Ogni posto ti conosce.

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"Non c'è luogo in cui io sia stato in cui il mio pensiero non sia finito a te."

Aveva scritto così Mattia, ormai qualche giorno prima di quella domenica mattina, seduto sulla sedia della sua scrivania.

Teneva la mano sinistra sul foglio, attento a tenerlo fermo, mentre con la destra scriveva veloce.

Era leggermente piegato per osservare meglio i caratteri sulla carta, di tanto in tanto cacciava la lingua in fuori concentrato, e quando lo notava, faceva una strana smorfia, perché il suo fidanzato più volte lo aveva preso in giro su quell'aspetto.

Era seduto, quel giovedì, a scrivere una lettera.

La stessa lettera che ora era custodita nel cassetto del suo comodino, l'ultimo, fra i calzini ben piegati e riposti lì dentro, nascosta da un Mattia che, troppo timido, aspettava un momento giusto per consegnarla al suo destinatario.

Non scriveva lettere da un po', a dir la verità.

Ne aveva scritte un paio, tempo prima, per il suo ex ragazzo, ma poco c'era voluto prima che capisse che quegli scritti col passare del tempo vennissero letti a tratti e poi successivamente nemmeno più guardati, perciò si era semplicemente tolto il vizio.

Eppure, da un po' gli frullava per la testa quell'idea.

Scrivere un pensiero che sarebbe rimasto anche dopo una conversazione, qualcosa di cartaceo che Christian avrebbe dovuto per forza conservare con cura se avesse voluto tornare a leggerlo, qualcosa di materiale che lo avrebbe aspettato quando tornava a casa.

Pensava, poi, che se il suo ragazzo avesse visto quel suo scrivere senza vergogna, si sarebbe imbarazzato di meno nell'esprimersi e chissà, magari avrebbe trovato sfogo nella scrittura.

Erano tante frasi che Zenzola si ripeteva, pur di non ammettere a se stesso che in realtà voleva semplicemente regalare una lettera sdolcinata al proprio fidanzato.

In realtà non si sentiva in dovere di ricambiare alcun regalo, nè davvero credeva che dopo quella lettera magicamente Christian diventasse scrittore, eppure... voleva solo ricordargli dei suoi sentimenti.

Dargli una prova tangibile che quelli esistevano, ed erano forti ed incontrastabili.

Ed erano travolgenti, molto di più di una notte insieme, molto di più dell'alcol, molto di più di qualunque droga.

E perciò aveva preso a scrivere, e la penna scivolava sul foglio con leggerezza nonostante lui calcasse molto, così tanto che passandoci le dita sopra si sentiva la profondità dei caratteri, eppure niente sembra stancante quando hai tante cose da dire.

E nella convinzione che ciò che scrivesse fosse vero e reale, e nella ricerca delle parole giuste per convincere anche l'altro che fosse così, il polso scivolava veloce lungo le righe, le dita si sporcavano d'inchiostro.

Mattia sorrideva se ci pensava.

Sorrideva se pensava che erano a domenica e lui quella lettera al moro ancora la dovesse consegnare.

Aveva immaginato di farlo dopo un'uscita, o la prossima volta che sarebbe andato a casa sua di lasciarla prima di andarsene sul tavolo o sul cuscino, o la prossima volta che sarebbero andati in via Luigi Pirandello, di consegnargliela e vedere la sua reazione in diretta.

Tante ipotesi, nulla di certo.

La lettera era ancora nel cassetto, come il sogno che custodiva di mantenere quell'amore così come appariva quella domenica mattina: sincero, puro, vivo.

Mattia spostò lo sguardo dal comodino della sua stanza, rivolgendolo al ragazzo accanto a lui.

Quello dormiva ancora, stanco probabilmente da tutto ciò che era stato capace di scolarsi la sera prima: steso a pancia in giù, teneva le braccia sotto al cuscino, e il viso rivolto verso di lui.

Come le Maschere di Pirandello. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora