35 - Mi prendo un armadio in testa pt. 2

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Non appena Hua Cheng se ne andò dovetti affrontare mio padre e Jun Wu.

- Santo Cielo, Xie Lian, mi hai fatto prendere un colpo. È così difficile per te stare fuori dai guai?
Mi scappò una risata tesa, avevo fatto preoccupare mio padre, e quando si preoccupava inevitabilmente si arrabbiava.

- Cosa ha detto l'infermiera?

Domandai, a giudicare dalla mia fronte fasciata ero già stato visitato. Jun Wu mi guardò preoccupato.

- Ha detto che hai rischiato un trauma cranico. È meglio se resti qui un'ora in osservazione, se ti compaiono strani sintomi come nausea, vertigini, problemi alla vista, sonnolenza e confusione dillo immediatamente che ti accompagno in pronto soccorso.

Il suo tono pratico e professionale mi ricordò che Jun Wu era uno studente di medicina in procinto a ottenere il diploma. Annuii: - Sto bene. Ho preso solo una bella botta.

Feci per alzarmi, ma Jun Wu mi trattenne sdraiato tenendomi per una spalla.

- Stai giù e riposati.

Mio padre mi diede una timida pacca sulla spalla che mi fece sciogliere di tenerezza, non era mai stato un amante del contatto fisico, di rado dimostrava amore e dopo i recenti scontri pensavo mi odiasse.
- Io e Jun Wu stavamo parlando con uno dei nostri sponsor nel mio ufficio, dobbiamo tornare e proseguire la riunione. Ma per qualsiasi cosa non esitare a chiamarci. La dottoressa è qui fuori per ogni evenienza.
Borbottò in tono burbero.

- Grazie. Tra un'ora se sto bene posso andare?

- Mandami un messaggio.
Intimò mio padre, poi mi strinse di nuovo la spalla. Rivolsi ai due un sorriso rassicurante.

- Starò bene, andate pure.

Si scambiarono uno sguardo d'intesa, poi se ne andarono davvero. Rimasi solo nella stanza, avevano lasciato la porta aperta, sentivo, nella stanza accanto, il ticchettio di una tastiera probabilmente la dottoressa stava scrivendo al computer.

Osservai il famigliare soffitto bianco dell'infermeria sopra di me, la testa mi faceva meno male ogni istante che passava. Avevo passato un po' troppo tempo in quella stanza durante la mia infanzia. Davvero: non riuscivo a completare una lezione senza farmi del male, dovevo aver causato un bel po' di mal di testa ai miei genitori e al mio insegnante.

L'orologio era sempre nello stesso luogo, in alto sopra la porta. Ticchettava lento e inesorabile mandandomi fuori di testa, il sole entrava da una delle finestre inondando la stanza di luce, facendola apparire più bianca di quello che era.

Presi il mio telefono, scorsi le notifiche. Nessuno mi aveva scritto. Appoggiai il telefono sul lenzuolo accanto a me, non mi restava altro da fare che aspettare. Rimasi solo a torturarmi con i miei pensieri confusi per un'ora abbondante, una o due volte la dottoressa si affacciò per chiedermi come stavo, ogni volta le sorrisi rassicurandola che stavo bene e che non presentavo sintomi da trauma cranico.

Quando vidi entrare nella piccola infermeria Feng Xin e Mu Qing li salutai allegramente. Rassicurai anche loro, stavo bene. Li liquidai in fretta, quando uscirono dalla stanza fui quasi sollevato. Stavo aspettando Hua Cheng, non volevo che quei due lo incontrassero dopo tutto quello che era successo.

Dieci minuti dopo la visita di Feng Xin e Mu Qing (ogni due per tre fissavo l'orlogio) Hua Cheng fece il suo ingresso nella stanza, aveva ancora quell'aria affranta da cane bastonato. Povero.

- Sun Yang ti ha sgridato?
Domandai, conoscendo già la risposta.

- Un po', ha detto che ero non ero concentrato.

- Non mi stupisce, noi dobbiamo lavorare più duramente.
Sottolineai la parola "noi" nel tentativo di confortarlo. Non funzionò.

- Andiamo a casa?
Chiesi, dopo un breve istante di silenzio. Hua Cheng annuì e si avvicinò di un passo.

- Ce la fai a camminare?

- Sì, sto bene.

Mi tirai su barcollando e Hua Cheng mi porse la mano titubante, la presi senza esitazione. Sbirciai la sua espressione, non era cambiata. Sembrava ancora inguaribilmente triste. Povero. Mi lasciai trascinare fino alla sua auto.

Hua Cheng un attimo prima di entrare in macchina si fermò:
- Ti va davvero bene stare da me?

Salii sul sedile del passeggero e mi allacciai la cintura:
- Sì.

Hua Cheng deglutì sonoramente, poi salì accanto a me e mise in moto l'auto. Fu un viaggio silenzioso, io curioso di sapere, aspettavo che fosse Hua Cheng a dire qualcosa, lui, probabilmente per il desiderio di vivere nella solita beata ignoranza non disse nulla.

Parcheggiò e scendemmo, a metà del viale che attraversava il giardino di casa sua, dal cancello all'entrata, non riuscii più a trattenermi. Hua Cheng camminava qualche passo avanti a me, mi dava le spalle. Mi pareva lontano, un enigma irrisolvibile, ma io volevo sapere, avevo un bisogno disperato di sapere.

Ero io? Per tutto il tempo che avevo passato solo in infermeria, per tutto il viaggio in auto non avevo mai smesso di lottare con me stesso per non pronunciare quelle due semplici parole, quella domanda. Non riuscii più a resistere e senza potermi fermare domandai:

- Chi è quella persona meravigliosa, intelligente, graziosa e bellissima che ami fin da quando eri bambino?

Hua Cheng si fermò, nella luce rossa e calda del tramonto vidi le sue spalle irrigidirsi:
- Perché chiedi se sai già la risposta?

Il mio cuore perse un battito. Mi avvicinai di un passo.

- Penso... Che io e te dovremmo parlare.

- Non sono sicuro di voler sapere.
Mormorò e la scarsa fiducia che aveva in sé stesso mi fece sentire male per lui. Davvero non pensava di essere ricambiato?

- Invece è giusto che tu sappia, voglio essere sincero con te.

- Va bene.

Sospirò. Le sue spalle si chinarono in avanti, come se fosse pronto a incassare un brutto colpo. Non ce la facevo più a vederlo così sofferente e lontano.

Mi slanciai in avanti e lo abbraccia da dietro. Appoggiai la mia fronte ammaccata contro la sua schiena. Non appena lo toccai trattenne il respiro, sembrava un bambino abbandonato da tutti, accolto improvvisamente tra le braccia di qualcuno.

Hua Cheng si voltò lentamente, aveva la bocca aperta per lo stupore. Mi strinse tra le braccia. Lo guardai con un sorriso. Aveva capito? Mi augurai di sì.

Volevo, però, eliminare definitivamente tutti i suoi dubbi quindi osai, rischiai come non avevo mai fatto prima. Sulle punte dei piedi, mi allungai verso di lui e appoggiai le mie labbra sulle sue, ancora semiaperte.

Fu come assaggiare l'autunno, come assaporare una tempesta.

Quell'istante si impresse a fuoco nella mia memoria. Non ero mai stato così consapevole del mondo attorno a me e di me stesso.

Il sole stava tramontando e infiammava di rosso gli aceri del giardino di Hua Cheng, soffiava una brezza fredda e leggera, la strada, oltre il cancello era palcoscenico dei giochi di qualche bambino, il prato attorno a noi era frastagliato di giochi di luce. Il respiro di Hua Cheng era caldo, il suo cuore agitato, i suoi occhi chiusi e le sue mani delicate mi avvolgevano.

Io non ero mai stato felice come in quel momento, le gambe mi facevano male, sentivo la testa gonfia e la garza in testa probabilmente mi dava un aria da idiota ma non ci badai.

Per la prima volta, da quando avevo smesso di ballare, mi sentivo completo.

Scoprii nuovamente che non serviva un stanza da ballo, delle scarpette e delle calzamaglie per ballare. Non mi serviva la danza per essere felice.

A. A.
FINALMENTE. (:

Memorie d'autunno || HualianWhere stories live. Discover now