10 - Per terra in mutande

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Mi chiusi lentamente la porta alle spalle. Hua Cheng era seduto su una delle numerose sedie della sala d'attesa appena mi vide si alzò in piedi e mi venne incontro. I suoi abiti rossi e neri cozzavano con il bianco dell'ospedale, gli rivolsi un sorriso stanco. Le luci al neon mi stavano dando il mal di testa.

- Com'è andata?
Non risposi mi limitai ad appoggiargli la fronte al petto con aria affranta. Lentamente mi strinse in un abbraccio, ne avevo bisogno. Volevo solo sparire in quel calore e dimenticare tutto, ma non appena mi toccò le spalle mi irrigidì e mi allontanai. Per un secondo lo sguardo di Hua Cheng si scurì, poi tornò quello di sempre.

- Scusa.- Mormorai scuotendo la testa. - Mi fa male se mi tocchi.

- Non devi scusarti, ti chiedo scusa io. Non volevo farti male.

- Non è nulla, andiamo via.

Uscimmo lentamente dall'ospedale, Hua Cheng camminava accanto a me in silenzio, fortunatamente non mi aveva chiesto più nulla sulla visita. Non mi andava di parlarne, mi sedetti pesantemente sul sedile del passeggero non appena arrivammo al parcheggio.

- Ti porto a casa.

- Sì, per favore.

Hua Cheng mise in moto, in quel momento il mio cellulare squillò, era mia madre, non volevo rispondere... Risposi.

- Pronto?

- Tesoro! Com'è andata la visita?

Restai un attimo in silenzio.
- Bene, mi sono state proposte diverse cure, tra i quali antidepressivi.
Non riuscii a trattenere l'ironia mentre lo dicevo, mia mamma sospirò.

- Figlio mio, forse se tutti i dottori ti dicono così, non è quella malattia che pensavi. Forse davvero hai... bisogno di vedere uno psichiatra o uno psicologo in maniera seria e costante.

Sapevo che Hua Cheng accanto a me aveva sentito, gli lanciai un'occhiata tesa, ma lui non sembrò avere chissà quale reazioni, si limitò ad aggrottare le sopracciglia.

- Mamma... Non sono depresso.

- Probabilmente è colpa di tutta la pressione che ti ha messo addosso la danza, sei sempre stato un bambino sensibile.

- Mamma, non è un problema psicofisico.

- Vuoi che ti cerco un bravo psichiatria? Ne conosco un...

- No!
Dissi un po' troppo violentemente. - Scusa.
Mi affrettai a dire subito dopo.

- Mamma davvero non serve. Sono sicuro che non sia quello, non è possibile. Ora sono stanco, ci sentiamo.

- Ciao tesoro.
Riattaccai e mi abbandonai contro il sedile dell'auto, gli occhi mi bruciavano terribilmente, sentivo le lacrime premere per uscire, erano lacrime di rabbia, frustrazione, delusione e paura. Chiusi gli occhi e non piansi.

- Gege...

- Hm?

- Posso portarti io da un dottore, quando lo desideri tu?

- Va bene.

- Solo se vuoi.

- Va bene.

Sentii lo sguardo di Hua Cheng posarsi su di me e gli rivolsi un sorriso stanco. Restammo in silenzio per il resto del tragitto. La macchina si fermò sotto casa mia.

- Grazie davvero del passaggio, San Lang.

- Scrivimi se hai bisogno, è stato un piacere. Ci vediamo domani sera per la lezione di danza.

- Contaci.

Sorrisi e lo salutai con un cenno della mano. Vidi la sua macchina allontanarsi, non smisi di sorridere, salii fino al mio appartamento trascinandomi su per le scale. Mi sembrava di pesare il doppio del solito. La prima cosa che feci una volta entrato fu gettarmi a letto e soffocare un grido nel cuscino. Poi mi tirai su di scatto, bisognoso di una doccia e di lavarmi di dosso l'odore di ospedale e la sensazione delle mani del dottore che sfioravano il mio corpo.

Restai sotto l'acqua calda per un bel po', mi persi nei miei pensieri. San Lang era davvero gentile con me, dovevo fare qualcosa per ricambiare. Certo ero diventato il suo insegnante privato, ma mi stava pagando una fortuna. Forse potevo regalargli qualche dolce? O dei fiori? Chissà se gli piaceva leggere? Quando l'acqua cominciò a diventare fredda realizzai di essere rimasto un po' troppo a lungo sotto la doccia, mi sbrigai a sciacquarmi i residui di shampoo dai capelli e ad uscire dalla doccia.

Mi asciugai rapidamente i capelli, lasciandogli scompigliati, mi infilai un paio di boxer e uscii dal bagno alla ricerca del mio pigiama.

Mi fermai di colpo davanti allo specchio che ricopriva un'intera anta dell'armadio in camera mia, il mio corpo era ancora quello di un ballerino, sembravo più magro eppure i muscoli erano ancora lì, testimoni di dure ore di allenamento. Accennai due passi di danza canticchiando.

Mi sentii improvvisamente stabile sulle gambe e azzardai un piccolo salto. Nel giro di un istante mi ritrovai per terra, cadendo avevo provato ad aggrapparmi al letto per sorreggermi ma l'avevo mancato completamente.

Mi ritrovai disteso suo pavimento di camera mia dolorante, in mutande e infreddolito. Mi diedi dello stupido. Perché stavo ancora sperando nella possibilità di tornare a ballare?

- Fanculo.
Quando imprecai contro il nulla mi stupii di me stesso. Non ero il tipo da dire parolacce, ma quell'insulto mi era venuto spontaneo, non sapevo a chi era rivolto. Se a me, alla mia malattia, alla danza, a quel che restava dei miei sogni. Restai sdraiato sul pavimento a lungo. Ignorando il freddo e il pavimento duro che rendeva ogni dolore più insopportabile.

Non sapevo se in quel momento avrei preferito morire e scomparire dalla faccia della terra o vivere al massimo, assaporare la vita fino in fondo... In ogni caso non potevo scegliere nessuna delle due opzioni. Ero fermo, ghicciato in una situazione in cui non vedevo via d'uscita. Nei momenti difficili della mia vita mi ero sempre rifugiato nella danza, avevo combattuto in calzamaglie, ora non potevo più ballare per affrontare la vita (certo potevo sempre indossare le calzamaglie, ma ero sicuro che non mi avrebbe fatto sentire mai meglio.)

Il telefono sul mio letto squillò. Allungai una mano e lo afferrai, non appena lessi il nome sullo schermo sospirai: ancora mia madre.

- Pronto ma'.

- Tesoro, domani hai voglia di venire a pranzo da noi?
Oh.

- Certo, volentieri.

- Che bella notizia, tuo padre ed io non vedevamo l'ora di rivederti. Vogliamo farti conoscere una persona.

Oh. Cos'era quello strano fastidio alla pancia che mi era venuto sentendo le parole di mia madre? Ahn sì, ansia sociale.

- Wow.

- È una persona meravigliosa, un ex ballerino.

Risposi con un mhmh poco convinto.

- A domani, ma'.

- A domani tesoro.

Sospirai e rigettai il telefono sul letto. Con la fortuna che avevo sicuramente la persona che i miei mi avrebbero presentato avrebbe reso la mia vita difficile il doppio. Potevo solo sperare che andasse tutto bene e che per una volta la dea della fortuna avesse pietà di me.

A. A.
Eeeeccomi qui. Qualche ipotesi su chi sarà questa fantomatica persona? (:

Memorie d'autunno || HualianDove le storie prendono vita. Scoprilo ora