make you mine.

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Mattia fissò il soffitto.

Era stanco, aveva voglia di dormire, ma il sonno non sembrava volerne sapere di abbracciare il suo corpo.

Non riusciva a chiudere gli occhi, e a dir la verità, anche se li teneva aperti, non vedeva altro che buio.

Forse per questo aveva alzato le persiane della stanza: così la luce della luna e dei lampioni fuori illuminavano per quel poco che potevano quella camera.

Ormai era mezzanotte e mezza.

In quella casa non c'era rumore.

Non capitava quasi mai che lui dormisse nella camera degli ospiti dell'abitazione Paone. Di solito si sdraiava nello stesso letto del più piccolo della casa, parlavano del più e del meno, trattenevano risate e gemiti di dolore quando decidevano di fare la lotta come due bambini, e poi si coricavano.

Ma quella sera era diversa.

Alex aveva lasciato quella casa da ormai qualche ora, e Francesco, quando aveva accompagnato il biondo al piano di sopra, gli aveva semplicemente chiesto se gli andasse di starsene un po' per conto suo.

Zenzola lo aveva ringraziato e aveva annuito, e così si era ritrovato in quella stanza.

La conosceva poco, a dir la verità.

Erano ormai anni in cui frequentava quel posto, eppure poche volte gli era capitato di dormire su quel letto.

Il materasso era morbido, i cuscini erano grandi e soffici, sembrava di essere su una nuvola.

Le coperte erano calde.

Eppure si sentì solo e miserabilmente piccolo al centro di quel letto matrimoniale.

Sospirò, spostando il viso di lato.

«Domani mattina passerò a prendere entrambi, poi dopo andremo da Christian e tu gli spiegherai tutto.»

Aveva detto Alex senza troppi giri di parole mentre era sulla porta di casa pronto ad uscire.

Rina era rimasto per quasi due ore in quella casa a mettere su un teatrino comico con Francesco solamente per creare una bell'atmosfera per Mattia, e lui l'aveva davvero apprezzato: dietro quelle battute c'era un'amicizia che si stava formando dal niente molto velocemente, e sapeva quanto fosse difficile per la freddezza di Alex e per la diffidenza di Francesco, ma si stavano sforzando per lui.

Perciò non obiettò quando gli disse quelle parole.

Credeva fosse la cosa migliore.

Parlare con Christian, ovviamente.

Dirgli tutto.

Raccontargli la verità.

Sospirò di nuovo, mentre i suoi occhi si puntarono di nuovo al cielo.

C'era una luce biancastra che entrava nella stanza e dipingeva il soffitto sopra di lui di un leggero azzurrino.

Alzò una mano, quella destra.

Alcune sere gli era capitato di tentare di afferrare quella luce, di modificarne la forma, di guardare fuori dalla finestra e chiedersi se gli alberi avessero coscienza e chissá cosa avrebbero detto se avessero avuto la parola, di interrogarsi sulle stelle e la luna, sulla città, sulle abitazioni di quel piccolo paesino e domandarsi impiccione chissà cosa stava accadendo in quelle abitazioni in cui la luce rimaneva accesa quando tutte le altre si spegnevano.

Si guardava spesso intorno e spesso cercava risposte, ma quella sera non le cercò nell'intensità della luce, nella natura o nel paesino in cui viveva.

Come le Maschere di Pirandello. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora