In a dream, I saw my mother...

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Silenzio.

In quella casa c'era solo silenzio.

Christian era seduto al tavolo della cucina, con davanti una tazza di caffè ormai vuota e una bustina di zucchero aperta.

Il rumore dell'acqua del rubinetto che si infrangeva contro il lavandino era costante, e forse cercava di tenere incollati i pensieri dei due in quella stanza.

«Vacci a parlare.»

«E per fare cosa? Tanto nemmeno vuole vedermi.»

«Glielo devi, Chri.»

Erano state queste le parole con cui Mattia lo aveva incoraggiato a fare quello che stava facendo quel giorno.

Quel giorno in cui si trovava nella casa dei suoi genitori.

Nella casa dov'era cresciuto.

Nella casa in cui aveva abitato per tutta l'adolescenza.

Suo padre era a lavoro come sempre.

Era sabato.

Ricordava che da piccolo gli piaceva il sabato, perchè era l'unico giorno della settimana in cui, tornando da scuola, non era da solo.

Durante il periodo delle medie sua mamma aveva trovato un lavoro, e tutto sembrava essere leggermente più stabile: Christian si sorprendeva quando entrando in un negozio, la mamma gli comprava quell'ovetto kinder che tanto voleva (e che lui conservava fino al giorno successivo come merenda a scuola), oppure quando entrando in cartolibreria gli comprava un album per colorare.

A Christian piacevano i colori.

Avrebbe voluto averne tanti, così tanti come il suo compagno di banco in prima media, Amedeo.

Quel periodo fu un periodo che nella mente del moro si conservava con quieta lucidità.

Le cose iniziavano ad andare meglio del solito.

Sua madre era felice.

Era soddisfatta del proprio lavoro, nonostante non era che lavorasse in chissà quale fabbrica e non è che facesse degli orari proprio comodi.

Però era più serena.

Come se avesse trovato un modo per tenere occupati i pensieri negativi del giorno.

E chissà quanti ne aveva.

E chissà se esistevano anche fuori da quella casa.

Il Christian undicenne non ci pensava a questo però.

Lui teneva solo la mano alla sua mamma quando andavano da qualche parte, e quando la mamma gli chiedeva se voleva qualcosa, lui non lo diceva ad alta voce.

Lui rispondeva "no" tenendo gli occhi puntati su quello che voleva, e poi guardava negli occhi verdi come i suoi la sua mamma.

Perché aveva paura che non glielo potesse comprare.

E ogni volta che gli diceva di no a qualcosa, lei sembrava sempre più triste del figlio.

E il bambino non avrebbe mai voluto renderla triste.

Però non sapeva contenere la felicità quando poi la mamma gli comprava quello che voleva.

Non sapeva trattenere la felicità quando si aggrappava al bancone della cassa e guardava il suo regalo mentre veniva scannerizzato.

E non chiedeva se poteva aprirlo fin quando non gli veniva dato fra le mani, perché era un bambino sì, ma era un bambino grande.

E forse per questo tutti i cassieri gli sorridevano e facevano poi i complimenti alla signora.

Come le Maschere di Pirandello. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora