la fronte e scuotere la testa.

«Mezz'ora un cazzo, Alex.»

Sussurrò con un tono mezzo arrabbiato, come se fosse stato appena preso in giro e Mattia alzò timidamente lo sguardo per incrociare quello del ragazzo nominato.

L'altro teneva sempre la sua espressione dura, la stessa che gli aveva visto appena era entrato nella casa di Francesco quel sabato sera, eppure c'era qualcosa di diverso.

Luigi si voltó verso di lui.

«Tu sei Mattia, giusto?»
Domandó, cercando di abbozzare un sorriso e al diciassette il cuore sembrò scaldarsi: sembrava così fragile quel ragazzo, probabilmente in una posizione terribile dove l'impotenza la faceva padrona, dove probabilmente oltre alla preoccupazione per Christian si era aggiunta quella per Alex, e Mattia mentirebbe se avesse detto che in quel momento non avrebbe voluto dargli un abbraccio.

Perciò gli sorrise caloroso, quasi per dirgli che ora andava tutto bene, che anche se non conosceva la situazione ogni cosa era risolvibile e addolcì il proprio sguardo.
«Sì, tu Luigi, giusto?»

E mentre lo domandava, Alex faceva scivolare lentamente via il braccio che aveva attorno alle sue spalle.

Il biondo si voltò a guardarlo, credendo avrebbe detto qualcosa, ma quello non faceva altro che fissare Luigi.

Il ventenne allora riformò il contatto visivo, e quella scintilla di preoccupazione tornò per la seconda volta.

Mattia fissò entrambi, prima di arrivare alla conclusione che pochi minuti prima si era sbagliato: se ci avessero messo quindici minuti invece di dieci, qualcuno sarebbe decisamente morto.

E stava per dire qualcosa, quando la porta si spalancò tutta d'un tratto e Christian ne uscì fuori.

Zenzola non ebbe nemmeno il tempo per scrutarlo per bene, per chiedersi se quello fosse sudore o se si fosse sciacquato il viso, per chiedersi se quel tono pallido della pelle fosse proprio il suo o fosse effetto della luce, che senza dire nulla, senza parlare, il moro gli si gettò addosso.

Il tessuto scuro della felpa del più alto gli coprì metà del viso, e cacció un piccolo verso di sorpresa.

Mattia fece mezzo passo indietro, non aspettandosi quel gesto, mentre sentiva il respiro dell'altro infrangersi contro il suo collo.

Come le Maschere di Pirandello. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora