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Il tempo sembrò fermarsi per un istante. Tutto attorno a me non sembrava reale, non capivo se fossi in un brutto incubo, o se era solo la semplice realtà.

Davanti a me a pochi metri di distanza avevo ancora Albert, che mi guardava, non emetteva nessuna emozione, aspettava che gli dicessi qualcosa, ma quel qualcosa non arrivò, perché me ne scappai, via di lì, il più lontana possibile da quel peccato che avevo appena commesso.

Le gambe sembravano non reggermi, l'alcol scorreva nelle mie vene ancora più velocemente, la testa stava scoppiando e quasi non finii per terra, al suolo, disperata. Avevo voglia di scomparire, non meritavo di stare al mondo dopo quello che avevo appena fatto. Mi sentivo uno schifo, una merda, pensavo solo alla delusione di Neymar dopo averlo scoperto.

Negli occhi pungevano continue lacrime che non volevano smettere di rigarmi il volto, ormai pieno dei residui neri del mascara colato. Arrivai alla prima uscita con fretta, il mio corpo aveva bisogno di aria.

Spinsi con forza la porta, fino a trovarmi finalmente al di fuori da quel locale. L'aria fresca mi solleticò il viso, provocandomi brividi di freddo, le mie lacrime sparse sul volto a contatto con l'aria fecero sì che sentii ancora più freddo. A proteggermi da quel freddo invernale avevo con me il cappotto, che mi sembrò quasi inutile perché in questo momento l'unica cosa capace di scaldarmi l'anima erano le braccia di Neymar.

Allo stesso tempo però non volevo vederlo, non sarei riuscita a non piangere nel vederlo, gli avrei confessato la verità subito e questo portava solo a una conclusione: mi avrebbe lasciata sola e l'ultima mia visione di lui sarebbe stato il suo volto triste e deluso di me, che allo stesso imprimeva rabbia e ribrezzo, e non ero affatto pronta a questo.

Il mio problema era che andavo a conclusioni troppo affrettate ma in cuor mio purtroppo sapevo che sarebbe successo esattamente così. Immaginavo ogni minimo dettaglio, e la cosa mi spezzava il cuore ancora di più.

Vidi non troppo lontana una panchina, quindi decisi di raggiungerla. Il mio corpo tremava, i brividi erano provocati dal freddo, ma anche da quello che in questo momento provavo, che non sapevo nemmeno io esattamente di cosa si trattasse. Sentivo un grappolo al cuore, che ad ogni singhiozzo arrivava alla gola, quasi non permettendomi di respirare.

Mi sedetti su quella sedia accavallando le gambe. Osservai il mondo attorno a me crollare, solo a causa mia. Ero riuscita a distruggere in così poco tempo tutto quello che avevo costruito con Neymar, un legame così forte e disumano, che fino ad ora ero riuscita solo a sognare.

Le luci dei lampioni lampeggiavamo nella strada cupa, che avrebbe fatto timore a qualunque, avrebbe suscitato angoscia a tutti, tranne che a me. Perché ora la paura era un'emozione che non riusciva a sovrastare in nessun modo tutto il rancore e il pentimento che avevo dentro di me.

Avrei voluto inginocchiarmi davanti a Neymar e chiedergli perdono pronunciando finalmente quelle parole che non avevo coraggio di pronunciare. Urlare il suo nome e piangere, fino a quando ne avrei avuto le forza.

Quel venticello sembrò coccolarmi, mi strinsi al cappotto sempre di più e stremata mi distesi su quella panchina, non mi interessava di niente in questo momento, volevo solo potermi far perdonare da Neymar, ancora prima che lui potesse sapere la verità.

Dopo pochi minuti, i miei occhi si chiusero da soli, mi bruciavano, ma tenerli aperti mi avrebbe solo fatto male. Mi addormentai, su quella panchina, sotto il cielo di inverno che era pronto a sparare neve o pioggia, ma che era l'unico che mi potevo permettere in questo momento.

...

Un forte mal di testa mi costrinse ad aprire gli occhi. Sebbene la sera prima mi fossi ubriacata ricordavo tutto alla perfezione. Le lacrime che avevo lasciato per la disperazione, tutti i ricordi tornarono alla mente. Persino quelle labbra disgustose che erano venute a contatto con le mie.

Ora però non mi trovavo più su quella panchina, al freddo, bensì ero avvolta da coperte bianche e pulite. Il letto era disfatto e quando mi girai notai che a fianco a me non c'era nessuno, però sentivo il profumo di Neymar nell'aria. Quel profumo intenso di pulito che mi aveva intasato le narici fino a rendermi dipendente.

Ero a casa di Neymar, nel suo letto. Solo ora me ne resi conto, dopo qualche secondo di totale confusione.

Ecco che le lacrime presero a minacciare di uscire. Iniziai a vedere offuscato e capii che la prima era appena uscita. Ma quella fu seguita da molte altre, che non smettevano di rigarmi il volto.

Mi alzai frastornata, con la testa che mi girava. Non sapevo dove si trovasse Neymar in questo momento, ma sapevo che molto presto lo avrei rivisto.

Mi fiondai nel bagno della camera, per rinfrescarmi il volto. Mi bagnai delicatamente il viso con acqua fresca, cercando di fermare quelle lacrime che uscivano interrottamente.

Mi stavo asciugando il viso quando sentii la porta aprirsi. Davanti a me avevo Neymar in carne ed ossa, quasi mi faceva paura vederlo.

-buongiorno Jen- mi sorrise e venne ad abbracciarmi, io ero troppo concentrata sul suo viso per piangere, anche se a breve sarei scoppiata -che ci facevi ieri sera su quella panchina? Stavi morendo di freddo, perché non mi hai chiamata, ti sarei venuta a prendere subito- non risposi, quelle parole furono come l'ago che riuscii a farmi scoppiare nuovamente a piangere, Neymar lo notò e mi strinse più a se -che è successo? Perché piangi, qualcuno ti ha trattata male?- prese il mio viso tra le mani, spaventato e preoccupato, ma lui non sapeva che la verità era ben altra.

Mi abbandonai tra le sue braccia, dove cercai conforto, nonostante non me lo meritassi -Neymar, mi dispiace così tanto- riuscii a dire tra i singhiozzi

-perché? che succede?- lo sentii irrigidirsi, si staccò da me, stava iniziando a sospettare qualcosa.

Non riuscii a dire altro, perché il pianto non mi permetteva di parlare

-cos'è successo Jenna?- ora il suo tono stava diventando sempre più rigido -ti prego parla-

-O'ney...- tirai su lo sguardo, incrociando i suoi occhi che in questo momento erano più spaventati che mai -io non volevo veramente, ero ubriaca- riuscii a dire, il suo sguardo diventò gelido -pensavo fossi tu, pensavo che quello che mi stava baciando e toccando fossi tu, ma giuro che mi sono staccata subito, non gli ho dato il tempo di fare nulla- stavo per continuare a parlare quando vidi Neymar diventare subito serio -Neymar pensavo fossi tu- riuscii giusto a finire di parlare che lui mi interruppe

-vattene- soffiò, stringendo i denti -non puoi averlo fatto veramente cazzo!- si prese la testa tra le mani mentre io continuavo a piangere -non ti voglio più vedere, vai via di qui!- il suo viso era esattamente come me lo immaginavo, pieno di delusione e ribrezzo, ma soprattutto rabbia.

-Neymar ti prego- dissi abbandonandomi ad un pianto isterico -ti prego, non ce la faccio senza di te, io... io non so... non so come ho fatto, mi ero promessa di non farmi avvicinare nessuno, ho bevuto e non ho capito più niente-

Non reagì a quelle parole, aprì la porta intimandomi di uscire. A testa bassa, uscii.

-non provare a chiamarmi, tanto meno a scrivermi, non avrai nessuna risposta da parte mia- urlò mentre stavo aprendo la porta di quella casa immensa.

Dietro di me quella porta si chiuse. Lo sapevo. Sapevo avrebbe reagito così, come un normale umano dovrebbe reagire.

Avrei voluto sotterrarmi, o ritornare indietro nel tempo, di tutto pur di non commettere mai più quel simile errore.

I singhiozzi erano continui, respiravo a fatica, ci sarei potuta morire così.

Mi trovavo fuori da quella casa, in piedi, inerme. Non sapevo cosa fare, dove andare, dove rifugiarmi.

Solo una persona potevo chiamare in questo momento, l'unica che probabilmente mi avrebbe risposto.

SPAZIO AUTRICE
Chi chiamerà?👀🫣
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Sei tutto ciò che voglio. || Neymar jrKde žijí příběhy. Začni objevovat